L'Italia prova il fegato artificiale di Marco Accossato

L'Italia prova il fegato artificiale Soluzione ponte che consente al paziente di vivere 4 o 5 giorni finché si trova l'organo compatibile L'Italia prova il fegato artificiale Via alla sperimentazione a Padova, poi Torino e Bari PADOVA. C'è una speranza di sopravvivenza in più, da oggi, per chi è colpito da un'epatite fulminante. L'incubo della morte s'allontana: un fegato bioartificiale darà più tempo ai medici per trovare un organo compatibile da trapiantare al posto di quello malato. Anche in Italia, da ieri, si può sperimentare l'utilizzo del «fegato in prestito», frutto di un connubio fra scienza e tecnologia. Una soluzione ponte in attesa del trapianto definitivo, quanto basta per regalare un possibilità a chi lino a ieri non l'aveva. Il ministero della Sanità ha dato il via alla sperimentazione di questa tecnica all'Azienda ospedaliera di Padova, alle Mo1 inette di Torino, e prossimamente anche l'ospedale di Bari riceverà l'ok da Roma. Spiega il professor Maurizio Muraca, del Dipartimento di Scienze mediche e chirurgiche dell'Università di Padova, che è responsabile dello studio «HepatAssist» coordinato dal Cedars-Sinai Hospital di Los Angeles: «Si tratta di un apparecchio collegato al sangue del paziente, che funziona come un piccolo fegato extracorporeo. La definizione "bioartificiale" significa che è costituito da due componenti, una biologica e una, appunto, artificiale: la prima è formata da cellule di fegato di maiale, purificate e opportunamente trattate in modo da mantenere attive le funzioni epatiche specifiche. La componente artificiale costituisce poi l'ambiente nel quale avviene questa purificazione». Un alleato fondamentale nella corsa contro il tempo. Per comprendere meglio, il fegato bioartificiale può essere paragonato a una dialisi renale, ma e in realtà un sistema molto più complesso, poiché nel fegato sono presenti ben 600 diverse attività enzimatiche. «Date le enormi capacità di rigenerazione del fegato - conclude il pro¬ fessor Muraca, regalando una speranza in più - in molti casi sarebbe anche possibile mantenere il paziente in compenso metabolico, superando la fase critica della malattia finché l'avvio della rigenerazione epatica consente di recuperare una funzionalità sufficiente». La sperimentazione arriva da oltre oceano. «Diversi modelli di fegato bioartificiale sono stati sperimentati su animali confermano gli specialisti - ma fino a oggi l'unico sistema che possa vantare una sperimenta¬ zione clinica significativa è quello sviluppato dal professor Achilles Demetriou al Cedars-Sinai Hospital di Los Angeles». Il dispositivo ha mostrato effetti positivi in una quarantina di pazienti colpita da epatite fulminante, e in sei casi si è verificato quel miracolo che è la ripresa completa della funzione epatica nel coreo della terapia: «1 pazienti sono stati dimessi senza più bisogno del trapianto». Marco Accossato Un intervento di trapianto di organi eseguito all'ospedale Molinette di Torino

Persone citate: Demetriou, Maurizio Muraca, Muraca