L'anticomunista Saragat?Un marxista puro e duro di Pietro Nenni

L'anticomunista Saragat?Un marxista puro e duro RISCOPERTA . A cent'anni dalla nascita, ripubblicato un libro scritto negli Anni 30 L'anticomunista Saragat?Un marxista puro e duro EICONO: aveva ragione lui. Sì, aveva ragione Giuseppe Saragat, il socialista democratico che ruppe con i frontisti di Nenni per non accettare un destino di sottomissione nei confronti dei comunisti che intanto idolatravano Stalin e inneggiavano a quel che accadeva al di là della cortina di ferro. Aveva ragione Saragat, che al momento giusto e con oltre quarantanni di anticipo su quelli che hanno dovuto attendere il muro di Burlino per capire, nel grande duello del 18 aprile '48 non ebbe esitazioni a schierarsi a fianco di De Gas peri. Dicono così post-comunisti e neo-socialdemocratici, liberali di destra ed ex democristiani che non vedono il laicismo come il fumo negli occhi. Dicono così. Ma intanto, paradossalmente, Saragat viene celebrato, riletto, santificato come pensatore marxista. Proprio così: un campione dell'Occidente democratico fissato al suo stadio «giovanile» di marxista duro e puro che tra l'altro, nel pieno degli anni Trenta, non aveva in grande antipatia la patria del socialismo reale che si edificava a Mosca. E' uscito in questi giorni, pubblicato dalla Baldini 8- Castoldi, un volumetto di Giuseppe Saragat con il titolo di L'umanesimo marxista, traduzione italiana dell'Humanisme marxiste che il futuro leader dei socialdemocratici italiani pubblicò a Marsiglia nel 1936, dove era impegnato con gli esuli antifascisti a ricucire le membra sparse della famiglia socialista. Il testo, denso e articolalo, rispecchia fedelmente l'amore per la teoria di un uomo politico della sinistra che non ha mai voluto che la sua attività fosse risucchiata nelle spire di un pragmatismo cieco e privo di afflati ideali. Una scelta sacrosanta, dunque. Se non fosse che, come si evince dal finale della nota introduttiva vergata da un saragattiano storico come Gian Piero Ore elio, il libro viene stampato (per la verità con qualche mese di ritardo) «in occasione del centenario della nascita di Giuseppe Saragat». Un gesto d'omaggio che però è anche, inevitabilmente, un modo per restituire l'immàgine non del Saragat che oggi viene da molti considerato un «precursore», del Saragat disposto a condurre la sua battaglia per un socialismo democratico lontano da ogni indulgenza per il totalitarismo comunista fino al punto di lacerare la tela unitaria con i socialisti «frontisti», ma il Saragat alfiere di un marxismo poco incline a scendere a patti con il fronte della «democrazia borghese». Il Saragat, come si legge nel volume appena uscito in libreria, che dedicava parole di fuoco verso il «formalismo riformista che si illude che la macchina elettorale assicurerà automaticamente l'avvento della società socialista». 0 ancora quello che criticava ferocemente il «riformismo», il Sara- gat rivoluzionario che, nel linguaggio legnoso dell'epoca e nel pieno della dittatura fascista, vedeva nel socialismo qualcosa di radicalmente diverso dall'«edificio della democrazia borghese»: «Il formalismo ignora che la democrazia non è il porto tranquillo al riparo dalle tempeste della storia, ma il mare tempestoso, al quale il proletariato deve affidarsi per approdare al proprio obiettivo». Il Saragat che criticava sì «una certa sofistica antiliberale» che non s'accorgeva come l'enfasi sulla «dittatura del proletariato» finisse per degradarsi in una «banale dittatura di un partito di un solo uomo», ma discettava anche del «senso tragico che deve mantenere il sacrificio momentaneo della libertà nel corso dell'azione rivoluzionaria». Un Saragat decisamente diver- so da quello che vivrà da protagonista la storia dell'Italia repubblicana. Quello che, già nella seconda metà degli anni Settanta, aveva visto riconoscere le sue ragioni da Bettino Craxi, che di Pietro Nenni era stato il pupillo. Quello che è stato addirittura incluso da Silvio Berlusconi tra i padri della Patria che misero in piedi il fronte anticomunista del 18 aprile '48. Ma Orsello nell'introduzione scrive in tono ammirativo del Saragat che non si è mai lasciato «strumentalizzare da quanti tendevano a scambiare per anticomunismo viscerale la sua intransigenza sui princìpi». Il Saragat celebrato nel centenario della nascita è insomma tutt'altro che un santino pacificatore. Non è detto che sia peggio così. Pierluigi Battista Teorizzava il «sacrificio della libertà durante l'azione rivoluzionaria» Pietro Nenni; sopra Giuseppe Saragat

Luoghi citati: Italia, Marsiglia, Mosca