IL MALE PEGGIORE UN GOVERNO PONTE

IL MALE PEGGIORE UN GOVERNO PONTE IL MALE PEGGIORE UN GOVERNO PONTE NESSUNO può ormai dubitare che la crisi eccezionale dell'Unione europea, aperta con le dimissioni collettive della Commissione Santer, ha cause ed origini che ben difficilmente possono essere attribuite agli addebiti di cattiva gestione amministrativa contenuti nel rapporto dei cinque saggi chiesto ed ottenuto dal Parlamento europeo. La crisi è ben più profonda perché, come ha ben rilevato Bettiza su questo stesso giornale, investe l'intero sistema istituzionale dell'Uniome ed il rapporto fra Governi (e Consiglio dell'Unione), Parlamento europeo e Commissione, quest'ultima avendo ormai di fatto assunto un ruolo e poteri politici di gran lunga superiori a quelli di un semplice organo esecutivo della volontà del Consiglio e dei governi. Superare la crisi esige dunque una precisa e determinata volontà politica. Tanto più necessaria perché, calendario alla mano, siamo di fronte ad un vero e proprio «ingorgo istituzionale». Le elezioni del Parlamento europeo sono già fissate per i giorni che corrono dal 10 al 13 giugno, nei quindici Paesi membri dell'Unione. E lo stesso Parlamento ha già previsto di svolgere l'ultima tornata utile dell'attuale legislatura dal 3 al 7 maggio. E poiché i trattati prevedono, confermando la prassi consolidata, che il nuovo Presidente designato (all'unanimità) dai governi degli Stati membri deve presentarsi al Parlamento, ricevere il suo accordo e solo successivamente procedere alla designazione dei Commissari che, a loro volta, devono presentarsi alle Commissioni parlamentari competenti per, infine, ricevere un voto di approvazione collegiale dall'intera assemblea, è impossibile non vedere che i tempi sono più che strettissimi. Si aggiunga che, a norma di trattato, il Presidente della Commissione ed i Commissari, in caso di dimissioni, «sono sostituiti per la restante durata del (loro) mandato» (art. 159 Cee e art. G punto 48 del Tue) e cioè, nel caso presente, fino al prossimo 5 gennaio. Un nuovo Presidente ed una nuova Commissione, almeno teoricamente, resterebbero in carica solo 7 o 8 mesi mentre, subito dopo le elezioni europee, si aprirebbe una (nuova ed ulteriore) procedura per la nomina della Commissione e del suo Presidente il cui mandato è previsto dal gennaio 2000 al gennaio 2005. Appare più che ovvio che non si uscirà da questo imbroglio senza una forte volontà politica alla quale tutti devono concorrere, anzitutto i governi ma anche il Parlamento Europeo. E' in questo quadro e con questi nodi che deve essere vista una candidatura di Prodi o di altri alla testa della Commissione europea. Il nuovo Presidente e la sua Commissione non potranno essere «a termine» e dovranno essere concordate, politicamente, le procedure ed i modi per tenere conto dei risultati elettorali e rispettare il ruolo del Parlamento che sarà eletto a giugno. Non sarà facile, anche perché colui che sarà designato a guidare questo difficilissimo periodo della storia dell'Unione non potrà assolvere il suo mandato se non ottenesse precisi e forti impegni politici. L'alternativa è quella di «vivacchiare» per i prossimi quattro o cinque mesi, attendere i risultati delle elezioni europee e poi decidere sul nuovo Presidente e la nuova Commissione. Ma possiamo permettercelo? Possiamo seriamente pensare ad un'Europa in apnea per lunghi mesi, guidata da una Commissione ormai azzoppata mentre tutto attorno a noi esige rapidità di decisioni forti e coraggiose? Enrico Vìnci

Persone citate: Bettiza, Prodi, Santer

Luoghi citati: Europa