Parolaio di Pierluigi Battista

Parolaio Parolaio FILMKRTTTKA. Destino cinico e baro per Franco Zeffirelli. L'uscita del film Un té con Mussolini lo ha magicamente riconciliato con una critica che ne aveva tutt'altro che apprezzato le sortite «destrorse», ma adesso è la destra che puntualmente realizza la sua vendetta. E così sul Giornale si legge in un articolo scritto da Maurizio Cabona che Zeffirelli ha dimostrato in questo film una disinvoltura eccessiva con le date: «Zeffirelli fa bene a togliersi antichi sassolini dalle scarpe, ma dovrebbe rispettare la cronologia storica». Nel film infatti, osserva pignolo assai il critico del Giornale, si «allude all'Austria nel Reich, evento del 1938, dopo che una didascalia ha indicato "1936"», si «mostra il negozio con l'insegna "Old English Store" che non sarebbe stata tollerata nel 1955», e poi «nel maggio 1940 un'inglese dice che "Parigi è caduta" mentre itedeschi la prenderanno in giugno». Vendetta, tremenda vendetta (ma Zeffirelli è di destra o di sinistra? O di centro? Boli). FUGA DA BISANZIO. Su Re pubblica Sandro Viola esordisce in un reportage da Istanbul attenendosi scrupolosamente a una visione severamente oggettiva delle cose e degli eventi e evitando rigorosamente imperdonabili scivoloni nel soggettivismo vagamente egotista e pure un poco narcisista: «Dopo trentacinque anni, quasi una vita, ritorno al Fanar. Nel dicembre del '63 ero stato ospite a pranzo di Sua Santità il Patriarca Atenagoras, e stavolta l'invito è di Sua Santità Bartolomeo I». Nessun dettaglio, fortunatamente per il lettore, viene sciattamente tralasciato: eeAnche il menù ò pressappoco lo stesso: una minestra, verdure cotte, un dolce». Nessuna notizia sul caffé. LO STATO BORGHESE. Nato dalla fusione di due settimanali, Lo Stato delle idee è l'inserto culturale diretto da Marcello Franco ZeflirelliMassimo CacciVeneziani del Borghese diretto da Vittorio Feltri. Un lettore dello Stato delle idee che però è anche un lettore del Borghese scrive allarmato: «Voglio esprimere il mio dissenso su come inostro settimanale ha trattato la vicenda della morte dell'ex marito di Maria Beatrice di Savoia. Mi sarei atteso da un giornale di destra una ricostruzione più obiettiva dei fatti». Ecco come risponde Veneziani: tdl Bor ari ghese ha scelto di trattare la vicenda soprattutto dal punto di vista del costume. Ma credo non si possa negare la costante e rispettosa attenzione che nella sezione de Lo Stato viene riservata a Casa Savoia, anche in considerazione dei molti nostri lettori monarchici». Dissociazione? Distinzione? Presa di distanze? Puntualizzazione? Sempre più difficile la vita per le coppie di fatto. Figurarsi nei giornali. BOMBE (DI CARTA). Ma cosa le avranno fatto? Perché mai sul Messaggero Pietra Nani (fusse che fusse uno pseudonimo) si scaglia con inaudita ferocia contro la ditta Repetti & Cesari, artefice della collana «Stile Libero» per Einaudi dove si radunano gli scrittori «cannibali»? Ecco il Repetti mostrificato dalla Nani: nella casa editrice Theoria «contribuiva a strizzare con contratti da sanguisuga» gli autori; «sempre vestito di nero come si conviene ad un intellettuale alle prese con il suo Superlo, segnato - raccontano gli amici - dal lutto di due psicanalisti perduti a metà del guado»; a Torino lo hanno assunto dopo avergli accordato «licenza di pirateria» e dopo che aveva lasciato Theoria «saltando giù dalla barca in difficoltà»; passaggio editoriale ottenuto grazie al fatto che Repetti avrebbe «corteggiato con assiduità da portaborse» Giulio Einaudi e grazie alla sua «capacità di affondare le mani nei bidoni della spazzatura». Come mai tanto livore, tanta acredine, tanto risentimento così privo di autocontrollo? Che avrà mai fatto Repetti a Petra Nani? E Severino Cesari, descritto come un, protagonista di «clamorosi scippi», uomo con «un paio di romanzi tolti dal cassetto probabilmente troppo presto, fitta rete di entrature e di contatti, modi sornioni», che avrà fatto mai? (E perché il giornalismo culturale si affida a killer di professione come Petra Nani, che magari è pure uno pseudonimo?). FRALMENTE. L'Unità riferisce il commento di Massimo Cacciari al passaggio del discorso di Benigni nella notte degli Oscar in cui si dice che la povertà è un dono: «Chi lo afferma, attribuendo un valore alla povertà, afferma una fesseria». Per sempre viva il sindaco di Venezia (e abbasso la povertà). Pierluigi Battista jtaj Franco Zeflirelli Massimo Cacciari

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