Serbi-vietcong? Intellettuali divisi di L. Ca.

Serbi-vietcong? Intellettuali divisi Biagi: paragone giusto. Mogol: no, è forzato. Bocca: a volte i Grandi sbagliano i calcoli Serbi-vietcong? Intellettuali divisi IL Kosovo e il Vietnam. L'accostamento proposto da Norberto Bobbio, nell'intervista di ieri a La Stampa, convince chi la guerra del Vietnam raccontò come giornalista, o cantò come artista? Se non sul piano geopolitico, su quello delle reazioni emotive e dell'immaginario, è possibile tentare un confronto tra i vietcong e i serbi, tra l'America di MacNamara e quella di Berger, e tra gli antiamericani di oggi e quelli degli Anni Settanta? «Bobbio ha ragione - risponde Enzo Biagi - anche a me viene in mente il Vietnam: la grande potenza impantanata nelle paludi, intrappolata tra le montagne, senza saper bene che fare. Le stesse paludi e montagne che hanno già visto la lotta vittoriosa di un altro davide, Tito, contro un altro golia, la Wehrmacht. Non credo che Clinton abbia mai letto "Guerra e pace", altrimenti prima di schiacciare il bottone dell'attacco avrebbe pensato a quante fregature aveva rifilato il maresciallo Kutuzov a Napoleone. Le immagini di queste due guerre americane, però, non sono parago¬ nabili. Io sono stato in Vietnam, e pure a Sarajevo. Là avevamo una visione dal basso, ad altezza del fango, del sangue. I filmati della Bosnia e del Kosovo ci mostrano la guerra dall'alto. E la prospettiva che si ha da una cannoniera sul Mekong e da un B-52 non è la stessa». «Accostare Kosovo e Vietnam mi pare un po' forzato - dice invece Giulio Rapetti, in arte Mogol -. Quella era la guerra di liberazione di un popolo. Oggi chi lotta per l'indipendenza sono gli albanesi, e proprio la durezza con cui i serbi hanno tentato di imporre i loro diritti ha provocato i bombardamenti. E poi negli Anni '70 l'America era da sola, quindi più facile da odiare; oggi anche l'Europa è unita contro Milosevic. Resta vero che ogni guerra è ingiusta, e anche questa si poteva evitare. (Ili italiani? Come sempre, si sono divisi a metà. Li si può capire: giudicare in baso a frammenti di notizie, a volte fabbricate ad arte, è difficile». «A me la reazione degli italiani alle bombe su Belgrado fa venire in mente di nuovo gli Anni Settanta - spiega Biagi - 0 forse è il nostro atteggiamento di sempre, quando c'è da combattere. Il mio amico Ottavio Missoni, lo stilista, mi raccontava un dialogo che aveva ascoltato nel lager dov'era prigioniero degli alleati, dopo l'8 settembre. "Arrivano i nostri", comunicò speranzoso un compagno di prigionia. "Ma chi sono i nostri?', chiese un altro. Anche stavolta non abbiamo ancora capito da che parte stare». «Ma Bobbio ha ragione quando difende gli italiani dall'accusa di viltà ed esitazione - sostiene invece Giorgio Bocca -. Stavolta siamo in prima fila in una guerra che scoppia nella sciagurata confusione dei Balcani, un dedalo di etnie e religioni che paiono messe lì al solo scopo di provocare lo scontro». Per Bocca d paragone di Bobbio «è del tutto giustificato. La Serbia è l'unico Paese in Europa che può essere paragonato al Vietnam: perché durante la guerra partigiana ha dato prova di saper battere grandi eserciti invasori. I combattenti serbi conoscono l'arte di nascondersi, e si muovono in un territorio che consente loro di farlo. Tentare di vincerli su quel terreno sarebbe un errore folle. Bobbio si chiede se gli americani abbiano appreso la lezione del Vietnam. Soltanto in parte, credo. Hanno compreso ad esempio l'importanza della tradizione di un popolo che tenne in scacco venti divisioni tedesche e italiane, e tentano di muovergli guerra dal cielo. Le grandi potenze militari non fanno le guerre chiedendosi se siano giuste, ma perché sono più forti, o credono di esserlo. E qualche volta sbagliano i calcoli. Anche i Romani mossero più volte guerra ai Parti, prima di decidere che non era il caso di insistere». Chi invece non crede al raffronto è Mauro Lusini, coautore con Franco Migliacci di «C'era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones»: «E' troppo presto per tentare un paragone con il Vietnam. Oggi l'America non è sola, come allora. E in Italia quel clima di sensibilità sociale e coinvolgimento politico non c'è più». [al. ca.]