«La figlia di un soldato» Com'è difficile crescere senza patria di Alessandra Levantesi

«La figlia di un soldato» Com'è difficile crescere senza patria PRIME CINEMA WW» Film di Ivory tratto da Jones «La figlia di un soldato» Com'è difficile crescere senza patria GIÀ' scrittore di culto in America dove gli hanno intitolato una società letteraria, James Jones (1921-1977), l'autore di «Da qui all'eternità», ha attualmente una duplice presenza sui nostri schermi: infatti se il bel film di Terranee Mnlick «La sottile linea rossa» è ispirato ad un suo romanzo, «La figlia di un soldato non piange mai» di James Ivory si basa sul libro autobiografico della figlia Kaylie, anche lei scrittrice. Appartenente alla seconda generazione di intellettuali americani espatriati in Europa (la prima ondata negli Anni 20 è quella dei vari Gertrude Stein, Hemingway e Fitzgerald), Jones si trasferisce a Parigi verso la metà degli Anni 60. Di qui prende le mosse il racconto di Kaylie, che buI filo della memoria (ma con nomi di finzione) si articola in tre capitoli: «Bill», ovvero l'infanzia di Channe, piccola americana in Francia, complicata dall'ingresso improvviso nella sua vita di Benoit, un bambino adottato dai genitori che sceglierà di chiamarsi Bill coine il nuovo papà; «Francis», il bizzarro amico del cuori' ili Channe adolescente, forse omosessuale seppur di lei in qualche modo innamorato; e; infine «Duddy», cioè il ritorno in patria causa la malattia cardiaca del padre, deciso a trascorrere nel Paese natio il poco tempo che gli resta. Ne emerge un doppio romanzo di crescita, di Channe e di Hill, uniti da un identico senso ili non appartenenza; mentre sullo sfondo si delineano sempre pio vividamente le figure dello scrittore e della moglie, lui introverso e lei esplosiva ina entrambi con l'inequivocabile aria in prestito degli americani in Europa. Coadiuvato dalla sua sceneggiatrice di sempre Ruth Prawer Jhabvala il regista statunitense Ivory, che come si sa da decenni vive in Inghilterra, attinge alla sua personale esperienza di espatriato per evocare con sensibilità atmosfere e ambienti di un quadro di spaesamento culturale, cui la naturalistica fotografia di Jean-Marc Fabre imprime una speciale autenticità. E il quartetto familiare è molto efficacemente impersonato dai genitori Kris Kristofferson e Barbara Hershey, e dai figli Jesse Bradford e Leelee Sobieski (la vedremo presto in «Eyes wide shut» di Kubrick). Alessandra Levantesi

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