Murdoch, le due facce del potere di Alessandra Comazzi

Murdoch, le due facce del potere Tra documentari e dibattiti Antennacinema racconta l'australiano di cui si parla molto ma si sa poco Murdoch, le due facce del potere Una sfrenata passione per i media PADOVA DAL NOSTRO INVIATO Rupert Murdoch ha un colossale impero che controlla giornali, radio, televisione, cinema. Manovra, muove, si destreggia, straccia tutti con i soldi, schiaccia tutti col cinismo. Ma a volte non basta, a volte per qualche motivo lo frenano, o si frena lui da solo: in Italia doveva comprare Mediaset du Berlusconi e non l'ha comprata, doveva comprare Stream da Telecom e non l'ha comprata, adesso pare che ritorni alla carica sulle confuse piattaforme digitali. Dell'australiano si parla in questi giorni a Padova, dove fino a domenica si svolge la rassegna «Antennacinema», un appuntamento ormai classico (19 edizioni), dedicato a cinema e televisione. Quest'anno, accanto ai personaggi che parlano con il pubblico di sé e del loro lavoro (la Gialappa's Band, Giorgio Gori, Michele Mirabella, Serena Damimi e il gruppo di «Comici», Daniele Luttazzi, Alberto D'Onofrio, il regista di documentari commissionati dalla Rai e mai mandati in onda perché troppo «forti») c'è una rassegna dedicata al cinema australiano. E già che siamo in Australia, un altro «fil rouge» è rappresentato per l'appunto da Murdoch e dai suoi miliardi di etere e carta stampata ed effetti speciali e calcio spettacolo. Il personaggio è stato scelto da Michelangelo Dalto e Antonia Torchi proprio perché di lui si parla molto, ma si sa poco. E' un angelo, è un diavolo? Sta tra gli dei o tra i demoni del nuovo universo multimediale? «The Real Rupert Murdoch» sontuoso documentario di Channel Four, regista Simon Berthon, visto ieri, tende a sviluppare quel tanto di agiografia che basta al piacere del committente, senza suscitare eccessive accuse di piaggeria. Si vedono la mamma, signora anzianissima ed arzillissima, «dame» Elisabeth, si vedono i figli, tutti impegnati nell'impresa di famiglia, si vedono i suoi direttori ed ex direttori («lui è il boss», «lui è il business»), si vede la vedova del primo padrone di giornale scacciato. Soprattutto, si vede lui, strana faccia di gomma che cambia con gli anni e diventa sempre più insignificante, sempre più irriconoscibile. Soltanto le rughe, da ultimo, danno una qualche caratterizzazione a quel viso di gomma, che è stato grasso, è stato magro, è molto dimenticabile. Quel viso da tartaruga e il corpo che lo sostiene, comunque, sono abituati a star tra gli angeli. Rupert Murdoch non corrisponde all'iconografia del miliardario che nasce povero, e si fa ricco per strada. Lui nasce ricco, l'il marzo del 1931, e il suo papà, Keith Murdoch, di giornali ne aveva già un pacchetto, tra cui l'«Adelaide News». Alla morte del padre, era¬ vamo nel 1952, comincia a comprare: quotidiani, settimanali, licenze televisive, canali, pacchetti di palinsesti. Compra, rischia, tutti lo considerano un pazzo, lui continua. Comprare non gli basta più: comincia a volerli creare, i giornali (anche se non li dirige direttamente ne è comunque il capo indiscusso), e inventa «The Australiani). Poi è l'Australia a non bastargli più: nel 1968 acquista il suo primo giornale inglese, pubblica il diario di Kristine Keeler, la prostituta dello scadalo Profumo. L'establishment britannico non è tanto contento, lui va in America. E, naturalmente, compra. Giornali, è ovvio (oggi ne controlla 122 tra Australia, Gran Bretagna e Usa). Ma poi, modestamente, anche il pacchetto di maggioranza della Twentieth Century Fox; e lancia il canale televisivo Fox con la sua cultura popolare, «I Simpson», «X Files», «Beverly Hills 90210». Il '98 è stato per lui e la sua «corporation» un anno straordinario: i successi del suo regno si chiamano «Titanio, «The Full Monty», «Tutti pazzi per Mary»: 12 Oscar, un miliardo di dollari. Il potere di Murdoch è ormai incalcolabile: società, sempre più numerose, sparse nei 5 continenti e di 5 diversi tipi di media, in grado di fatturare una ventina di miliardi di dollari l'anno. Gli manca l'Italia. Alessandra Comazzi Il magnate australiano Rupert Murdoch