Caselli lascia la procura di Palermo Andrà a dirigere le carceri italiane di Alessandro Galante Garrone
Caselli lascia la procura di Palermo Andrà a dirigere le carceri italiane Caselli lascia la procura di Palermo Andrà a dirigere le carceri italiane PRIMA DI TUTTO GRAZIE SETTE anni fa, all'indomani dell'assassinio di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e nel pieno di una terribile offensiva della mafia contro le istituzioni, Gian Carlo Caselli mi confidò: «Voglio andare a Palermo». Credo cho oggi gli si debba innanzitutto un ringraziamento por quell'offerta coraggiosa, maturata in un momento estremamente delicato per lo Stato e la magistratura italiana. Nessuno lo aveva candidato a raccogliere l'eredità di Falcone, ma lui avvertì allora la necessità morale di quel gesto, una scelta che da molti fu interpretata con spinto malevolo, mentre invoce rispecchiava semplicemente il carattere di un uomo dol Nord abituato ad impegnarsi sino in fondo nel suo lavoro - lavoro che non ha mai vissuto come una missione - senza la cocciutaggine e i misoneismi di una certa parte della magistratura. Il secondo merito di Caselli è aver contribuito, insieme con i suoi collaboratori e con le forzo dell'ordine, a restituire fiducia, ottimismo e dignità alla società civile palermitana, nonostante le incomprensioni, gli attacchi a volte stolidi e strumentali e, perché no, anche le polemiche e le perplessità che hanno accompagnato alcuno inchieste della procura, penso in particolare al processo ancora in corso nei confronti dell'ex presidente del Consiglio Giulio Androotti. Ma con la cattura di Totò Riina, con l'arresto di boss latitanti come Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca, Pietro Aglieri e Vito Vitale, soprattutto con la ripresa di una efficace lotta a Cosa nostra Caselli lascia una Palermo migliore di sette anni fa e che, credo, gli debba essere riconoscente. Alessandro Galante Garrone
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