Tirana: ospiteremo noi i profughi

Tirana: ospiteremo noi i profughi Sono più di centomila. La Macedonia chiude le frontiere. Parigi per un vertice umanitario europeo Tirana: ospiteremo noi i profughi Operazione Arcobaleno, a Durazzo la prima nave italiana DURAZZO DAL NOSTRO INVIATO Quando il portellonc del San Marco si è abbassato, sulla banchina grande del porto di Durazzo, quella da dove, due anni fa, fuggivano a migliaia, è serpeggiata la voce che gli italiani fossero venuti per portar gli esuli dall'altra parte del mare. Ma non era vero. Dalla nave ieri hanno scaricato i primi aiuti per fronteggiare la grande onda che arriva dal Kosovo e rischia di travolgere tutto. Un intervento d'urgenza, il prologo di quella che chiamano Operazione Arcobaleno: 14 pullman, 30 camion con rimorchio donati dall'esercito elvetico, due ambulanze, altrettanti autobus militari e carrelli sollevatori. E poi, latte a lunga conservazione e in polvere. I pullman arancione arrivano da Bari e da Napoli e malgrado un lifting palesemente affrettato mostrano i segni dell'età, tanto che uno si è bloccato in mezzo alla stiva e devono trascinarlo fuori con un trattore. Ma poi riparte, lui pure. Qualche ritardo in verità si registra, perché non tutti gli autisti albanesi che devono prendere in consegna gli automezzi sono puntuali. 1 marò del San Marco lavorano silenziosi. Domenica, quando è scattato l'allarme per i profughi, hanno deciso in un attimo: hanno passato le loro razioni agli esuli. «Niente di straordinario», si schermisce il capitano di vascello Paolo Confessore, comandante del contingente a terra. Ma in quanti sono fuggiti dal Kosovo? Rimbalzano numeri che paiono senza significato. Forse 90 mila, in Macedonia ne son passati 9 mila e da Skopje hanno detto basta; in Montenegro sono 20 mila e pensano di aprire la frontiera con l'Albania per liberarsi almeno della metà; gli altri G0 mila sono fra Tirana, Scutari, Durazzo e Valona. O forse sono già più di 100 mila, come diceva ieri llirim Cepani, console albanese a Bari. E da Berlino gli faceva eco l'ambasciatore Bashkim Zeneli: «Il mio Paese ha mezzi e capacità per accogliere da 10 a 20 mila profughi, non 100 mila». Nei centri di raccolta i kosovari vengono segnati su schedari, ma la sensazione ò che prima di avere un censimento attendibile passeranno mesi. E poiché col trascorrere delle ore la situazione diviene più tesa, anche le indiscrezioni diventano inquietanti: si parla di infiltrati, scoperti e smascherati, serbi, scesi fin quaggiù per aggiungere caos alle difficoltà. E certo non aiutano le dichiarazioni di Paskal Milo, ministro degli Esteri socialista, il quale accusa l'Unhcr, l'Alto Commissariato dell'Onu, di «totale incompetenza, depistiggio, gestione anomala dei fondi disponibili, perché più volte noi glielo avevamo detto che i kosovari sarebbero venuti qui». E rimbalza la voce di proiettili serbi arrivati poco dopo le due di notte vicino alla città di Kukes. Così la voce terribile di attacchi serbi alle colonne in fuga. Eppure gli sforzi per far fronte a questa tragedia si intensificano. 11 commissario europeo Emma Bonino corro a Skopje; il primo ministro francese Lionel Jospin invoca una conferenza umanitaria europea; la Nato informa di essere ben disposta a fornire aiuto, soprattutto logistico; a Bonn, domani, gran consiglio dei potenti d'Europa. E poi, gli italiani. Il ministro dell'Interno Uosa Russo Jervolino ieri ò stata a Kukes con il sottosegretario agli Esteri Umberto Ranieri, ritornando a Tirana già in serata. Entrata in una casa dov'erano raccolti 30 rifugiati, ha pianto ascoltando il racconto di una bambina di 13 anni, alla quale tre giorni fa i serbi hanno sterminato l'intera famiglia. Il ministro cercherà di farla venire in Italia. Ma sarà l'unica. «Il governo albanese - ha detto il ministro - non ha chiesto all'Italia di ospitare profughi provenienti dal Kosovo. Al contrario, è sua precisa intenzione che restino in Albania». [v. tess.) Il ministro Jervolino a Kukes piange al terribile racconto di una ragazzina