Pristina è in fiamme

Pristina è in fiamme Pristina è in fiamme Si combatte sotto i bombardamenti SKOPJE. Pristina brucia. Le strade sono ingombre di macerie, i palazzi in fiamme ormai non si contano piti. La zona nord della città è ridotta a un deserto e tutti si accusano l'un l'altro per (pianto sta succedendo. Ponti albanesi affermano che gli incendi sono stati appiccati da gruppi serbi militari e paramilitari. Ponti di Belgrado sostengono invece che le devastaziom sono il frutto degli attacchi dell'Esercito di liberazione del Kosovo (Uck) aUe «installazioni della polizia serba nei quartieri di Dragodan e Vranjevac». E' probabile che entrambe le affermazioni contengano elementi di verità, ma e altrettanto probabile che le devastazioni a Pristina siano anche la conse¬ guenza degli attacchi aerei Nato, che a partire da domenica hanno scaricato sulla capitale del Kosovo e sui dintorni un numero impressionante di bombe e missili. In una intervista telefonica alla «din» il rappresentante dell'Uck Hashim Tnaqi ha detto che «Pristina ò quasi una citta morta. Ci sono esecuzioni, molti intellettuali vengono uccisi, le forze paramilitari, la polizia e le forze serbe sono in azione in interi quartieri in operazioni di pulizia etnica». «Immediatamente dopo i bombardamenti Nato - ha invece affermato l'agenzia ufficiale jugoslava Tanjug - i terroristi albanesi hanno lanciato un violento attacco contro le forze serbe». Che siano in atto feroci com¬ battimenti sembra essere indirettamente confermato dallo stesso Esercito di liberazione del Kosovo che ha fatto affiggere per le strade di Kukes manifesti con i quali vengono rimproverati i profughi maschi per il fatto di essere fuggiti, «realizzando cosi il sogno di Milosevic». L'Uck ha accusato di «tradimento» tutti gli albanesi che sono in condizione di usare le armi che hanno lasciato il Kosovo. E li ha invitati a tornare al più presto nella propria terra per arruolarsi per combattere contro i serbi». Il risultato ò che ieri anche la Croce Rossa, ultima organizzazione umanitaria rimasta attiva a Pristina, ha deciso di far evacuare il suo personale dal capoluogo kosovaro per «ragioni di sicurezza»: si tratta in tutto di diciannove persone che sono state trasferite a Belgrado. Lo ha annunciato dal quartier generale Cri a Ginevra la portavoce Suzane Berger, secondo cui vani sono stati i tentativi di contattare le autorità locali per ottenerne garanzie minime di protezione; senza risposta anche le richieste rivolte agli ospedali di Pristina per conoscerne le esigenze di assistenza. Berger ha spiegato che fin dall'inizio dei raid Nato i dele¬ gati della Croce Rossa in città si erano visti costretti a ridurre gli spostamenti dalle abitazioni private agli uffici dell'organismo a causa della notevole pericolosità delle strade. Anche a l'oc, la seconda città del Kosovo per importanza (centomila abitanti), la guerra sta facendo terra bruciata. Oltre dodicimila kosovari hanno raggiunto il Montenegro negli ultimi duer giorni. Le persone in fuga hanno detto che i 22 chilometri che separano Pec dal confine sono completamente bloccati dalla colonna degli sfollati. Ir. i.J Fuga dal Kosovo anche in sella ai muli A sinistra Pristina in fiamme

Persone citate: Berger, Kukes, Milosevic, Suzane Berger

Luoghi citati: Belgrado, Ginevra, Kosovo, Montenegro, Skopje