L'Europa ora scommette su una discesa dei tassi di Alfredo Recanatesi

L'Europa ora scommette su una discesa dei tassi OLTRE LA LIRA L'Europa ora scommette su una discesa dei tassi LA pure sotto l'incalzare della guerra contro la Serbia, l'Europa ha realizzato una convincente cabrata per la funzionalità delle sue istituzioni, per la capacità di governarsi, insomma per ravvivare una immagine che, dopo l'avvio della moneta unica, si era alquanto appannata. Il dualismo tra l'Europa dell'economia e della moneta, resa efficiente dalla cogenza delle sue regole oggettive, e l'Europa politica, impigliata nei dissensi tra i diversi governi nazionali, sembra essersi ridotto a beneficio di una credibilità che è il necessario supporto per ogni politica ed ogni iniziativa futura. La prima impennata è stata impressa dalla rapidità con la quale è stata risolta la crisi istituzionale. Indipendentemente dalla designazione di Prodi che ha solleticato il nostro orgoglio nazionale, la prontezza con la quale è stata data una soluzione al problema delle dimissioni della Commissione Santer ha messo alle spalle una brutta vicenda che ha investito non solo e non tanto alcuni commissari, quanto la macchina stessa del governo dell'Unione. E' evidente che il primo compito del nuovo presidente e della nuova commissione sarà di ripristinare ordine ed efficienza nelle strutture tecnocratiche e amministrative del governo europeo, ma intanto è già un ottimo risultato che, con la designazione di Prodi appunto, l'attenzione sia stata risolta dalle conclusioni alquanto desolanti del Rapporto dei Saggi per essere indirizzata verso il futuro. L'impennata è stata poi rafforzata dall'accordo sull'Agenda 2000, ossia sul quadro finanziario che regolerà nei prossimi anni il reperimento e l'impiego delle risorse comuni. Anche in questo caso le controversie non erano né poche né lievi, e la strada dell'intesa si era subito presentata stretta ed impervia. Erano in gioco contrasti di interesse tra i diversi partner della dimensione di miliardi di euro. Ed invece all'alba di giovedì l'accordo è stato raggiunto. Ed è un buon accordo del quale in questa sede meritano di essere sottolineati due aspetti: l'intento costruttivo dimostrato dai governi e la riduzione di alcuni prezzi agricoli (carni e cereali) i cui effetti sull'inflazione dovrebbero coincidere con la prevista ripresa dei prezzi del petrolio e delle materie prime. Questa cabrata della credibilità e dell'immagine dell'Europa ha rilievo anche perché non può non essere considerata come un elemento che si aggiunge a quelli che già dovrebbero spingere verso una riduzione dei tassi di interesse. Da più parti, I non del tutto disinteressataI mente, si continua a sostene- re che una ulteriore riduzione dei tassi non serve a rilanciare uno sviluppo che ristagna per altri e forse più incisivi motivi. Un fondo di verità non manca in queste considerazioni, alle quali tuttavia se ne può opporre un'altra: che non si vede più alcuna controindicazione ad una riduzione del costo del denaro in Europa. Male certamente non farebbe, specie se ad un segnale monetario in questo senso si accompagnasse una qualche iniziativa di politica economica volta a corroborare una propensione al consumo che in Italia ed in altri Paesi europei sembra inclinare al ripiegamento. L'unica remora che a questo riguardo poteva valere fino a qualche settimana fa si va modificando in un ulteriore fattore a favore. Si tratta della debolezza dell'euro rispetto al dollaro, che ultimamente si è accentuata per motivi che molti analisti attribuiscono proprio all'attesa di una riduzione dei tassi sulla nostra moneta. Sul cambio, dunque, l'effetto è già scontato, e, nella misura in cui ciò è vero, quanto prima l'incertezza si risolve, tanto meglio è. Per altro, è alquanto singolare che da parte degli esponenti del Sistema della Banca centrale europea si continui a sottolineare che una riduzione dei tossi non servirebbe per rilanciare la crescita economica - i tassi sono già bassi, lo sviluppo è frenato dalla rigidità, il deprezzamento dell'euro già ha l'effetto di una riduzione dei tassi, e via dicendo - ma non esplicitano le ragioni per cui rifiutano quella discesa del tasso di riferimento al 2,75% sulla quale i mercati stanno già scommettendo. Forse serve a poco, ma sarebbe comunque un segnale di sollecitazione all'iniziativa economica, alla propensione ai consumi, agli stessi governi perché, caduto l'alibi del sostegno alla crescita che può venire dalla politica monetaria, possano svolgere la loro parte con maggiore determinazione. In una fase nella quale l'Europa ha dato buoni segnali di realismo e di efficienza, un segnale positivo che venisse dalle autorità monetarie, quand'anche avesse scarso effetto ai fini dello sviluppo, indurrebbe comunque una maggiore chiarezza nella disputa sulle cause della stagnazione e, dunque, sui relativi rimedi. Alfredo Recanatesi

Persone citate: Prodi, Santer

Luoghi citati: Europa, Italia, Serbia