Innamorato? Niente molestie

Innamorato? Niente molestie Per il giudice non ci sono prove delle avances. La Mussolini: così torniamo al Medioevo Innamorato? Niente molestie // gip assolve un imprenditore di Como COMO. Lei accusa: «Mi ha baciata, abbracciata e palpeggiata. Era il mio datore di lavoro, ma alla fino l'ho denunciato». Lui si difende: «Ero innamorato di lei, avevo perso la testa». E' successo a Como, dove un giudice ha archiviato questa storia di amore e/o molestie sessuali in fabbrica scrivendo che «la notizia di reato appare infondata», e accogliendo la richiesta della pubblica accusa («Si archivi»). Protagonisti, una donna di 34 anni, assunta in una ditta del Comasco come segretaria nel novembre del '97, e il suo datore di lavoro, un imprenditore metalmeccanico che nel maggio '98 si ritrova denunciato. La segretaria si rivolge al sindacato, poi si mette in malattia e infi • ne si dimette, sostenendo di non poter più sopportare il clima dell'ufficio (i due lavoravano nella stessa stanza). Lui non le paga 5 mesi di stipendio e nemmeno il trattamento di fine rapporto, non riconoscendo le dimissioni «per giusta causa». Si ritrova cosi davanti al pretore del lavoro per una seconda denuncia. Nel frattempo la prima querela finisce nelle mani del procuratoredi Como, Giovanni Logatto. Che sente la donna, interroga l'imprenditore e ascolta anche un'audiocassetta prodotta dal legale della denunciante, l'avvocato Grazia Villa. Li sono registrate «alcune conversazioni tra i due» (all'insaputa di lui). A fine indagini il procuratore chiede l'archiviazione: non ci sono elementi sufficienti per chiedere il rinvio a giudizio. L'avvocato Villa fa opposizione e si va all'udienza preliminare dove il giudice Vittorio Anghiieri firma un provvedimento di rigetto dell'opposizione alla richiesta di archiviazione. In altre parole, archivia. Nel provvedimento il giudice esamina anche il memoriale dell'accusato: «Avevo un inizio di innamoramento per quella donna, e probabilmente ho perso la testa». Parla (il giudice) di «relazione sentimentale quanto meno dalla parte dell'indagato». Scrive che «il contrasto verte sulla sussistenza del consenso da parte della vittima dele avances» (la solita questione: lei ci stava o no?). E tira le sue conclusioni: «La notizia di reato appare infondata, non perché la querela debba ritenersi pretestuosa o calunniosa, ma perché gli elementi non sono idonei». Vale a dire, non sufficienti per mandarlo a processo. La cassetta registrata non basta, il giudice si ritrova «in assenza di testimonianze dirette e di tracce permanenti sulla vittima delle molestie». «E' la vecchia "insufficienza di prove"», commenta l'avvocato Villa, che dapprima lamenta «la difficoltà di provare le accuse per la difesa», e poi dichiara «che il diritto è uno strumento al maschile, perciò non serve a cambiare la cultura della nostra società». La sua cliente è «naturalmente delusa dal provvedimento». L'ex indagato (probabilmente) esulta. Si indignano invece alcune parlamentari, a cominciare da Alessandra Mussolini, che ironizza: «Perché non ripristinare per chi uccide il coniuge adultero l'attenuante del delitto passionale o d'onore? Anche lì c'è innamoramento!». Dice la Mussolini che «anche un maniaco può innamorarsi. E allora, possiamo giustificare le sue attenzioni moleste? E poi, chi decide quando uno è innamorato?». Cita la famosa «sentenza della Cassazione sui jeans», e conclude: «Questi sono segnali di un potere giudiziario che sembra volersi vendicare dell'emancipazione della donna. Se continua cosi invece di entrare nel terzo millennio torniamo al Medioevo». «Premesso che non sono mai entusiasta che la questione delle molestie sessuali sia affrontata mediante il diritto penale, mi sembra una sciocchezza colossale che molestie ed ossessioni non costituiscano un problema se il molestatore è imiamorato», commenta la diossina Gloria Buffo. Più cautela da Maretta Scoca, sottosegretario alla Giustizia: «A volte è assai difficile stabilire il li- mite fra corteggiamento ed abuso. Questo non vuol dire che se dimostro di non gradire le attenzioni, se le rifiuto, non deve essere rispettata la mia libertà. E' un mio diritto, indipendentemente dalle motivazioni che muovono il comportamento altrui». Scoca tiene però a precisare che esiste anche il «rischio contrario, di denunce di abusi inesistenti». Brunella Giovara La protesta di alcune parlamentari dopo la discussa «sentenza sui jeans»

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