L'ARMATORE RUBATTINO TRA CAVOUR E GARIBALDI

L'ARMATORE RUBATTINO TRA CAVOUR E GARIBALDI L'ARMATORE RUBATTINO TRA CAVOUR E GARIBALDI L'eminenza grigia dietro la spedizione dei Mille CHE protagonisti e comprimari di qualsiasi vicenda pubblica siano destinati a prendersi a gomitate pur di conquistare - sia sulla ribalta ad essi contemporanea che nella memoria dei posteri - uno spazio sempre più ampio, un ruolo più incisivo, un profilo più imponente, è pressoché scontato. E, tuttavia, a questa regola generale non mancano le eccezioni. Anche nella nostra storia nazionale vi sono infatti personaggi di grande spicco che - pur giocando un molo tutt'altro che irrilevante nelle vicende più significative della storia del Paese - finiscono col far parte della ridotta schiera delle eminenze grige, dei potenti silenziosi e invisibili. Esistenze che, pur mangiando pane e potere tutti i santi giorni, sembrano avere come preoccupazione principale quella di non apparire, di far passare sotto silenzio il loro agire. Non solo: dedicando una cura ossessiva alla riservatezza e. alla mimetizzazione della loro presenza sembrano voler sottrarre ai contemporanei - e perché no? anche ai posteri - un più preciso ricordo delle azioni da essi dispiegate. Poi, in tempi a noi vicini, molti di essi estendono ed amplificano questa preoccupazione: nel cercare di spazzar via ogni traccia del loro passaggio sulla terra dei comuni mortali puntano, e talvolta persino riescono, a sottrarre la loro stessa immagine all'onnivoro appetito della società dell'immagine. In questo modo confermano l'intuizione che fulmineamente affiora nei pensieri di un personaggi di William Gibson quando, nelle pagine di Gin nel ciberspazio, incontra uno degli uomini più potenti e riservati del pianeta e comprende «con istintiva, mammifera certezza, che chi è enormemente! ricco non é più nemmeno lontanamente umano». Considerazione, questa, che s'impadronisce del lettore che attraversa la sterminata e affascinante distesti di Titan, l'immensa biografia dedicata da Kon Chernow al magnale americano John 1). Rockefeller senior: del quale, alla fine, sembra rimanere - più che l'affresco della poderosa ricchezza o del leggendario potere - proprio lo sforzo sempre più marcato, sempre più ineludibile con l'avanzare degli anni, di sottrarsi allo sguardo degli altri esseri umani. Ma se ci si volesse spingere ad un'angolazione ancora più complessiva, attraverso la tinaie osservare l'agire di un potente invisibile, o addirittura dell'uomo conosciuto dai suoi contemporanei come l'Eminenza Grigia, allora miglior lettura non vi può essere del libro pubblicato da Aldous Huxley nel 1041 e dedicato alla vitti del padre cappuccino Francois Ledere duTremblay. Vale a dire quel «padre Giuseppe» che negli anni tempestosi del regno di Luigi XIII e della Guerra dei Trent'anni è l'agente segreto, lo specchio nascosto, il suggeritore occulto e il fulmineo esecutore del complicato gioco di potere del cardinale Kichelieu, di cui è - come rammenta appunto il titolo del libro di Huxley - L'Eminenza grigia. Figure da collocare all'interno di questa galleria degli invisibili e tuttavia ben presenti sulla ribalta del potere non mancano neppure nelle nostre vicende, dall'unità nazionale in poi. In anni a noi vicini Piero Ottone, con l'impareggiabile sobrietà di cui è capace, ha dato nel volume 11 gioco dei potenti un ritratto di alcuni di questi personaggi made in Italy: ben presenti e tuttavia costantemente in cor- ca di mimetizzazione, nonostante abbiano segnato la storia italiana dell'ultimo mezzo secolo. Se da queata zummata su una realtà che ci è prossima si va a ritroso s'incappa in diversi personaggi della nostra storia ottocentesca che rappresentano efficaci esempi di questo raffinato e complicato gioco di sottrazione rispetto alle luci