II «Tristano» di Abbado tra vendetta e passioni

II «Tristano» di Abbado tra vendetta e passioni I Berliner hanno aperto con Wagner il Festival di Salisburgo II «Tristano» di Abbado tra vendetta e passioni SALISBURGO. Con la sua prima esecuzione teatrale del «Tristano e Isotta», Claudio Abbado ha inaugurato il Festival di Pasqua che dal 1967 affianca quello estivo in un appassionante confronto tra l'Orchestra Filarmonica di Berlino, eccezionalmente impiegata in spettacoli teatrali, e quella di Vienna, colonna del Festival di luglio e agosto fin dalla sua fondazione, nel 1920. In questo Tristano si ammira l'omogeneità ad alto livello di ogni componente musicale. La bella voce di Ben Heppner costituisce mi salutare rincalzo nel manipolo, oggi molto sguarnito, dei tenori wagneriani: è limpida, duttile e penetrante, senza mai correre il rischio dell'urlo. Ne esce fuori un Tristano vocalmente raffinato, eppure non privo di forza. Deborah Polaski è molto piaciuta nella parte di Isotta: anche in lei le vibrazioni emotive realizzano in pieno l'espressione dell'universale femminile incarnato nel personaggio: dalla sete furibonda di vendetta nel primo atto, al totale abbandono passionale nel secondo, sino alla trasfigurazione nella «Morte d'amore», quando Isotta sembra involarsi come l'tAssunta» del Tiziano cui Wagner l'aveva paragona¬ ta, ammirando il quadro a Venezia. La voce della Polaski non è fortissima, ma Abbado, pur sfruttando appieno le strepitose possibilità sonore dei Berliner, l'ha sostenuta sempre con molta attenzione. Magnifica, come prevedibile, la Brangania di Marjana Lipovsek, mezzosoprano dal timbro caldo e dallo stile perfetto, voce robusta eppure capace di articolarsi nella espressione del tormento e del conforto, dell'apprensione ammonitrice e della più profonda pietà: l'aver somministrato il filtro d'amore per salvare la vita di Tristano e Isotta è causa in lei di un rimorso continuo, e in questa lacerazione la Lipovsek ha scavato in modo lucidissimo e commosso. Bene pure il Kurwemald di Fall; Struckmann, aitante e generoso, e splendido il re Marco del gigantesco Matti Salminen, voce bronzea e possente ma ini risa di sconforto e di pianto nello straordinario monologo che chiude il secondo atto. Questo passo è stato uno dei culmini della concertazione di Abbado, che nei silenzi, nelle frasi sgomente del clarinetto basso, nella generale macerazione timbrica del discorso ha dato una immagine impressionante del decadentismo wagneriano. Nel complesso, tuttavia, il «Tristano» diretto da Abbado ha un carattere di classico equilibrio, di raffinato controllo: non ci travolge come altre sue esecuzioni recenti, ma ci attrae per la trasparenza dell'orchestra, la minuzia dei particolari, quella capacità di farci sentire ogni nota, anche nei passi più densamente sinfonici quando i Berliner premono l'acceleratore, ma si avverte che la straordinaria potenza del motore non giunge mai al limite delle sue possibilità. Grandi sono state alla fine le ovazioni per i cantanti, il direttore e l'orchestra, ma chiarissimi i dissensi per la messa in scena di Klaus Michael Grube: tutto è assolutamente statico, la recitazione dei cantanti quasi abolita, e domina una insistente predilezione per quello che nel cinema si chiama il «fermo immagine»: tutto è quasi sempre bloccato, coi personaggi a testa china che sembrano messi in castigo negli angoli remoti dell'enorme palcoscenico della sala grande del Festival. Tristano e Isotta non si guardano neppure durante il duetto d'amore, essendo piazzati sotto due alberi scheletriti, l'esatta antitesi del giardino profumato che dovrebbe avvolgerli nel secondo atto. D'accordo che nel Tristano l'azione è minima: ma ogni frase musicale suggerisce i gesti della recitazione di cui questo regista evidentemente non si accorge, raggelando quel flusso inebriante di passionalità stregata che, nella partitura di Wagner, stupiva prima di tutto lo stesso compositore. Paolo Gallanti Claudio Abbado (foto accanto) ha sorretto il canto di Deborah Polaski con grande sensibilità

Luoghi citati: Berlino, Salisburgo, Venezia, Vienna