Wertmùller, Napoli tra sesso e rivoluzione
Wertmùller, Napoli tra sesso e rivoluzione La regista presenta il nuovo film: «Ma da noi ormai han successo solo i comici» Wertmùller, Napoli tra sesso e rivoluzione «Re Ferdinando e Carolina, opposti uniti dalla carne» ROMA. Come parlare, a duecent'anni dall'evento, della rivoluzione napoletana del 99, senza cadere nella retorica delle commemorazioni? lina Wertmùller, aiutata da Raffaele La Capria, lo fa raccontando i primi anni di regno di re Ferdinando di Borbone e di sua moglie Maria Carolina d'Austria, in un film intitolato ai due sovrani. Solo che, per restar fedele alla sua vocazione, lo fa scegliendo la chiave grottesca: Ferdinando, l'attore esordiente Sergio Assisi, è uno scugnizzo viziato che parla in dialetto napoletano e pensa solo ad andare a caccia, a far l'amore, a ingozzarsi a tavola; mentre sua moglie Carolina, Gabriella Pession, anche lei semi-esordiente, è una ragazzina presa dal potere, affascinata dai liberi pensatori della massoneria, dispotica, civetta, coltissima. A unirli, dopo un fidanzamento di Stato mal sopportato, durante il quale ciascuno dei due giudicava l'altro uno iettatore, sarà la gioiosa scoperta della sessualità condivisa allegramente da entrambi. Dice Lina Wertmùller: «In quei cinquantanni in Europa, e a Napoli specialmente, accadde di tutto, tant'c che, ristudiando i testi con La Capria, abbiamo scritto più di dieci soggetti sull'epoca. Questo è quello che è piaciuto di più a Edwige Fenech che, proprio con "Ferdinando e Carolina", ha deciso di debuttare come produttrice cinematografica». Costato dieci miliardi, distribuito dalla Medusa, l'uscita nelle sale il 2 aprile, dopo un'anteprima a Napoli, è attesa con timore e speranza da Lina Wertmùller. «L'Italia ò stata colpita da una curiosa malattia: i film dei comici escono in centinaia di copie, quelli dei nostri grandi registi in poche città. Non ho niente contro Panariello e iJ suo successo, ma smontare "Panni sporchi" di Monicelli dopo una settimana è una cattiveria che si fa alla gente». I comici, però, hanno sempre fatto incassare al botteghino. «Sì, ma un tempo, con i soldi delle pellicole di Totò si finanziavano quelle degli autori più difficili». Gli Oscar a Be¬ nigni potrebbero aiutare il nostro cinema? «Non lo so. Siamo tutti contenti dei premi dati a "La vita è bella", ma mi piace ricordare che, vent'anni fa, con "Pasqualino Sette bellezze" anch'io avevo messo in scena i lager a modo mio». Dopo «Shakespeare in love», questo film in costume potrebbe avere un cammino più facile? «Me lo auguro. Certo è che montarlo è stato durissimo. Anche perché non trovavamo più gii ambienti dove girare. Gli interni dei palazzi borbonici di Napoli, per una vendetta della storia, li abbiamo scovati a Torino, nelle regge dei Savoia». Si può trovare in questo suo film un riferimento all'attualità? «Credo di sì. Ferdinando, che represse in maniera feroce la rivoluzione liberale, era un tiranno sanguinario. Ma come tutti i dittatori lo era in maniera inconsapevole. Oggi, al di là dell'Adriatico, c'è un tiranno come Milosevic che ha rifiutato il piano di pace e ci ha portati sull'orlo di una guerra. Anche lui, però, crede di agire per il bene del suo Paese. Di follia al potere ne ho vista tanta, ma oggi ne ho più paura. Diffido di aerei invisibili e bombe intelligenti». E' vero che il prossimo film lo farà sulla Bosnia? «Sì, non ho rinunciato al progetto, che risale a qualche anno fa. 11 soggetto è scritto, tra gli altri, da Leo Benvenuti; protagonista Paolo Villaggio, nei panni d'un religioso», (si. ro.j Lina Wertmùller
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