L'ultimo sfregio alla giustizia

L'ultimo sfregio alla giustizia Bersaglio del lancio dei detenuti il presidente del Tribunale calabrese: l'episodio filmato da un videoamatore L'ultimo sfregio alla giustizia Locri: in aula arance contro il giudice LOCRI NOSTRO SERVIZIO Sarà stato per nervosismo, dettato magari da uno sviluppo del processo che lascia poco spazio all'ottimismo, ma la scena delle arance lanciate dalla gabbia degli imputati contro il presidente della Corte fa effetto. Persino in Calabria, dove le cosche deU'ndrangheta si sono spesso spinte fino a uccidere gli uomini con la toga. Un fitto lancio di arance (e qualche pera) contro i giudici della Corte d'Assise chiamati a pronunciarsi, a Locri, sulle accuse mosse ai presunti responsabili di una faida che, negli ultimi 25 anni, ha fatto una trentina di morti ammazzati e avvolto tutta la zona in una cappa di terrore. La giustizia è «alla frutta» in Calabria? O lo sono piuttosto le cosche deU'ndrangheta, di fronte a un'offensiva dello Stato per molti aspetti - e in certe zone - più efficace? Il dilemma, ieri sera, si ò materializzato sugli schermi di tutta Italia, grazie alle immagini, diffuse dal Telegiornale della terza rete Rai, dell'episodio, accaduto il 1" marzo. Un incredibile episodio che, seguito attimo dopo attimo, grazie alle riprese filmate, fa sensazione, desta scalpore. Eccole, in successione: le aranco che sfiorano il presidente della corte, Domenico Jelasi, un poliziotto in borghese che con un balzo si ritrova sul tavolo della presidenza, per fare da scudo al magistrato, lo sconcerto nell'aula, gli agenti che si preparano al peggio. Scene da stadio, più che da palazzo di giustizia. La prima arancia all'indirizzo di Jelasi l'ha scagliata un imputato al quale era stata negata la possibilità di fare spontanee dichiarazioni fuori dalla gabbia. Avrebbe voluto, l'imputato, parlare ai giudici dalla poltrona sulla quale si stanno alternando i testi (il processo ò tuttora in corso), anziché da dietro le sbarre. Autorizzazione respinta, anche perchè, aveva appena finito di spiegare il presidente, sarebbe stato sufficiente avvicinare un microfono. Dopo la prima arancia, s'è sca¬ tenato il putiferio. Alle arance lanciate da altri imputati, si sono aggiunte anche alcune pere. Il tutto, con qualche panino, era stato fornito ai detenuti in previsione della lunga udienza, quale ristoro. Dopo mezzora di sospensione forzata, in aula è tornata la calma. Subito gli avvocati hanno espresso solidarietà al presidente della Corte e ai due pm della Distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Due giorni dopo, nell'udienza successiva, l'imputato che aveva dato il via al fuoriprogramma ha chiesto scusa al presidente, ai giudici e ai pm: «Un momento di nervosismo estremo», ha detto, perché lui, in quella gabbia, si sarebbe ritrovato senza una ragione. Scuse che Jelaci ha accettato. E l'episodio sembrava destinato, a quel punto, all'archiviazione. Ieri, invece, il filmato in tv ha riacceso i riflettori su quello che qualcuno ha ribattezzato «l'ultimo sfregio alia giustizia». «E' un segnale per l'esterno, si vuole far sapere che si è forti e arroganti come prima» ha commentato il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Salvo Boemi. ROCCO Valenti Un a8ente ln borghese tenta di proteggere il presidente della giuria dal lancio di arance

Persone citate: Domenico Jelasi, Salvo Boemi

Luoghi citati: Calabria, Italia, Jelasi, Locri, Reggio Calabria