Fermati due uomini per l'omicidio di Riza

Fermati due uomini per l'omicidio di Riza Trapani, oggi l'autopsia sul corpo del bambino kosovaro accerterà se è stato stuprato Fermati due uomini per l'omicidio di Riza //più anziano era già stato condannato per violenza su minori TRAPANI DAL NOSTRO INVIATO Riza aveva 8 anni, due grandi occhi scuri, un sorriso che sbiadiva ogni giorno di più, lì sulla strada, dov'era diventato adulto e dove aveva dimenticato che, alla sua età, si gioca e si crede che il mondo sia bello. Lui non giocava a pallone, neppure con quelh vecchi un po' sdruciti, o fatti di straccio, lui per la strada ci lavorava. Ti guardava negli occhi e allungava la mano. Trenta, quando andava bene, cinquantamila lire al giorno. Lo hanno ammazzato sul greto di un fiume, senza una ragione o, peggio, per quello che sbrigativamente si definisce un motivo abbietto. A questo interrogativo, che è importante ma non può non imbarazzare, darà oggi una risposta il medico legale, dopo l'autopsia. Chi, al contrario, di risposte non vuol dame, o ne dà troppe, ma nessuna convince, sono due uomini sospettati di essere gli assassini. Zio e nipote, posteggiatori abusivi, quando capita, «disoccupati cronici», come dicono qui. Il più giovane, R. D.S., 21 anni, anche con gravi problemi psichici. Secondo i sospetti, legati da vincoli che vanno ben al di là della parentela, inconfessabili e che per tutto il giorno hanno rifiutato di ammettere. Ma l'interrogatorio prosegue perché gli indizi porterebbero a loro e anche il buon senso li addita. Il più grande A.D.S., di 35 anni, ne ha già trascorsi sei in carcere, e proprio per violenza su minori. Ma le prove, quelle, sono un'altra cosa che i sospetti, le sensazioni, le certezze basate su un'idea, magari anche giusta, ma sfuggente, impalpabile. Dalla polvere delle sue strade, Riza era scomparso mercoledì. Erano le 22,30, un'ora nella quale i bambini della sua età o dormono o sono sul punto di arrendersi davanti al video. Riza aveva fame ed è entrato nella pasticceria «Novecento». Due pasticcini, la sua cena. Glieli hanno regalati e lui è uscito con quel suo sorriso triste. Sarebbe tornato a casa, in via Avellone, che è una strada stretta vicino alla Cattedrale di San Lorenzo. Una stanza all'ammezzato, un gabinetto: Riza ci abitava con la nonna, il padre Vatina, 38, la madre Julia, 25, due sorelle e un fratellino, tutti più piccoli: 6,4 e 2 anni. Vengono dal Kosovo, fuggiti sei anni or sono. L'Adriatico, su uno scafo, poi hanno attraversato il Mezzogiorno, da Brindisi fino a qui, dov'erano arrivati quattro anni fa. Ma avevano fatto in fretta a capire che l'Italia non era quell'Eldorado offerto dalla televisione. Qui il lavoro è poco: uno su quattro lo insegue senza fortuna, «il 24% della popolazione attiva», viene precisato. Che è anche peggio. Per quelli come Riza non ci sono alternative: o cerchi di sopravvivere o sei finito. Eppure, lui tentava di non darsi per vinto, dai suoi anni verdi cercava anche di strappare qualcosa e cosi, quando poteva, ed era raro, correva all'oratorio della cattedrale. Anche mercoledì, dopo pranzo, per uno scampolo di giochi. Era la sua ultima giornata, uguale a tante altre che l'avevano preceduta. Fosse accaduto altrove, ora lo chiamerebbero «meninho da rua», ragazzo di strada, ma se anche è vero che le favelas e la disperazione sono uguali in tutto il mondo, Riza sulla strada avrebbe voluto non doverci mai andare. Ma com'era possibile? Di lì, arrivavano i soldi. «Vergogna, ecco che cosa: solo vergogna», tuona monsignor Antonino Adragna, il parroco. «Molte colpe sono delle autorità, di quelli che non si occupano di questi bimbi, che li lasciano andare a cercare l'elemosina. E anche della gente che pensa di tacitare la propria coscienza dando mille lire. Mancano i servizi sociali, manca tutto». All'ipotesi di un mostro, perché chi ha