L' ultimo soccorso dell'eroe in moto
L' ultimo soccorso dell'eroe in moto L' ultimo soccorso dell'eroe in moto E' morto nel rifugio 20 con l'autista che voleva salvare COURMAYEUR DAL NOSTRO INVIATO Era nel «20» il motociclista, nell'unico rifugio di cemento armato annegato in un mare di materiale ignifugo che poteva salvarlo dall'inferno. Di lì aveva chiamato alle 12,30 di mercoledì con la radio: «Sono qui con un autista in difficoltà. Ci sentiamo». Non aveva precisato il numero del rifugio. E ieri poco dopo le 19, mentre sul piazzale del traforo del Monte Bianco scende una nevicata fitta, il pompiere Elio Marlier lo ha visto là dentro. «Spadino», come gli amici chiamavano il motociclista Pier Lucio Tinazzi, 34 anni, di Pré-SaintDidier, era seduto accanto al quarto camionista che soccorreva. Sembravano reggersi a vicenda dietro quel vetro annerito a pochi passi da detriti alti mezzo metro e da un braciere nero e informe. La squadra dei vigili del fuoco li vede, chiama via radio: «Mandate qualcuno, forse sono vivi». Dalla centrale operativa del traforo del Bianco parta la richiesta d'intervento, sale il medico da Morgex, dieci chilometri più in basso, s'infila in un'auto candida nel traforo, ma quando ne esce non può portare con sé la notizia che i colleghi di Tinazzi aspettano con ansia. Morto in quel dannato box con la porta a tenuta stagna. «Troppo vicino all'epicentro del rogo», dice l'amministratore della società del traforo Ruggiero Borgia. L'ultimo viaggio di «Spadino», avvolto da tuta e nascosto sotto un grande casco bianco, finisce 11. In quel rifugio, uno dei diciotto del traforo che lui conosceva a memoria. Non poteva far altro, Pier Lucio, null'altro. Era entrato nel tunnel dieci minuti dopo l'allarme dell'incendio del camion belga. Lui, uno degli otto motociclisti italiani (altri otto sono francesi) addetti alla sicurezza e al controllo del traffico nella galleria, aveva capito che doveva fare in fretta perché quel fumo, una cortina densa e irrespirabile, non avrebbe lasciato molto tempo alla fuga. E c'erano i camionisti choccati per quanto avevano visto. E gli automobilisti, alcuni inconsapevoli e in attesa di aiuto, altri spaventati. Il Tir belga con quel grande rimorchio frigo stava bruciando come fosse carta e il vento della galleria trasportava enormi volute di fumo verso la Francia. Bisognava fare in fretta. Pier Lucio non ha perso tempo, non è stato mai indeciso. Entrava e usciva con gli autisti sul sedile della moto. E indicava agli automobilisti di filarsela, di superare quel rogo o di tornare indietro più veloci che potevano. La quarta volta che «Spadino» ha girato la moto sul piazzale ed è tornato verso l'inferno, l'imbocco del traforo sembrava un camino. Non era passato che un quarto d'ora dall'allarme, ma la galleria era già un forno. «Con me ho un autista che non sta bene» ha gridato nella radio. E avanzava come poteva, in quella nebbia velenosa, tenendo con una mano il suo passeggero che respirava a fatica. Poi non ce l'ha più fatta e s'è fermato davanti al rifugio, il numero «20», a 200 metri dal Tir che stava per scoppiare e che già lanciava lingue di fuoco lunghe cinque o sei metri, come ricordano i camionisti. Ha aperto la porta del «box», ha aiutato il suo sfortunato passeggero. Ha detto alla radio: «Sono in un rifugio». Poi il silenzio. [e. mar.] c
Persone citate: Elio Marlier, Pier Lucio, Pier Lucio Tinazzi, Ruggiero Borgia, Tinazzi
Luoghi citati: Courmayeur, Francia, Morgex
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