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Joyce-Vico Joyce-Vico IjU modernità del mito LTl CHARLESTON / esperimento è questo: mettete fianco a fianco la prima pagina della Vita di J Giambattista Vico (scritta da lui medesimo) e quella di Fin negans Wake, l'inestricabile romanzo di James Joyce, e state a vedere che cosa succede. Sembrano l'uno l'incunabolo dell'altro. Parola di Donald Verene, il più importante studioso americano del filosofo napoletano che per primo riconobbe come gli antichi miti siano un'importantissima forma di conoscenza e non solo un retaggio d'una fase «infantile» dell'umanità. Il filosofo napoletano fu insomma il primo che diede del mito, fra Sei e Settecento, un'interpretazione «moderna» e opposta a quella dell'Illuminismo. Verene ha con Vico (e con l'Istituto di studi filosofici di Napoli) una lunga consuetudine, e alcuni suoi saggi sono stati anche tradotti in italiano. Ha lanciato proprio durante il convegno «Le acque di Hermes» la sua ipotesi, che certo farà discutere. E' noto come Joyce fosse interessato a Vico, e lo avesse letto e annotato: ma lo studioso di Atlanta va oltre. «La mia tesi - ci spiega - è che Vico stesso sia il protagonista della Finnegans Wake*. E indica fin dalle famose prime pagine una serie impressionante di coincidenze testuali. Il nome stesso di Vico viene nascosto accuratamente nella terza riga di Finne gans Wake. La struttura narrativa dell'autobiografia vichiana (che inizia raccontando una caduta da bambino da cui il filosofo rinacque trasformato) si rispecchia nel romanzo, dove l'esordio è costituito dalla «grande caduta» del gigante Finnegan, che si ritrova a essere un ometto. «E si potrebbe avanti per tutta l'opera» continua Verene. «Lo ripeto: in questo capolavoro considerato a torto illeggibile, Joyce ha tentato di riscrivere la vita di Vico». Verene ne ha parlato fin'ora solo in un articolo sul Journal of Philosophy and Letterature, prestigiosa rivista accademica. Promette mi libro, [m. b.l