Nessun giudice condanna i militari

Nessun giudice condanna i militari il caso. L'assoluzione del pilota americano dà ragione al vecchio Giovenale Nessun giudice condanna i militari Da Casalecchio al Cermis, le stragi restano impunite IRUDELMENTE diver- C|tenie, il commento miI gliore all'assoluzione americana per la strage I in Trentino è nella satira XVI cii Decimo Giunio Giovenale, di cui non abbiamo chi.* l'inizio, sessanta versi. Chi vuole, può vederla nella mia versione del 1971, oggi ristampata in Einaudi-Struzzi: varrebbe la [iena citarlo tutto, quel testo 11 tema brucia: l'ita? possibilità di aver ragione' in tribunale, quando lai causa ad un militare colpevole in atti di servizio. Millenove cento anni dopo: attuale tutto. .ne ti- pulsare togatus au dcut : «non ardisca il borghese di picchiarti» ma se sin tu, milita re, a suonargliele, sarà meglio non si presenti neppure dal pretore coi diruti rotti e la faccia ridotta una poltiglia nera. Cito dalla mia versione. «Si la più presto a trovare testimoni falsi contro un borghese, che uno solo veridico per demolire un soldato». Voghi, ricordare com'è finita con Casalecchio di Reno. Un altro di quei terrificanti sorvoli esercitativi a bassa (piota su zone abitate e il i> dicembre 1990 un Jet militare in avaria, schizzato Inori a tempo il pilota, piomba sopra una stuoia, un istituto tecnico, uccide dodici ragazzini, fa un centinaio di fe¬ riti, di cui alcuni riinasti con invalidità permanenti. Condannati in primo grado il tenente Viviani che pilotava il mezzo e due ufficiali superiori (marzo 1996), assolti in appello nel gennaio 97, la pietra sopra definitiva ce l'ha messa la Cassazione il 27 gennaio 98: nessuna responsabilità, fatalità pura. Neanche si può dire «e la guerra»: fu una strage di pace. Non posso entraro nel merito delle respojisabiUtà personali;.^ su quell'aereo non c'ero. Restalil'atto che ai poveri abitanti di Casalecchio, che hanno patito il disprezzo della forza argomentativa e probante del sangue gratuitamente sparso, non è rimasto che un cimitero dove piangere, e a quelli della teleferica la stessa cosa. I,'aeronautica, la nostra, non ammise per Casalecchio la minima responsabilità, tutti i piloti e gli ufficiali, e anche il ministero Difesa, fecero muro. Resta la morale giovenalianu: Italia o America o Roma dei Cesari, prenderle quando te le danno, e davanti al pretore non trascinarci nessuno che porti lo scudo. Il fatto su cui riflettere è che questi mezzi aerei dalla velocità accecanti; sono sempre;, una volta in aria, e anche ben lontani da ogni impiego offensivo, strumento di morte, e chi li guida una specie di Kamikaze, che porta omicidio e suicidio strettamente accoppiati nei comandi, nelle diavolerie elettroniche di bordo. Il gigantismo della potenza non conosce limiti morali Le re- gole s'impongono a mala pena quando la misura di una velocità si calcola al di la dei mille chilometri orari. L'essere umano che dal Neandertbal a Berlu sconi arriva in media a quattro chilometri l'ora è perdente già enormemente contro un motore che ne fa cinquanta: quale sarà l'effetto, su cento delle nostre trippe, dell'urto di uno ostacolo? La potenza non ci disintegra solo fisicamente, ci spappola, ci fa fondere anche moralmente, e se invochiamo un tribunale, per quanto si gridi e si dicano cose di spavento, non siamo uditi perché abbiamo cessato di esistere. Non solo non è udita la voce dei morti, ma neppure quella dei sopravissuti, dei parenti, degli avvocati. Nell'urto se n'è andata anche la memoria, la testimonianza. In un certo senso, ripetiamo senza fine, d'incidente in incidente, il copione fissato, dall'Arimane tecnologico, a Hiroshima. Se già era impossibile perforare con argomenti del diritto la corazza di un militare di Domiziano o di Traiano, a quale grado d'inconsistenza, di flobilità scendiamo se dall'altra parte il milite è rivestito dall'infiamniabilità, onnipotente di un caccia ultrasonico o del delirio malgovernabile di un bombardiere americano che sega col soffio un cavo d'acciaio a prova di artiglio d'aquila e crea di colpo, senza sprecare un colpo, venti cadaveri precipitati? Nel linguaggio banale e ufficiale, queste assoluzioni vengono dette «scandalose». Vale la pena di rifletterci, per trovare un aggettivo meno trito. Le parole «vergognoso», «scandaloso», «inaudito» si perdono nel vuoto della propria onda. Quando il gigantismo della potenza oltrepassa di troppo le misure umane, non puoi piii mostrare ferite nò far valere ragioni: un tribunale le accetta finché l'altra parte non ecceda in smisuratezza e ci sia un limite alla sproporzione. Succede lo stesso quando le famiglii! di venti, trenta vittime e cento, mille malati di cancro ambientale fanno causa ad una potenza qualsiasi del sistema tecnico-industriale: tutto termina in assoluzioni e la fabbrica, se per caso fosse stata chiusa, viene trionfalmente riaperta. Sono tutti Casalecchio, tutti Cermis. Anche uno scarafaggino di telefono portatile, che in un secondo può spazzare l'incantesimo del venerdì Santo del Parsifal o l'onda del Requiem di Mozart, o far precipitare un Boeing in fondo all'Atlantico, simula servizievole obbiedenza, ma è l'espressione di una incalcolabile potenza che, in realtà, si serva. ,di,uoi e non serve nessuno. Sempre più saranno gli offesi, e sempre più larghe ^assoluzioni. Guido Ceronetti Millenovecento anni dopo è ancora attuale la satira del poeta latino: l impossibilità per i civili di aver ragione in tribunale Il ten. Bruno Viviani e, più a sinistra, il cap. Richard Ashby: i piloti assolti. A destra, la sciagura del Cermis, 3 febbraio '98. Sotto, il disastro di Casalecchio, 6 dicembre '90 té Si fa più presto a trovare testimoni falsi contro un borghese, che uno solo veridico per demolire un soldato 99 Decimo Giunio Giovenale, satira XVI

Persone citate: Bruno Viviani, Cesari, Decimo Giunio Giovenale, Guido Ceronetti, Mozart, Parsifal, Richard Ashby, Traiano, Viviani