L'avvocato di Ocalan: l'ho visto, sta bene

L'avvocato di Ocalan: l'ho visto, sta bene E Pisajpia rivela che il leader fu catturato mentre stava per partire verso una meta suggerita dall'Italia L'avvocato di Ocalan: l'ho visto, sta bene Smentite le voci della morte di Apo ROMA. «In queste ore in cui si accavallano notizie confuse e contraddittorie, l'angoscia e la preoccupazione aumentano, insieme all'amarezza e al rammarico per l'eirore commesso». Quale? «Non avere costretto Ocalan a rimanere in Italia anche contro il suo parere. Mi domando tuttavia se era possibile... forse non spettava a noi avvocati scegliere per lui. Tuttavia alla base di questo drammatico epilogo c'è un errore talmente madornale da sembrarmi incredibile». Luigi Saraceni - deputato, responsabile giustizia dei verdi, avvocato - è con Giuliano Pisapia il difensore italiano di Abdullah Ocalan, e dal giorno in cui se lo trovò davanti la prima volta, il 14 novembre '98 nell'ospedale di Palestrina, ha messo gran parte del suo tempo a disposizione della causa curda e del suo leader. Ora, a quasi un mese dalla cattura di Apo e mentre si teme per la sua vita, ricorda alcuni passaggi cruciali e inediti di una vicenda non ancora conclusa. A partire dalla decisione di lasciare Roma. «Dopo l'iniziale entusiasmo e il clima favorevole all'asilo politico racconta Saraceni -, vista la situazione di stallo è cominciata la discussione sul da farsi: rimanere o andarsene? Noi abbiamo spiegato ad Apo che dall'Italia nessuno l'avrebbe cacciato, ma c'era la concreta possibilità di subire un processo. Processo che peraltro, come gli disse pure Ingrao, poteva tra- sformarsi in una grande ribalta per la causa curda. Ma a questa eventualità Ocalan era restio. "Io - diceva - non posso presentarmi al mio popolo come un imputato sotto processo; sarebbe una perdita di autorità e il popolo curdo vedrebbe nell'Italia un Paese nemico". Altre volte, invece, sembrava propenso a rimanere». Il dibattito, nella villa dell'Infernetto, è andato avanti per settimane finché un giorno - quando la bilancia di Apo sembrava propendere verso la permanenza in Italia giunse da un Paese europeo una delegazione di curdi che lo convinse a partire: «Si può dire che la decisione, alla fine, l'hanno presa loro, mostrandosi addirittura sospettosi verso altri curdi residenti in Italia che non erano d'accordo. Noi eravamo dubbiosi, ma quando Apo ci comunicò che se ne sarebbe andato non abbiamo voluto insistere più di tanto. Certo, col senno di poi abbiamo sbagliato...». Presa la decisione di andarsene, c'era da stabilire dove. «Il governo italiano - dice Saraceni - aveva trovato una soluzione che però non voleva rivelare se non a poche ore dalla partenza, e Ocalan replicava: "Come faccio ad accettare una destinazione ignota?". Il governo giustificava il riserbo con motivi di sicurezza, e del resto nemmeno i curdi esplicitavano le loro opzioni. Purtroppo i curdi non si sono fidati dell'Italia, e la scelta di Mosca è stata fatta ancora una volta dagli esponenti venuti dall'estero; dicevano che le condizioni che a novembre avevano costretto Ocalan a lasciare la Russia erano cambiate, e dunque poteva tornarci. Ma noi che ne sapevamo della reale situazione che c'era a Mosca?». Il viaggio con l'aereo della Snam andò nel migliore dei modi, e per un paio di settimane sembrava che tutto filasse liscio. Ma all'inzio di febbraio scattò il nuovo allarme: «I curdi ripresero a chiamarci, "il presidente è in pericolo". Fu per questo che Ocalan approdò ad Atene, ma i greci non lo volevano». Per alcune ore sembrò che l'Olanda fosse disposta ad accoglierlo: «E' vero, e il piano prevedeva che ci fosse un nuovo scalo a Mosca, dove sulla pista doveva trovare un altro aereo che l'avrebbe portato in Olanda. Apo andò, aspettò un'intera notte, ma non si vide nessun aereo. Dovette tornare ad Atene». Da lì il giorno dopo ripartì per Nairobi, senza che gli avvocati italiani ne sapessero niente. «L'8 febbraio - continua Saraceni - fui convocato in un Paese europeo dove incontrai altri curdi, che volevano mi recassi subito da Ocalan. Per una serie di impegni parlamentari non potei partire subito, ma dopo tre giorni andò Giuliano Pisapia. Si recò a Bruxelles, e lì gli dissero che sarebbe partito per il Kenya; arrivò col cappotto nel caldo di Nairobi, e dovette comprare dei vestiti estivi». L'incontro con Apo nella residenza dell'ambasciatore greco in Kenya è noto; non si sapeva, invece, che mentre Pisapia era a Nairobi Saraceni fu in grado di comunicargli la destinazione individuata un mese prima dall'Italia. «Lo feci per telefono - racconta ora -, usando un linguaggio cifrato che avevamo concordato alla sua partenza. Appena lui è rientrato a Roma con la consapevolezza che in Kenya non si poteva più rimanere, decidemmo di attivarci per far ali¬ dare Apo in quel Paese. Ma la sera stessa è arrivata la notizia della cattura». Adesso Ocalan e nella prigione turca di Imrali. mentre Saraceni e i suoi colleglli continuano la battaglia legale per la concessione dell'asilo politico: «Andiamo avanti, perche ci crediamo e se vincessimo sarebbe una garanzia in più per la vita di Apo, ma c'è un forte senso di frustrazione, L'Italia e soprattutto l'Europa non sono stati in grado di affrontare e risolvere questo problema. l,a vicenda di Ocalan dimostra che l'Europa è un'entità economica e monetaria, ma non certo politica». Giovanni Bianconi Lj ANKARA HO incontrato. Sta meglio. Abbiamo parlato a lungo». Con queste poche parole, per telefono, l'avvocato di Ocalan Ahmed Zeki Okcuoglu ha rassicurato la moglie del leader del Pkk ed ha dissolto la nebbia di indiscrezioni circolate in questi giorni, compresa la notizia della morte che era stata lanciata ieri mattina da una radio privata greca. Ahmet Zeki Okcuoglu, uno dei due avvocati ufficialmente incaricati della difesa del leader del Pkk Abdullah Ocalan, ha finalmente potuto incontrare ieri il suo assistito nell'isola-prigione di Imrali. «L'ho trovato in condizioni fisiche e psichiche molto migliori del¬ l'ultima volta che lo vidi - ha detto il legale -. Non ha alcun problema di salute». Il colloquio tra Ocalan e il suo avvocato è durato circa un'ora e mezza. «Gli ho chiesto se avesse qualche problema di salute: mi ha risposto "no"», ha raccontato Okcuoglu, aggiungendo: «Inotre l'ho trovato anche in una condizione psicologica molto buona. Mi ha detto che le sue condizioni di vita nel carcere ora sono migliorate». «Naturalmente - ha tenuto a precisare il legale - ci sono ancora cose che lasciano a molto desiderare sulle condizioni in cui siamo costretti a organizzare la difesa. Chiederemo pertanto che ci siano assicurate condizioni migliori». [Ansa] Il deputato verde «Furono dei curdi a convincerlo a lasciare Roma» li leader del Pkk curdo Abdullah Ocalan subito dopo la cattura