I serbi hanno decapitato il Kosovo

I serbi hanno decapitato il Kosovo Massacro sistematico di tutti coloro che potevano costituire la classe dirigente di uno Stato I serbi hanno decapitato il Kosovo Uccisi politici e intellettuali SKOPJE DAL NOSTRO INVIATO In Kosovo la politica è morta. Morta non solo metaforicamente in quanto cancellata dalla guerra, ma scomparsa in senso fisico, eliminata attraverso i suoi esponenti, annientata nel sangue. Le ultime notizie da Pristina non parlano soltanto di esecuzioni e fosse comuni, di incendi, profughi biblici e migrazioni ma raccontano di un'intera classe dirigente fucilata, di un presidente forse riuscito a fuggire o forse no, di almeno sei, forse sette consiglieri politici uccisi l'altra sera con un colpo al petto. Un'intera generazione, quella che in un anno sembrava aver percorso un secolo, scompare dalla storia quand'era appena riuscita ad affacciarvisi. Mancano notizie sicure di quasi tutti coloro che avevano negoziato a Rambouillet per l'etnia albanese, soprattutto dei moderati. I guerriglieri tornati da Parigi, quelli invece sono al sicuro, a Tirana. La casa di Ibrahim Rugova l'altra sera era stata circondata e data alle fiamme dai gruppi paramilitari serbi. Qualcuno dice che il «Gandhi dei Balcani» sia riuscito a fuggire negli Stati Uniti, altri che sia nascosto in una cantina o in un bosco. Sembrano le prime, o forse le ultime righe di una di quelle buie leggende balcaniche in cui l'eroe non muore mai, e se proprio vi sia prova che sia stato ucciso allora si trasfigura, diventa un drago, un orso oppure un corvo, e continua per sempre ad aggirarsi nella sua terra. Chissà se anche in questa fuga Rugova ha portato l'immancabile sciarpetta di seta, ricordo di una remota esperienza parigina. La sua casa si trovava a Velanja, la casbah di Pristina, la roccaforte albanese, il quartiere nel quale per un poliziotto serbo era ormai impossibile entrare. I guerriglieri ne avevano ammazzati sette solo nelle due notti precedenti all'intervento della Nato, ed a pensarci bene in quella zona la casa, la presenza stessa del pacifista Rugova ormai appariva stonata. L'anno scorso ero stato ricevuto in quel palazzotto arcigno, molto albanese per il senso d'arroccamento che promanava. L'arredamento era stranamente moderno, essenziale, un po' bohémien, quel tipo d'ambiente che nei Balcani non si vede quasi mai. Presidente di un Paese Inesistente erano state appena organizzate «elezioni» di cui ovviamente era stato vincitore - Rugova parlava con un tono ancora più basso del solito. Sembrava sconsolato, quasi presagendo la svolta che avrebbe tagliato fuori quelli come lui. I vari «partiti» albanesi si erano ritirati dalla consultazione clandestina, l'avevano lasciato solo. «Il Kosovo andrà avanti lungo la strada dell'autonomia e dell'indipendenza, finalmente il mondo si è accorto di noi e ci appoggia...». Frasi rituali dette col tono di chi non credeva a sé stesso: fin da quel momento appariva chiaro che la politica del Kosovo non sarebbe mai più stata fatta dai kosovari. Fehmi Agami, un piccolo ed anziano signore dall'aria simpatica, si sforzava di dimostrare il contrario. Era il numero due dell'«Ldk», la lega democratica, il partito di Rugova. Pare che l'altro giorno l'abbiano ammazzato dopo averlo visto seguire il corteo funebre dell'avvocato Bajram Kelmandi, un altro politico vecchio stile. Il suo corpo è stato ritrovato ieri in campagna. Ecco forse il punto: questa gente scontava, anzitutto fra gli albanesi, quel suo apparire vecchia, poco bellicista, superata. Era un «club» di intellet- tuali, un circolo di professori e poeti. Hanno ucciso anche lo scrittore Teqi Dervishi ed il miglior cantore delle tradizioni kosovare, Din Mehmeti. Questa è una terra in cui ancora poeti e cantori sono guardati con ammirazione. Ad tenere assieme questa generazione da rottamare era¬ no le comuni esperienze nelle galere serbe e la dura opposizione all'altra, sotterranea corrente dell'indipendentismo albanese, quella marxista-leninista, oggi incarnata soprattutto da Jakup Krasni e da Ram Buja. Fino ad un anno fa, costoro erano solo i farneticanti eredi ii> di quei briganti guerriglieri che avevano predicato, alquanto isolati, l'unificazione con l'Albania medioevale di Henver Hoxa. Quelli che contestando la svolta di Tito, piazzando bombe dinnanzi alle stazioni serbe di polizia, sognavano una grande patria skipetara unita sotto il segno del leninismo ed appoggiata dal lontano, ma grande fratello cinese. l.'