«Sul 513 la Consulta sbaglia»
«Sul 513 la Consulta sbaglia» Convegno giuristi «Sul 513 la Consulta sbaglia» MILANO. «Sulla giustizia si parla troppo e si produce poco e male»: questo il punto eli partenza di un convegno organizzato alla Statale di Milano e che ieri ha visto discutere giuristi di una decina di università italiane. Spiega il professor Ennio Amodio: «E' necessario far uscire il discorso sulle riforme ?[indiziarie dai proclami e dal'emergenza. Io ricordo la qualità del dibattito di quindici anni fa sul nuovo codice di procedura penale; l'attenzione che politici e magistrati davano a quanto si stava elaborando nelle università, la capacità di dare indicazioni al legislatore. Adesso tutto questo non c'è più, e i risultati si vedono». Un pressappochismo, una schizofrenia nell'elaborare le leggi che fa provocatoriamente dire al professor Dalia: «Sarebbe meglio che il Parlamento sospendesse i lavori sulla Giustizia, che riflettesse prima di fare altri danni». E il suo collega Lozzi: «Insegnare procedura penale sta diventando inutile; il legislatore cambia continuamente le norme per accontentare di volta in volta una parte o l'altra». Ma gli strali che arrivano ai parlamentari sono poca cosa rispetto a quanto vien detto sulla Corte Costituzionale e la sua sentenza sull'articolo 513 del codice, quello che regola le dichiarazioni degli imputati di reato connesso. «I giudici della Consulta - dice il professor Massimo Nobili - si sono assunti un ruolo nuovo, una sorta di arbitramento, modificando, e non poco, il loro ruolo istituzionale. Non solo, hanno addotto principi che la nostra carta costituzionale non prevede affatto». Gli fa eco Oreste Dominioni: «Leggere il testo della sentenza che regola il 513 è mortificante». Il perché lo spiega Amodio: «Ci viene sciorinato un contraddittorio finto. Nelle aule dei tribunali ciò si traduce in un pm che sventola un verbale di fronte a un tizio che si avvale del suo diritto a non risponde re; il pm insiste "Ha dichiarato questo e quest'altro" e il tizio continua a tacere, fino a che la farsa finisce». Questo il risultato di quella sentenza, frutto - secondo i giuristi intervenuti - di un «ruolo improprio» della Corte Costitu zionale, frutto a sua volta di «ingorgo istituzionale» che ha prodotto un «ingorgo legislati vo». Sembra una spirale senza fondo, ma dal dibattito emerge anche una via d'uscita: un raffreddamento dei proclami, una discussione pacata che riparta dalla carta costituzionale e dallo spirito che aveva animato la riforma del codice. (s. mr. j
Persone citate: Amodio, Dalia, Ennio Amodio, Lozzi, Massimo Nobili, Oreste Dominioni
Luoghi citati: Milano
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