NUBIA

NUBIA NUBIA templi doro e faraoni neri ~jrT\ TORINO I ! UANDO cercò di piazzare I I in Europa il tesoro che ave- I I va trovato nel 1834 nella y I piramide della regina Ama- V nishakheto a Meroe, l'antica capitale nubiana, nessuno si fidò di lui. Giuseppe Ferlini era un medico bolognese arrivato in Sudan al seguito delle truppe di Mohammed Ali, il viceré d'Egitto che aveva proclamato l'indipendenza della sua provincia dall'impero ottomano: depredatore senza scrupoli (per raggiungere il suo scopo non aveva esitato a smantellare la tomba bimillenaria) ma non pataccaro, soltanto qualche anno dopo Ferlini riuscì a vendere in Germania parte del suo bottino. Sembrava impossibile che simili capolavori di oreficeria - sigilli, collane, anelli, bracciali, orecchini dallo straordinario impasto di elementi egiziani, nubiani e ellenistici - fossero appartenuti a una contemporanea di Cleopatra vissuta nella oscura regione a Sud della splendida civiltà dei faraoni. II tesoro della kandake (regina) Amanishakheto è fra le grandi attrattive della mostra «Napata e Meroe. Templi d'oro sul Nilo», già ammirata da mezzo milione di visitatori nelle precedenti tappe di Monaco, Parigi, Amsterdam, Tolosa e Mannheim, che conclude il suo tour a Torino, ospite della Promotrice (e con il rinforzo di un percorso parallelo nelle sale del Museo Egizio), in una edizione profondamente rinnovata. «Abbiamo voluto evitare qualsiasi punto di vista mediterraneocentrico» spiega il curatore Alessandro Roccati, ordinario di egittologia alla Sapienza di Roma. «Non è la solita mostra di antichità egizie: questo è un altro mondo che della civiltà faraonica risente ovviamente gli echi, ma che rivela una propria individualità matura». Celebrata nell'Aida di Verdi («Di Napata le gole...», canta il re etiope Amonasro), favoleggiata nell'antichità per i suoi edifici ricoperti d'oro (e gli scavi hanno puntualmente confermato, portando alla luce mattoni laminati del prezioso metallo), vissuta nella memoria - tramandata da Plinio il Vecchio - della mitica Berenice Pancrisia (la città «tutta d'oro» ritrovata nove anni fa dai fratelli Castiglioni), la Nubia non si è mai del tutto affrancata dall'immagine di appendice meridionale dei domini faraonici: nemmeno dopo che la spedizione prussiana guidata da Richard Lepsius nel 1840-'41 e le molte successive hanno rivelato un giacimento archeologico straoidinariamente ricco, ancora oggi difficile da stimare. Eppure con fEgitto i rapporti sono stati complessi, e le influenze reciproche. Meta di missioni commerciali e militari - nella vasta regione a Sud della prima cateratta gli egiziani si procuravano oro, avorio, ebano, pelli di pantera, piume di strozzo -, la Nubia ha conosciuto fasi di dipendenza ma anche di predominio sui potentissimi vicini. La mostra documenta bene l'itinerario. Fin dai tempi paleolitici la civiltà a Sud di Assuan si caratterizza per una raffinata industria ceramica (che in tutto il resto del mondo si sviluppa soltanto nel Neolitico) e, a differenza dell'Egitto, vi si dedicherà costantemente, fino alle ultime fasi, quando verrà sommersa dal cristianesimo e poi dall'Islam. Una stele di quarzo grigio del faraone Sesostri III (XII dinastia, 1820 a.C.) esalta la repressione dei nubiani: «Non sono gente da rispettare. Ho catturato le loro donne, ho preso i loro servi, sono salito ai loro pozzi, ho sradicato il loro orzo, vi ho appiccato fuoco...». E' l'età del Regno di Kush, abominato e temuto dagli egiziani, che erigono solide fortezze per marcare i confini. Hic (illmcl sunt leones, paiono suggerire: e leoni c'erano davvero (e giraffe, e gazzelle) nella savana risolutamente africana a Sud di Meroe, come quello di una preziosa proloine «blu egizio» che inghiotte la testa di un nubiano. Intorno al 1500 a.C. i faraoni riuscirono a occupare stabilmente i territori dei loro vicini meridionali. Ma la civiltà conquistata non soccombette: affascinata dalla cultura egiziana, continuò a riprodurne le caratteristiche peculiari adattandole alla propria sensibilità. Con risultati meno raffinati, meno «sublimi», ma anche più espressivi, più innervati di potenza plastica «primitiva». E in qualche caso originando una sorta di «ricaduta» presso i conquistatori. Ne è un esempio la grande statua granitica di ariete, con effigie di Amenophis III (1360 a.C), che accoglie i visitatori all'ingresso della mostra: una raffigurazione animale di Amon, il dio egizio in precedenza sempre antropomorfo, che proprio dalla sovrapposizione di una divinità meridionale sviluppa una simbologia ovina. Le influenze si approfondisce allorché, tra l'Vili e il VII secolo, i re della capitale nubiana Napata ribaltano i rapporti di l'orza e giungono a conquistare l'Egitto: è il periodo dei leggendari «faraoni neri», da Alani a Tantamani, che proprio in questa fase cominciano a comparire copiosi sui rilievi egizi, con i loro lineamenti negroidi in singolare contrasto con quelli dei soggetti umani tradizionali a Tebe e a Mentì. Risale invece a un periodo più recente - circa duemila anni fa, quando la capitale nubiana si è spostata a Meroe - la base della barca rituale del re Natakamani: un documento molto importante perché, presentando un testo geroglifico bilingue, egiziano-meroiUco, ha consentito all'egittologo inglese Francis L. Griffith, all'inizio del '900, di decifrare l'antica grafia nubiana. Non, purtroppo, di capire la lingua Così i misteri dei discendenti dei faraoni neri restano in gran parte inesplorati. Sappiamo dai reperti che la loro cultura e entrata in un rapporto di scambi vitali con quella ellenistica, con quella punica e quella indiana (evidente soprattutto nella plastica meroitica). La grande speranza, confessata dal professor Roccati, è che l'approfondimento delle conoscenze su Meroe ci apra a poco a poco la strada per conoscere il passato nebuloso della cultura africana. Maurizio Assalto Napata e Meroe Templi d'oro sul Nilo Torino, Promotnce delle Belle Arti e Museo Egizio Fino al 27giugno, tutti i giorni 9.30-19 (Museo Egizio martedì-sabato 9-/9, domenica e festivi 9-14. chiuso lunedi) Ingresso lire 12 mila Catalogo Electa A Torino gli splendori dell'antica civiltà africana, favoleggiata per le sue ricchezze ma a torto considerata l'appendice meridionale dei domini faraonici Per l'influenza nubiana il dio egizio Amon fu rappresentato come ariete. E nellVIII secolo avanti Cristo i re di Napata scalzarono i signori dèi Nord BsastR Un'applicazione decorativa in pasta di vetro (1380 a.C). In alto statuette trovate nella tomba del «faraone nero» Taharqa (690-664 a.C.)