E' tornato un altro Mirkovic: ho la guerra dentro

E' tornato un altro Mirkovic: ho la guerra dentro Il difensore della Juve racconta i suoi giorni a Belgrado, mentre l'Uefa rinvia altre due partite. Da Napoli un segnale di pace E' tornato un altro Mirkovic: ho la guerra dentro «Nonpenso al calcio e ai contratti, Clinton dovrà ucciderci tutti» TORINO. «Abbiamo una vita sola e dobbiamo onorarla: non c'è contratto calcistico, credetemi, che possa trattenermi. Io sto pensando a una sola cosa, difendere la mia Patria». Era mezzanotte di sabato quando Zoran Mirkovic è sbarcato all'aeroporto di Caselle. Il difensore della Juve una settimana fa era rientrato a Belgrado, poi ha tenuto in ansia i dirigenti bianconeri che non avevano più avuto sue notizie. Ha dovuto affrontare un'odissea, per rientrare a Torino dopo aver faticato per ottenere i visti necessari. Prima il viaggio in auto oltre il confine ungherese, quindi il volo per Francoforte, sempre in compagnia della madre e dei due figli del fratello. «Senza di loro - ha ripetuto - non sarei mai ripartito». Mirkovic è parso provato soprattutto nel morale, ma è determinatissimo. Dalla sua bocca, e dal suo cuore, non sono uscite le solite dichiarazioni di comodo per la formalità dell'intervista. «Voglio lanciare un appello al mondo intero - ha aggiunto severo Mirkovic - perché apra gli occhi. Ho visto una città che è bruciata, complimenti. E' una vergogna per tutta l'Europa. Raccontano un sacco di bugie solo per consentire allo sceriffo Clinton di comandare a casa nostra, di giocare centrando il suo nuovo bersaglio. Quello che gli americani non sopportano di noi è l'orgoglio del popolo serbo, la voglia di non soccombere». Mirkovic ha raccontato di aver trascorso giorni di grande riflessione con la sua famiglia. «Venerdì ho anche giocato a basket, davanti alla mia casa nel quartiere Konjarnik di Belgrado, proprio mentre gli aerei della Nato sganciavano le bombe contro di noi. Non abbiamo paura di morire: se Clinton vuole distruggere i serbi, dovrà però ucciderci tutti». Parole da guerrigliero, più che da calciatore. «Siamo pochi, 10 milioni, ma non lasceremo mai il Kosovo che è il cuore del nostro Paese molto più di Belgrado». Oggi Zoran Mirkovic incontrerà Ancelotti, Giraudo e Moggi. Con loro deciderà i programmi dell'immediato futuro. La Juve ha bisogno di lui e Moggi assicura che «giocherà, non ci sono problemi»; ma è difficile immaginarlo in campo sufficientemente sereno nella sfida-chiave col Manchester, se nel frattempo non interverranno svolte positive. «Io sono qui solo con il corpo - ammette - perché col cuore e con l'anima sono a fianco del mio popolo. E sono pronto a tornare nel mio Paese in qualsiasi momento. Voglio ringraziare l'ambasciata italiana E' l'unica rimasta aperta, mi hanno aiutato tutti molto e lo fanno anche con altri, da qualsiasi parte vengano. Mi spiace solo che l'Italia faccia parte della Nato. Cercate almeno voi di aprire gii occhi: stanno facendo una strage di un popolo che ha l'unico difetto di non aver paura. Attenzione, però, la guerra è entrata dalla porta di casa nostra ma potrebbe anche passare nella vostra». Per il mondo dello sport è difficile la convivenza con le bombe. Dallo stadio S. Paolo, ieri, uno spunto di riflessione: prima di Na- Eoli-Ternana un applauso ha scandito l'abraccio tra due bimbi profughi: Sebastiano, del Kosovo, e Svobodan, un serbo. «Oggi non mi va di parlare della gara - ha detto Ulivieri -: ciò che ho visto in campo è un messaggio vero, forte, per chi governa il mondo». Sasha Obradovic, campione mondiale di basket lo scorso anno ad Atene con la Jugoslavia e guardia della Pompea Roma, ha pianto in tv dopo aver trascinato la squadra alla vittoria su Siena: «Amo il basket, ma in questo momento non mi diverto più. Non posso giocare mentre c'è la guerra». A Cuneo, in Tnt-Lube Macerata di pallavolo, si sono trovali di fronte due nazionali serbi. Nik Grbic, regista della Tnt, è sceso in campo con una striscia a lutto; Slobodan Kovac, schiacciatore della Lube, ha indossato sotto la maglia del club quella jugoslava. L'Uefa è preoccupata. Altre due partite di qualificazione europea, in programma mercoledì, sono stati rinviati: Slovenia-Albania (Gr. 2 a Lubiana) è spostata al 18 agosto; per Croazia-Malta (Gr. 8 a Zagabria) la nuova data non è fissata. Jugoslavia-Macedonia era già stata rinviata al 4 settembre. In Spagna Cicovic (Las Palmas) e Lekovic (Malaga) hanno scioperato. Tanti big hanno manifestato davanti all'ambasciata Usa di Madrid. Mijatovic, avvolto in un drappo jugoslavo: «Giocheremo quando le nostre famiglie potranno uscire all'aperto». lp. d. m.l StO|kovic ha indossato a Kobe (Giappone) una T-shirt con la senna - Nato basta attacchi»