Democratici, Prodi resta in campo

Democratici, Prodi resta in campo Alla convention dell'Asinelio le bandiere dell'Europa e dell'Ulivo. Veltroni: «Meglio super partes...» Democratici, Prodi resta in campo IIprotagonismo dell'ex premier allarma Ds e Ppi ROMA. La passerella dei comprimari è finita, ora tocca al Professore: tra vessilli, canzoni popolari e ovazioni, Romano Prodi sale verso il palco ma prima di arrivarci, il suo amico Ricardo Franco Levi gli sussurra all'orecchio: «Romano, perché non prendi quella bandiera?». Prodi afferra un vessillo blu con le stelline gialle dell'Europa e lo sventola ad uso delle telecamere. Il minishow sembra finito e invece ancora Levi all'orecchio: «Guarda lì c'è una bandiera dell'Ulivo, perché non prendi anche quella?». Il suggerimento piace al Professore, che si mette ad agitare anche il vessillo ulivista, nel tripudio dei milleduecento militanti accorsi al teatro Brancaccio per la prima convention dei Democratici. Una sequenza un po' all'americana ma particolarmente eloquente: quell'immagine del Prodi-militante fa capire che il personaggio è ancora immerso nell'avventura dell'asinelio e fatica a staccarsene. E alla fin fine la novità di giornata è proprio questa. Il Prodi con bandiera sventolante, il Prodi che minaccia di presentarsi alle elezioni europee («Se continuano le ironie, c'è anche una ragione politica per scendere in campo») rida fiato allo spauracchio che il trio D'AlemaVeltroni-Marini credeva di aver esorcizzato: anziché esserci liberati del Professore, non finiremo per ritrovarcelo nelle piazze a suonare la grancassa per l'asinelio? Gira gira, il vero patema che agiterà Ds e Ppi nei prossimi giorni è proprio questo, anche perché un 4-5% in più o in meno, è destinato a cambiare i destini di tutti i leader italiani. Ecco perché, mentre Prodi sventola sul palco vessilli di tutti i colori, Walter Veltroni arrivato a sorpresa (ma applauditissimo) alla convention dei Democratici - osserva la scena con un filo di preoccupazione negli occhi. Tanto è vero che il leader Ds fa capire di non gradire l'eventuale candidatura di Prodi: «Deciderà lui, ma la scelta che lo ha portato alla Commissione europea è legata anche alla sua capacità di fare da congiunzione tra diverse componenti, il suo essere da un certo punto di vista superpartes...». Difficile che il Professore sia candidato («Non siamo in grado di fare una previsione motivata», ammette Arturo Parisi, braccio destro del Professore), ma l'attivismo di Prodi è già sufficiente a mettere in allarme i suoi «alleati». Certo, il Prodi «presidente d'Europa» in pectore sarà costretto ad ammorbidire i toni e lo conferma il fatto che le parole più «forti» pronunciate ieri dal Professore sono state quelle, abbastanza soft, con cui ha concluso il suo intervento: «Ricordi l'onorevole D'Alema, ricorda Walter, non c'è possibilità di vittoria alle prossime elezioni politiche senza il contributo forte, determinante e decisivo di noi Democratici». E ancora: «Il nostro obiettivo è quello di federare le forze dell'Ulivo». Ma la convention del Brancaccio, oltre a chiarire che Prodi resta in campo, ha fatto ca¬ pire meglio che in passato umori e rapporti di forza tra i Democratici. Si ripeteva nei giorni scorsi: con Prodi a Bruxelles, si aprirà la guerra di successione tra Francesco Rutelli e Antonio Di Pietro. Certo, dietro le quinte restano forti diffidenze tra gli uomini di Di Pietro da una parte, prodiani e Centocittà dall'altra, ma sul palcoscenico del Brancaccio le due anime del movimento si sono sforzate di non divaricarsi troppo. Con una sorpresa: dopo mesi di apprendistato, di svarioni semantici e di piccole gaffes, oramai Antonio Di Pietro parla con una scioltezza, con una efficacia, una fantasia di espressioni che alla fine hanno conquistato anche i tanti che erano diffidenti. In platea, anche due ex innamorati pentiti del Polo: Stefania Ariosto e Vittorio Dotti («La mia è un'adesione ideale»). La convention - presentata in modo spiritoso da Patrizio Roversi e Susy Blady - era sta- Antonio Di Pietro alla convention dei Democratici: «Caro D'Alema, ricordati che il 18 aprile c'è il referendum»

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