ammazzato così un bambino quel titolo se l'è guadagnato per intero, monsignor Adragna non ci crede. Il piccolo era stato inserito in un progetto di integrazione. Lui e altri trentanove, tutti coetanei, la metà extracomunitari. Ma Riza, dalla fine di febbraio, non si era più fatto vedere, come se avesse rinunciato. Ed era scomparso anche da scuola, dove frequentava la prima elementare. Forse, ormai i suoi giorni erano scanditi da ritmi differenti, forse anche lui aveva capito di essere diventato adulto. A otto anni. E' stata così la giornata di mercoledì, scandita dalle tappe nelle pizzerie e nei ristoranti: una richiesta a mezza voce, gli occhi bassi se nessuno ti dà nulla, e un sorriso senza gioia se qualcuno ti allunga una moneta o una banconota. E poi, ancora la strada, e un pezzo di marciapiede, per chi non ha nulla rappresenta una specie di tesoro. Che altri sono pronti a contenderti. Dicono che qui ci siano due gruppi arrivati dai Balcani, che sguinzagliano i loro cuccioli alla ricerca di denaro. E si farebbero la guerra, dura, spietata. E' per questo che fino a domenica a mezzogiorno, quando hanno trovato il corpo di Riza nell'acqua bassa del Lenzi, che è un grosso torrente, quelli della famiglia sospettavano che fosse stato preso dagli «altri». E avevano fatto stampare un manifesto con la foto del bùnbo: «Scomparso! Aiutateci a cercarlo». Seguivano cinque numeri telefonici, due dei quali di cellulare. Nel buio della notte, qualcuno avrebbe visto Riza sul sellino posteriore di una Vespa. E sul greto del Lenzi la «scientifica» avrebbe individuato i segni degli pneumatici di uno scooter. Anche A.D.S., si sottolinea, possiede una vecchia Vespa. Dunque, indizi. Non è facile rimettere insieme un mosaico mandato in frantumi. E chi ha ucciso a bastonate, lo sapeva che stava frantumando la vita di un ragazzino. Ricerche vane, magari il sospetto chi il piccolo se ne fosse andato per conto suo. E poi: quanti ne scompaiono, di ragazzini, senza ragioni apparenti! E c'era chi giurava di aver incontrato Riza, di averlo visto, di averne sentito parlare. Sulla litoranea Dante Alighieri, e poi a Mazara del Vallo, dove ci sono altri kosovari. Le indagini le conduce Giuseppe Linares, capo della Mobile, e le dirige il pm Alessandra Ferrigno. Interrogatori in serie, ascoltati i kosovari, ina anche altri. Finché, domenica, qualcuno ha telefonato in questura: «Quel bimbo che cercate è nel fiume». Voce anonima, voce di uno che pensa di aver già fatto molto e non vuole complicazioni. Riza indossava gli stessi pantaloni, si dice, ma una felpa differente da quando era scomparso, Era riverso, sotto 30 centimetri d'acqua. Poco lontano, sulla riva, mi bastone che «potrebbe» essere l'amia del delitto. La Vespa, le testimonianze di chi avrebbe visto il bimbo sullo scooter, i precedenti dei due fermati Non è stato poi troppo complicato arrivare a zio e nipote. Ma loro si difendono, è un giorno intero che negano. Ma qualcosa fa pensare che questa pista vada seguita. Ma non tutto quadra e quelli di certo, una mano non te la danno, In questura portano anche i genitori del bambino E chiedono loro perche lo mandassero per strada a domandare l'elemosina. E' una notte lunga, questa Vincenzo Tessandori Il sospettato più giovane ha gravi problemi psichici Zio e nipote sono stati interrogati per molte ore, ma negano di essere coinvolti nel delitto del bambino Riza è stato visto vivo per l'ultima volta in una pasticceria dove ha mangiato alcuni dolci. Ma c'è chi dice di averlo notato su uno scooter Uno dei sospettati possiede una vecchia Vespa. La scientifica ha rilevato tracce di pneumatici di questo tipo proprio sul greto del torrente Lenzi mm 4l<

Persone citate: Adragna, Alessandra Ferrigno, Antonino Adragna, Dante Alighieri, Giuseppe Linares, Lenzi, Vincenzo Tessandori

Luoghi citati: Brindisi, Italia, Kosovo, Mazara Del Vallo