Ricatto all'eroina birmana
Ricatto all'eroina birmana IL PREMIO NOBEL AUNG SAN SUU KYI «Vada lei a trovarlo a Londra»: ma non le consentirà di rientrare Ricatto all'eroina birmana La Giunta nega il visto al marito morente RANGOON. Con il marito morente a Londra per un tumore, un atroce dilemma sta lacerando Aung San Suu Kyi, la coraggiosa e indomabile leader dell'opposizione alla giunta militare birmana: volare in Inghilterra per rivederlo un'ultima volta, dopo anni di forzata lontanza, con la certezza però di non poter più tornare nel suo Paese, o rinunciare a vederlo per restare in patria a combattere la battaglia contro la dittatura. Il male che ha colpito il marito di Suu Kyi, il professor Michael Aris, docente di studi tibetani al St. Anthony's College di Oxford, si rivela un'arma potente per la giunta militare, che da anni tenta di sbarazzarsi di lei cacciandola dal Paese. Il professore ha chiesto un visto per andare a Rangoon e rivedere la moglie, appellandosi alle sue estreme condizioni di salute. Soffre infatti di un tumore alla prostata con metastasi alla colonna vertebrale e ai polmoni. Proprio su questo, traccheggiando per il visto, specula la giunta, volendo con feroce ipocrisia mostrare faccia umanitaria: perché far affrontare un lungo viaggio a una persona gravemente malata? Meglio che la moglie lasci la Birmania e vada da lui a Londra. Implicito: e non la faremo mai più rientrare. Suu Kyi, 49 anni, figlia di Aung San, l'eroe nazionale che portò nel dopoguerra la Birmania all'indipendenza dall'Inghilterra, incarna l'opposizione alla giunta multare che nel 1988 soffocò nel sangue le manifestazioni contro il regime autoritario imperante da oltre trent'anni. Lei, che viveva a Londra con il marito e i due figli, era in quei giorni a Rangoon per curare la madre malata. Vi rimase e divenne il punto di riferimento Aung San S dell'opposizione, capo della Lega nazionale per la democrazia. Ha trascorso sei anni agli arresti domiciliari e nel '91 ha ricevuto il premio Nobel per la pace. Isolata e impossibiltata ad avere contatti anche dopo la fine degli arresti, ha sempre rifiutato le offerte di partire che le venivano fatte dal regime, preferendo restare n pur tra mille difficoltà. Non ha mai ritirato il Nobel, certa che se fosse uscita dal Paese, non avrebbe mai più potuto rientrarvi. Dal 1988, ha visto suo marito solo due volte, l'ultima nel '95. I figli non li vede dal 1990. Uno dei pochissimi incontri che ha potuto avere con esponenti politici stranieri è stato quello, avvenuto di recente nella nostra ambasciata in Birmania, con Walter Veltroni, andato a testimoniarle solidarietà. E anche ieri Veltroni ha cercato di aiutarla, scrivendo al ministro degli Esteri Dini di intervenire sulla giunta birmana affinché rilasci il visto al professor Aris. Governi di vari paesi stanno facendo pressioni sulla giunta, compreso quello inglese, che mostra ostentatamente di non riconoscere le nuove denominazioni del paese anni fa proclamate dai militari: Myanmar per Birmania e Yangoon per Rangoon. Il Foreign Office ha infatti dichiarato di sostenere la richiesta di visto del professor Aris «presso le autorità della Birmania». In un comunicato, la giunta si dichiara «sorpresa che una persona così gravemente malata voglia fare un viaggio tanto difficile». E dà lezioni di umanità: «Affrontare un tale viaggio in queste condizioni di salute appare irresponsabile e inumano, e il governo è riluttante a incoraggiare o appoggiare questa azione». La giunta è pronta invece a dare «ogni assistenza» a Suu Kyi per unirsi al marito in Inghilterra. La donna, straziata, non ha diffuso dichiarazioni, ma un suo collaboratore dice che malgrado il dolore lei non uscirà dal Paese, sapendo che la lascerebbero più rientrare. Fernando Mozzetti Veltroni (che l'ha incontrata di recente) scrive a Dini chiedendo un passo ufficiale presso il governo di Rangoon Aung San Suu Kyi, Premio Nobel per la Pace
Persone citate: Aris, Dini, Fernando Mozzetti Veltroni, Michael Aris, Nobel Aung, Ricatto, Veltroni, Walter Veltroni
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