Un tunnel, trentacinque cruci

Un tunnel, trentacinque cruci Il camionista che amava le moto, la famiglia che si occupava di volontariato: vite bruciate sotto il Monte Bianco COURMAYEUR DAL NOSTRO INVIATO Dopo tre giorni hanno contato le croci. Erano 35. Dopo tre giorni hanno dato un nome alle croci, e i nomi hanno sempre una storia da raccontare. Sono a venuti a morire il postino del paese e Spadino, che chiamavano cosi perché era inacro come un'acciuga, sono venuti a morire l'italiano che aveva latto fortuna a Ginevra, l'italiano che aveva latto fortuna a Lione, e poi tutti quelli che non hanno mai avuto fortuna, ed è morto il vigile che organizzava volontariato, e morto il camionista con i tatuaggi che (piando lasciava il bestione prendeva il chopper e se ne andava in giro per il mondo, e qualcuno e morto senza nome ed ò morto Jojo, come lo chiamavano i suoi amici, il pompiere francese che ha salvato 17 persone. Gilbert. Dograves balbetta: «Mi scoppia il cuore. E' da quel momento che non dormo più. lo non riesco a capire, non SO», Gilbert e quello che gli e scoppiato il camion al chilo metro 7,1. Ha il telefonino alla cintura, pochi capelli bianchi e due occhi svuotati. Franco Colombo, il presidente della società del Traforo, dice che «non c'ò niente da fare, quando scoppia un incendio come quello in un luogo chiuso». Brano 35 viaggiatori senza speranza, alle 10,55 di un mercoledì qualunque, dentro la montagna del Hianco. Anche l'ingegner Pietro Lunardi, esperto del Consiglio Superiori; dei Lavori Pubblici, ripote che non si poteva far niente: «Tutto ha funzionato, i sistemi di sicurezza hanno funzionato, i soccorsi sono stati tempestivi, sono scattati un minuto dopo l'allarme». E Colombo assicura che «questo trafori/ ha le attruzzature più moderne che possano esistere». Non restava che morire ai 35 viaggiatori senza speranza. E' come se dovessimo farcene una ragioni:: vicino al confine sono rimaste 35 vite bruciate da un incendio, in una trappola senza luce, senza aria, senza niente, senza una speranza. L'ultimo a morire dev'esser stato Piorlucio Tinazzi, l'hanno raccontato i pompieri. La sua croce è la numero sei. Hanno scritto che era un eroe. Amava le moto, era contento del lavoro che faceva: era un sorvegliante motociclista. Lo chiamavano Spadino. E' morto por salvare uno come lui, uno che diceva: «Il bello di questa vita è la mia moto». L'hanno ritrovato alle 19,30 di giovedì. L'avevano sentito l'ultima volta alle 11,45 del giorno prima. Tinazzi aveva chiamato la sala controllo dal rifugio numero venti, a pochi metri dal camion che bruciava: «Sono bloccato, c'è un autista che sta male. Marito e moglie morti insieme tornavano da Lione verso il paese L'interno del tunnel nel punto In cui la temperatura dell'incendio ha superato i 1200 gradi Un tunnel, trentacinque cruci Le storie dei viaggiatori senza speranza L'ho preso con me. Non so se ce la fa». li corpo di Tinazzi era intatto. S'era rannicchiato, nel corridoio della camera stagna. Anche Stefano Manno era rannicchiato. La sua è la croce numero 7. Vicino a quella di Tinazzi. Stefano Manno viveva a Jovcngan. S'era sposato da poco. Faceva il camionista per la ditta autotrasporti Dino Sitta di Polloin. Portava capelli cortissimi e tatuaggi sulle braccia e sul corpo. La sua passione erano le moto. Diceva che gli piacevano perché amava la vita libera, l'aria pura e il vento. Diceva che «il vento è bello come la velocità». E' morto in una prigione con-il numero venti. L'aria non c'era più. Il vento fuori da quol bunker bruciava. Non esisteva niente di quello che amava in quel tunnol. Però, quando ha visto passare una moto ha pensato di potersi salvare. E' salito in groppa. Il vento bruciava ancora più forte e lui non ce la faceva e allora si sono fermati. La croce numero 35, l'ultima, invoce l'hanno trovato solo ieri mattina poco prima di mezzogiorno al rifugio 19, quando il fumo nero che saliva dalla strada s'è diradato. Il suo corpo era intatto, come quello di Tinazzi e Manno. Era riverso nel corridoio. Non se n'erano accorti prima perché non si riusciva a guardare dentro e non si riusciva nemmeno a toccare le