della ribalta. Valga, fra tutti, la vicenda dell'armatore genovese Raffaello Rubattino. Nei libri di testo delle nostre scuoio Rubattino - nato nel 1809 e scomparso nel 1881 - si merita giusto un cenno di ricordo in quanto proprietario delle due navi con cui Garibaldi ed i suoi mille volontari lasciano Quarto, in quel di Genova, dirigendosi verso il Regno delle due Sicilie. I ragazzi più svegli - nel leggere di questo armatore che dà le navi ma finge di non darle, pronto a dipingersi come derubato da Gari- baldi se le cose si mettessero male ma che, nel contempo, dei garibaldini e soprattutto del conte di Cavour, ò spalla e suggeritore più che complice - capiscono di essere davanti ad un uomo dalle molte sfaccettature. E non sbagliano, infatti. Perché Rubattino è uomo che pur stando dietro gli eventi sii - con pazienza infinita e intelligenza preveggente - preparare il loro accadere e accompagnare il loro svolgersi in misura pari, a volte superiore, agli stessi uomini d'azione che vi prendono parte. La sua natura più costante è, forse, proprio quella di essere dietro un velo di riservatezza uomo che sa collegare. Non solo, con le sue navi e vetture postali, porti e città ma, soprattutto, ambienti diversissimi saldati in una rete di relazioni di cui l'armatore ò l'unico e vero regista. Appena trentenne, e già impegnato nel gravoso progetto di allestire una fiotta di vapori per il collegamento dei porti del Mediterraneo, ha la cura di organizzare «l'impresa della vettura corriera tra Milano e Genova in corrispondenza con i battelli a vapore». E' questo uno dei principali tasselli del complesso réseau che nel giro di qualche anno Rubattino stende sulla Penisola, utilizzandolo sia per patriottici fini che per i suoi concreti progetti di avveduto uomo d'affari. E' un traffico che, sotto l'apparenza delle normali attività, si svolge in due direzioni: dall'estero arrivano a Milano, a Torino e in altre località gli stampati della propaganda e le istruzioni degli agitatori antiaustriaci mentre i transfughi sottratti alle polizie della Santa Alleanza raggiungono, via mare, lidi più sicuri.Di questi patrioti fuggitivi ai quali ha offerto ospitalità ed espatrio nei porti del Mediterraneo Rubattino farà, anno dopo anno, i suoi fidatissimi agenti sulle coste francesi, tunisine e in Egitto.Di uno di questi, Antonio Figari, farà addirittura un detenninante agente d'influenza che si conquista la fiducia di Mohammed Ali, avendo quindi in mano - fino all'avvento di Ismail Pascià e all'apertura del Canale di Suez - buona parte della vita pubblica d'Egitto. Erano anni - viene scritto in un memoriale dell'Associazione Nazionale Italiana d'Egitto - in cui «la lingua italiana era la lingua diplomatica dell'Egitto... l'amministrazione delle Poste, creata per iniziativa italiana, era formata da funzionari italiani come agli italiani erano affidati i servizi sanitari, l'amministrazione della sicurezza pubblica. Italiano l'unico vice-ammiraglio europeo della marina egiziana...». E buona parte di questo'reticolo faceva capo a Genova, a Raffaele Rubattino. Un italiano che, eminenza grigia di ministri e condottieri, amava stare dietro le quinte. Oreste del Buono Giorgio Boatti gboatti venus.it L'armatore genovese Raffaele Rubattino che offrì le navi a Garibaldi e ai suoi Mille per la spedizione che partì dallo scoglio di Quarto Era il proprietario delle nari che salparono da Quarto: utilizzò Usuo impero sia per fini patriottici sia per i suoi concreti progetti di avveduto uomo d'affari Da leggere: Aldous Huxley, L'Eminenza Grigia Mondadori Milano 1946 Roti Chernow Titan. The life of John D. Rockefeller sr Random House New York 1998 Piero Ottone Il gioco dei potenti Longanesi Mtlano 1985 William Gibson Giù nel cyberspazio, Mondadori Uranio. 1979 A. Codignola Rubattino Bologno / 938