VALIANI: HA VINTO LA MIA ITALIA

VALIANI: HA VINTO LA MIA ITALIA VALIANI: HA VINTO LA MIA ITALIA I Testimoni del Novecento civile OVANT'ANNI. Leo Valiani, senatore a vita, creato da Sandro Pertini, li ha compiuti il 9 febbraio scorso. Ha quasi attraversato un secolo, come Norberto Bobbio, come Alessandro Galante Garrone, nati, anch'essi, nel 1909, anch'essi cittadini dell'«altra Italia», come direbbe La Malfa, o dell'«Italia di minoranza», come direbbe Spadolini. Ecco: Spadolini, La Malfa, due fra i Testimoni del Novecento, la galleria di uomini probi che via via Leo Valiani ha ritratto, ora accolti in volume, con la prefazione di Cosimo Ceccuti. Una Spoon River intensamente laica, trentadue figure, tutte scomparse, uniche eccezioni: Aldo Garosci, il biografo di Carlo Rosselli, e Enrico Cuccia, il signor Mediobanca, ma così schivo, così naturalmente imparentato - presenza assenza qual è - con i trasmigrati. Testimoni del Novecento: un debito sciolto con maestri e compagni. E una sorta di bilancio, infine positivo. «Non condivido il pessimismo che affligge alcuni rappresentanti della mia generazione - distingue Valiani -. Non dimen- richiamo, come affermava Fran co Venturi, che nel '45 abbiamo vinto. E che da allora la democrazia è cresciuta, si è consolidata. E che il clericalismo si è stinto, l'epoca di Pio XII è lontana" Nato a Fiume, origini ebraiche («Subito captai l'antisemitismo, negli ungheresi, nei croati, nei tedeschi»), Leo Valiani aderì al partito comunista nel 1928: «Era ancora quello di Gramsci». Il patto Ribbentrop-Stalin gli aprirà gli occhi, non meno di un volume di Elie Halévy, L'Ere des tyrannies, che «profetava» la deriva tirannica del comunismo.«Che cosa salvo della stagione nel pei? Una lezione, in particolare: il modo di organizzare le masse». Quando lasciò il partito Gramsci era già morto, il timone lo reggeva Togliatti: «Uomo di notevole intelligenza e cultura. E assolutamente cinico. Auspicava una democrazia di tipo parlamentare in Italia, credo sinceramente, sostenendo - qui il cinismo che l'Urss l'avrebbe approvata. E invece Stalin non avrebbe esitato a scomunicarlo. Lo stesso trattamento riservato a Tito, che riuscì a introdurre la democrazia nel partito, non in Parlamento». Alle spalle sei anni di carcere, uno di confino, uno in un campo d'internamento, Leo Valiani approdò, «ispirato» da Franco Venturi, a Giustizia e Libertà e al Partito d'Azione. «L'attualità del depositum azionista? La volontà moralizzatrice: la politica ne ha sempre bisogno. E poi: lo spirito di sacrificio e il coraggio delle scelte. E il socialismo liberale, l'idea di Carlo Rosselli». Chi dovrebbe realizzarlo, il socialismo liberale? «Lo avrebbe dovuto realizzare il Partito d'azione, se fosse rimasto unito, una condizione per crescere: accogliendo prima i socialdemocratici (la scissione di Palazzo Barberini), in seguito i socialisti, consumata la rottura del '56. Ora tocca a D'Alema. I partiti socialisti occidentali hanno assimilato il socialismo liberale. Certo, l'intuizione rosselliana è degli Anni Venti-Trenta...». Minuto, all'erta, la parola ferma, scandita, come la prosa giornalistica (è il giornalismo il suo «mestiere», gli editoriali sul «Corriere della Sera» durante il terrorismo costituirono un'infrangibile trincea), Leo Valiani, ancorché infermo, ha voluto essere in Senato per votare il governo D'Alema. Una sorta di riconoscimento: «L'avvenuta democratizzazione del vecchio partito comunista, per cui si battè La Malfa. E con lui Aldo Moro». Lo storico (è anche storico di vaglia) Leo Valiani elogia, nei Testimoni, il riformismo cattolico di De Gasperi e di Vanoni. E Moro? «Ne ho indicato il merito: ha creduto nella metamorfosi democratica dei comunisti, l'ha favorita, mirava a introdurre Berlinguer nell'esecutivo o, almeno, a riceverlo nella maggioranza. Non l'hanno ucciso a caso». Riforme. Che cosa fare? Valiani non abdica a un caposaldo del programma azionista, la Rebubblica presidenziale. Ancorché equilibrata. «Sono - spiega - per la Repubblica presidenziale sul modello francese. Non diminuendo i poteri delle Camere, anzi (si pensi agli Stati Uniti, dove un deputato e un senatore contano più che da noi), bensì selezionandoli: sono oberate da troppi com- piti. Vanno messe in grado di fare le riforme chiave" Il Presidente della Repubblica. Sull'alto Quirinal di carducciana memoria chi meglio ha agito? «Einaudi e Pertini - non esita Valiani -. Li accomunava virtù che fu pure di Saragat l'integrità. Einaudi svettò in forza della competenza economica, scientifica, pratica. Pertini si rivelò esemplare nel legame con il popolo». Il popolo, le masse. Un «maggiore», Gaetano Salvemini, lo sollecitava a non isolarsi dalle masse. Ma Leo Valiani ha preferito agire - gobettiana impronta - nelle piccole forze. «Vedeva giusto, Salvemini (che considero un maestro di metodo). Ma non riuscii a seguirne il consiglio, tale è il tasso di provincialismo dei partiti di massa italiani». «Piccolo partito di massa» è stato definito il partito repubblicano, la creatura di La Malfa, ombra severa e dominante nei Testimoni ('(Con un difetto - osserva Valiani -: modello l'Edera a propria immagine»). L'anomalia italiana è la terza l'orza mai nata, il partito della democrazia vagheggiato da Salvatorelli, democrazia «pura e semplice, interclassista o superclassista, ed extra- confessionale». Una tara ben nota al senatore: «Ricordiamo che non fu neanche possibile unire i radicali di Pannunzio e i repubblicani. E, risalendo all'indietro, non dimentichiamo la rivalità fra Nitti e Giolitti. Nitti, più democratico, sottovalutava il riformismo tli Giolitti, Giolitti sopravvalutava i difetti di Nitti». Cavaliere solitario, Valiani, un hidalgo che ha combattuto la sua battaglia, conservando la fede nella crociana «religione della liberta». La liberta che non è tale senza giustizia. Bruno Quaranta <La democrazia dal '45 è cresciuta, è scemato il clericalismo, è finito il comunismo» «La lezione azionista: l'etica nella politica, coraggio delle scelte, il socialismo liberale» TESTIMONI DEL NOVECENTO Leo Valiani Passigli pp. 395. L. 60.000 Il libro sarà presentato sabato a Milano, Fondazione Cariplo IHDHBW VCi Leo Valiani, novant'anni: storico, giornalista, senatore a vita

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