«Così Andreotti vide Riina»

«Così Andreotti vide Riina» «Potè uscire senza esser notato perché l'hotel era controllato dai boss» «Così Andreotti vide Riina» 7/pm in aula: ecco le prove dell'incontro PALERMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE L'incontro di Andreotti con Totò Riina, suggellato da un «bacio», viene considerato dall'accusa provato non solo dalle dichiarazioni di Balduccio Di Maggio, che ne ha diffusamente parlato, ma anche da altri elementi processuali. L'episodio centrale del caso Andreotti è stato analizzato dal pubblico ministero Roberto Scarpinato in un passaggio della sua requisitoria cominciato nell'udienza pomeridiana di martedì e proseguito ieri. La ricostruzione è cominciata dal racconto dell'ex pentito, secondo il quale l'incontro sarebbe avvenuto il 20 settembre 1987. Quel giorno il senatore era a Palermo per partecipare alla festa dell' amicizia. Nel pomeriggio, prima d'intervenire alle 18:30 a un dibattito, si sarebbe recato in casa di Ignazio Salvo per vedere il capo di Cosa nostra che chiedeva assicurazioni sul «buon esito» del maxiprocesso. Ironizzando su un episodio «inverosimile», Andreotti ha pure osservato che non avrebbe avuto la possibilità di allontanarsi da Villa Igiea, l'albergo dove alloggiava, senza farsi vedere neppure dalla scorta. Ma proprio questa spiegazione è stata messa in discussione dal pm che ha ricordato che proprio quell'hotel sarebbe stato un «comodo rifugio» per boss latitanti tanto che il direttore Francesco Arabia è stato recentemente arrestato. La conclusione di Scarpinato è che anche Andreotti, come i latitanti, avrebbe potuto lasciare la camera e rientrarvi senza essere notato. Ma è andata così? Il pm basa la sua tesi sui numerosi elementi che avrebbero «fatto perdere centralità al racconto di Di Maggio». Le prime conferme indirette sono venute, a suo giudizio, da Enzo Salvatore Brusca, fratello di Giovanni, il quale sarebbe venuto a conoscenza in modo casuale dell'incontro e del «bacio» riferendone al padre Bernardo durante un colloquio in carcere. Un altro riscontro sarebbe stato offerto da Salvatore Cancemi che avrebbe espresso la sua incredulità commentando con Raffaele Ganci le notizie riportate dai giornali. Ganci lo avrebbe invece corretto: «Di Maggio ha detto la verità». Anche Leoluca Bagarella, cognato di Riina, sarebbe stato a conoscenza dell'incontro. Dopo la sentenza della Cassazione, che confermò le condanne del maxiprocesso, Bagarella avrebbe inveito contro Andreotti apparso in tv e alla presenza del pentito Tony Calvaruso avrebbe detto: «Guarda quella cosa inutile di Andreotti. Se mio cognato mi avesse ascoltato, avrebbe dovuto rompergli le corna. Invece si fece riempire la testa di chiacchiere». Riina, ha concluso il pubblico ministero, si fidò delle assicurazioni, ma dopo le condanne si vendicò uccidendo Salvo Lima, il canale di collegamento tra la mafia e il senatore Andreotti. [a. r.l

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