Operazione truppe, Pentagono al lavoro

Operazione truppe, Pentagono al lavoro Operazione truppe, Pentagono al lavoro Nonostante le smentite si predispongono già i piani operativi ROMA. I portavoce dell'Alleanza Atlantica continuano ad escludere l'ipotesi del ricorso a forze di terra nell'attacco alla Federazione jugoslava ma l'ipotesi teorica viene discussa negli ambienti militari e al Pentagono c'è chi ne ha già iniziato la dettagliata pianificazione. L'ipotesi del ricorso alle truppe di terra nasce dalla difficoltà della Nato nel raggiungere l'obiettivo di impedire alla Serbia di mettere a ferro e fuoco il Kosovo. L'operazione «Forza Determinata» è al momento entrata nella fase II ovvero attacchi alle truppe jugoslave in Kosovo. Se anche questo non basterà, la fase III - per cui servirebbe comunque una nuova decisione formale del Consiglio Atlantico - prevede l'estensione degli attacchi aerei a bassa quota all'intera Jugoslavia. Ma se anche questo non dovesse bastare a proteggere il Kosovo, la Nato si troverebbe senza piani. La fase IV infatti è, come recitano i documenti classificati di Bruxelles, «il ritiro». Da qui la necessità di «studiare una strada diversa» come dicono alcuni ufficiali del Pentagono. «L'impiego delle truppe di terra contribuirebbe certamente a rendere meno drammatica la situazione delle migliaia di profughi albanesi», ha spiegato ieri Wolfgang Petritch, inviato dell'Ue per il Kosovo, alzando il velo sulle forti pressioni che vengono dalle organizzazioni umanitarie presenti nell'area. Fonti militari americane in Macedonia - che ieri hanno avvistato una quantità imprecisata di artiglieria serba dalla linea di confine - hanno sottolineato che «con il ricorso alle truppe di terra potremmo fare fronte alle responsabilità che ci siamo assunti venendo qui». Il Washington Post ha dedicato ieri all'argomento un ampio servizio, riportando le dichiarazioni del portavoce della Nato, Joe Lockhart, secondo cui «l'intervento delle truppe di terra non è praticabile». Una negazione meno forte e decisa di quelle che si erano registrate nei giorni scorsi. Il premier britannico, Tony Blair, ha comunque ribadito che «questa prospettiva al momento non esiste» anche perché implicherebbe «un autentico bagno di sangue che rende l'opzione assolutamente non praticabile». Gli esperti britannici valutano infatti che il contingente di ter¬ ra della Nato per il Kosovo dovrebbe comprendere fra i 100 ed 150 mila uomini: servirebbero mesi per riunirli ed organizzarli e poi, iniziate le operazioni, le perdite potrebbero essere pesanti. «Non dimentichiamoci - fanno notare fonti militari italiane - che l'esercito jugoslavo ha il suo punto di forza nella difesa territoriale, organizzata in piccoli gruppi di resistenza capaci di protrarre a lungo una guerriglia efficace su un territorio ben conosciuto». Secondo la Difesa «l'esercito jugoslavo potrebbe anche essere pronto a sacrificarsi all'inizio per consentire alla difesa territoriale di posizionarsi al meglio sul terreno, in bunker sotterranei come nelle montagne che in Kosovo certo non mancano». Non a caso proprio ieri il famigerato capo paramilitare serbo Zeljko Raztanovic - noto come il «comandante Arkan» ed accusato di eccidi e crimini con¬ tro l'umanità durante la guerra in Bosnia - ha lanciato un monito alla Nato: «Se invierete le truppe di terra, sappiate che in Kosovo ad aspettarle ci sarò anche io come le mie Tigri già protagoniste nella guerra in Croazie e Bosnia». Fra dinieghi ufficiali e ipotesi che si affacciano ad aver timore di una guerra terrestre sono soprattutto la Macedonia e la Bosnia, che ospitano rispettivamente contingenti di 10 mila e 30 mila uomini dell'Alleanza. Sia Skopije sia Sarajevo hanno fatto sapere negli ultimi due giorni a Bruxelles che «se il peggio dovesse avvenire avremmo bisogno delle massime garanzie di sicurezza per il nostro territorio e la nostra popolazione». Ovvero: temiamo che i serbi diano vita a incursioni annate dentro i confini appoggiandosi magari a gruppi paramilitari serbi locali che, secondo fonti Nato, si starebbero già formando, [m. mo.l I raid non bastano per fermare l'offensiva serba necessari i soldati

Persone citate: Joe Lockhart, Tony Blair, Wolfgang Petritch