porte. C'erano ancora più di mille gradi 35 ore dopo il rogo del camion di Gilbert. Si chiamava Maurice Le Bras, la croce numero 35, e aveva più di scttant'anni. La sua Mercedes era un rottame deforme rimasta an¬ che senza scheletro. La croce numero uno, invece, è quella di Jojo che ha finito di vivere all'ospedale di Chamonix. Faceva il vigile del fuoco. Quella mattina è entrato nel tunnel sul camion dei pompieri alle dicci e 56 minuti, un minuto dopo che avevano acceso il semaforo rosso. E' arrivato al chilometri 7,1 che erano passati quattro minuti. E' sceso, ha fatto salire più gente che poteva. Il vento bruciava, le fiamme picchiavano sul soffiti) e staccavano la volta dalla roccia. L'aria mancava. Lui ha fatto avanti e indietro a piedi, per salvare quanta gonte poteva. Poi è risalito anche lui. Avova una faccia stropicciata, gli occhi che si chiudevano. L'hanno portato in ospedale, ma non c'è stato più niente da fare. Ha salvato il suo corpo. Dentro, nella' galleria, a volte non hanno neanche trovato le ossa. Nessuno ha voluto dare il suo nome. In Francia hanno pensato che fosse una forma di rispetto dovuta a uno che aveva regalato la sua vita per salvare quella dei viaggiatori senza speranza. «Chiamatelo Jojo, come lo chiamavano noi», hanno detto i colleghi. Le croci numero due, tre, quat" tro, cinque sono quelle di una famiglia. Valter Pascal era dipendente comunale a La Sai le. Gli volevano bene tutti «perché aveva grande senso di altruismo». Aveva fondato un'associazione di volontari di vigili del fuoco. «Era un grande organizzatore», dicono in paese. Sulla piazza di La Salle era ancora parcheggiata la sua auto. Per questo, hanno sperato Fino all'ultimo che non fosse vero. Era andato a Chamonix con la sorella, il cognato e la nipote, perché erano tutti in cura dallo stesso dentista. Sua sorella si chiamava Nadia. Suo marito era Maurilio Bovard, ma gli amici lo chiamavano Nadio, perchè dicevano che era una cosa sola con sua moglie. Sono morti insieme: almeno questo il destino gliel'ha concesso. Ho vard era il postino del paese. Ed era il cognato di Ettore Marcoz, presidente della società che sta gestendo l'autostrada del Monte Bianco. Assieme a loro è morta la figlia, Katia, il quinto corpo senza vita che hanno trovato i soccorritori. Molte croci sono appese alle loro macchine o ai loro camion. Stanno inchiodate al volante. Ci sono quelle di Ernesto Gastini, di Ivrea, di Luigi Fusco, da Benevento, tutt'e due camionisti, di Giuseppe Vessella, camionista pure lui. Carlo e Alberto Pagliarini li hanno trovati sull'Alfa 75, prigionieri due volte, della galleria e della macchina. Anche Oreste Paola era nella sua Mercedes, assieme alla moglie Frangoise. Gianluca Malabarba e Stefania Mochelige, nella Mondeo dell'azienda. Ambrogio ed Elba Galimberti nella Toyota. Macchine e destini dei viaggiatori senza speranza. C'erano marito e moglie che avevano lasciato Frosinone tanti anni fa per far. fortuna a Lione. Ce l'avevano fatta. Sono morti un giorno che tornavano a casa. C'era un'amica con loro, Josianne Neri Moreau. Li hanno trovati vicini, sul marciapiede, a due chilometri dal rogo. Avevano abbandonato la macchina e avevano provato a salvarsi semplicemente scappando. E' inutile anche scappare quando non c'è speranza. C'erano 35 croci. Ventitré camion. E dieci macchine. Pierangelo Sa pegno TRAFORO MONTE BIANCO CHIUSO AUAENO 2 fift£Sl 6|A siM*fiT\WTTAM>0 GiNEVfcj BERNARDO AITBWATIVt verso R hors OVEST MUWRONi privilegiato il FRtiUS p[rg1e' VìCIMO al collegamento con l'autostrada ma.1siguaparigi. quando f u chiuso per 15 GIORNI, i passaggi AL monte bianco raddoppiarono [' possibile anche transitare da chiasso attraverso IL gottardo, DOVEI tir vengono caricati su treni-navetta ALTERNATIVI VMM R SUR MUA RANCIA ILA SMONA: valico di ventimigua. TRANSITO BALLA SVRZRUi proibito Al camion Off superano, a pieno carico, 17» quintali i tir, di solito, raggiungono 1400 quintali. autisti belgi e olandesi, inoltre, da tempo Al monte bianco preferiscono il brennero perche' L'austria ha abolito i dazi di passaggio

Luoghi citati: Benevento, Courmayeur, Francia, Frosinone, Ginevra, Ivrea, Lione