Oskar, l'ex Cancelliere ombra

Oskar, l'ex Cancelliere ombra Oskar, l'ex Cancelliere ombra Un «Napoleone» che ha sottovalutato Usuo capo, l'industria e la Bundesbank OBONN SKAK Lafontaine, «il Napoleone della Sarre»: quando la battuta cominciò a circolare nei circoli piii influenti della capitale tedesca, il futuro superministro e presidente dell'Spd era un politico provinciale in lista d'ascesa a Saarbruecken: come il futuro Cancelliere Gerhard Schroeder, impegnato nel frattempo nella scalata del partito e del governo regionale ad Hannover, Bassa Sassonia. «Napoleone», Lafontaine lo è rimasto a lungo: negli anni dell'apprendistato nelle retrovie dell'Spd, dei sodalizi con gli altri «nipotini di Willy Brand», delle battaglie che l'avrebbero affinalo e preparato al grande balzo. Nel periodo della vicepresidenza dell'Spd, quindi, cominciata nell'87. E durante la sfortunata corsa alla Cancelleria nel '90: quando la Germania appena riunificata e ancora ebbra d'emozioni patrie non sopportò le sue funebri orazioni contro un Paese «diventato all'improvviso doppio senza le energie per sopportarne il peso». E, fiduciosa, premiò l'ottimismo pantedesco di Helmut Kohl. Il golpe con il quale, al congresso socialdemocratico del '95, Lafontaine cacciò Rudolf Scharping dalla guida del partito che riservò per sè, lo consacrò nel ruolo di prepotente nato per essere potente: il provinciale al terzo matrimonio innamorato di doppiopetto pal¬ lidi e di camicie bianco-lilla, l'oratore capace di affascinare assemblei; sindacali o platee di funzionari e di elettori con una versatilità verbale senza eguali, a Bonn, aveva confermato di essere l'uomo forte di un'opposizione debole e maldestra alla ricerca di una guida insolente ma «imperiale», per uscire dall'impasse nella quale un Cancelliere di visioni e di mestieri! come Helmut Kohl l'aveva precipitata. Soltanto dopo la vittoria elettorale di settembre, ottenuta grazie a una mediatica e apparente sinergia con il candidato Schroeder, si cominciò a dimenticare «Napoleone Lafontaine». Prendendo possesso del ministero delle Finanze riadattato a superdicastero con ampie competenze economiche e sull'Europa - il «Napoleone della Sarre» ha ceduto il posto al «Piccolo Keynes»: teorico di una politica della domanda volta a stimolare occupazione e crescita. Ma in linea di collisione col monetarismo della Bundesbank e della Banca centrale europea impegnate nella difesa di marco ed Euro. In conflitto con le imprese, accusate di non reinvestire in lavoro i capitali accumulati. E condannato allo scontro con il pragmatismo economico del Cancelliere che - per sei mesi e fino a ieri - Lafontaine si è illuso di poter considerare una propria creatura, il docile e compiacente traduttore in tedesco manie¬ rato di un progetto impossibile da condividere con un politico favorevole alla prova, ma insofferente per ideologie e teorie. Sono rimaste celebri, in Germania, le battute fra il Presidente e il Candidato, nei mesi di una campagna elettorale cadenzata dallo scambio sorridente di sussurri e abbracci secondo un ritmo poi amplificato, subito dopo la vittoria. «Senza Oskar non sarei Schroeder», «E' grazie a Gerhard che sono Lafontaine». Fino al giorno in cui, senza sorridere ma mostrando i denti come è uso fare nei momenti di tortissima tensione, Schroeder ha risposto a chi gli chiedeva se si sentiva imbarazzato e infastidito dalla convivenza con un «Cancelliere-ombra»: «Se ci sono ombre in giro non le vedo, ma il Cancelliere lo vedo e cercate di vederlo anche voi: il Cancelliere sono io». Da quel momento, «Napoleone» e «Piccolo Keynes» hanno cominciato ad apparire soprannomi inadeguati e logori. Da quel momento, il Superministro che aveva sopravvalutato il proprio istinto è sembrato accorgersi di essere in ritardo: sempre più spesso, dietro gli attacchi alla Bundesbank e alla Banca europea si avvertiva il fiato corto. E' stato quel mattino di dicembre che molti, a Bonn, hanno fatto caso al doppiopetto: troppo stretto, troppo gualcito, senza lo stile di un abito di Kiton. [e. n, j

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