«Uck», quel gruppo improvvisato che in un anno appena ha trovato fondi e supporti per tramutarsi in «esercito di liberazione», e perfino in delegazione diplomatica, deriva direttamente da quei goni, esprime il medesimo gruppo sanguigno. Eppure in un accelerazione stupefacente è passato dall'appoggio della Cina al sostegno ricevuto dalla grande potenza americana. Tre mesi fa, prima di cadere ucciso («Per mezzo delle bombe Nato che hanno incendiato Pristina», dichiara da Belgrado il vice ministro dell'Informazione, Miograd Popovic) Fe- '•■ limi Agami era sfuggito per mi- i racolo ad un attentalo dei suoi stessi fratelli guerriglieri. Questo stava accadendo nella politica kosovara prima che j bombe e rappresaglie mettessero tutto a tacere: una corsa ! al radicalismo, uno scavalcarsi di continuo verso posizioni sempre più estremiste. In questo, Adoni Domaci era l'unico dei «vecchi» che riuscisse a saltellare da un ruolo all'altro esercitando l'arte dell'opportunismo come solo un ex giornalista riesce a fanOra pacifista, ora portavoce politico dell'Uck, ora tagliato fuori da Rambouillet e da tutto il resto, Demaci si è rifugiato in Slovenia e passa il tempo tentando di farsi intervistare In questa sorta di «notte dei cristalli» sono morti anche Votoli Surroi, proprietario di «Ko ha ditore» («Il nostro tempo»), quotidiano indipendentista, od il suo oaporadattoru-Baton llalakhiu. Quest'ultimo era un ragazzone bruno che accoglieva i colleglli stranieri con cortesia e dopo un caffè servito dal barello interno del giornale cambiava tono, cominciando a dettare la linea politica. Viveva della luce riflessa dall'altro, il solo emergente nell'area politica non guerrigliera. L dll'li C ggLa notte dell'ultimo Capodanno, Pristina celebrava l'ar rivo dell'«annus horribilis» con feste separate, serbi da una parie, albanesi ed anglosassoni dall'altra. Nella casa presa in affilio dalla «Bbc» c'e! ra una calca incredibile, un rimbombare di musica «tekno». Tutto, per un momento si fermo all'arrivo di Surroi Trentaquattro anni, una barba curatissima, cappotto blu sulle spalle, l'Uomo Nuovo del Kosovo arrivo circondato da bello ragazze, distribuì saluti come benedizioni, bevve un bicchiere' di spumante e poi spari. Le ultime immagini in cui lo ricordo sono quelle che 10 vedevano fare «jogging» nel bosco di Rambouillet. Era forse il piti intelligente, sicuramente il più preparato degli ! uomini che avrebbero potuto ; governare un futuro Kosovo : dimezzato. Nell'orazione ful nebre per la politica kosovara per la polit ica di tutti i Balcani - andrebbe pero aggiunta an! che un'ultima preghiera: ciucila per la punizione dei cinici, la condanna dei traditori 11 destino di questa gente contiene 11 medesimo, beffardo finale: erano cresciuti con l'America, all'America si erano affidati soprattutto durante gli ultimi «colloqui di paco», avevano ricevuto promesse di intervento ed appoggio. Sono morti tutti assieme durante i bombardamenti che avvengono davvero, ma in cerca di un appoggio che è mancato del tutto. Da oggi, il possibile futuro leader del Kosovo può essere solo il terrorista Hashim Thaci, detto «gjarperi», il serpente. Giuseppe Zaccaria Non si hanno più notizie del leader Rugova dopo che la sua casa è stata bruciata LA POESIA PRESAGIO SCRITTA NEL '87, PRESSO IL LAGO DI OTHER [CONFINE MACEDONE-ALBANESE] Dialogo con il lago Il lago s e annerito, è impazzito, barca mia, tieniti forte. Di qua ci sono gli scogli Delle ossa. eli là i sogni immortali. Barca mia, La uscita cercala nel tuo cuore Il molo della speranza è già lontano Barca mia tieniti forte Arriveranno i fiori elei sangue ... Baracca mia, tieniti forte. Din Mehmeti Trovato senza vita vicino a Pristina il numero due della Lega democratica Assassinati lo scrittore Dervishi e il poeta Din Mehmeti Un trattore carico di profughi arriva in Macedonia