« Gli 007 controlleranno i pentiti in cella» di Giovanni Bianconi

« Gli 007 controlleranno i pentiti in cella» Anche il pm Ingroia chiede una riforma: restano indispensabili, ma vanno disciplinati meglio « Gli 007 controlleranno i pentiti in cella» La ricetta Diliberto per evitare dichiarazioni concordate ROMA. Sono formalmente ancora sotto protezione Cosimo Cirfeta e Pino Chiofalo, i due pentiti arrestati noli'«operazione Dell'Utri». 11 che significa che - nonostante stessero in carcere anche prima dell'altro ieri - continuano a percepire lo stipendio dallo Stato, e i loro parenti sono inseriti nello speciale programma che prevede, fra l'altro, nuove identità, assistenza sanitaria e altre (orme di aiuto. Probabilmente di qui a poco non lo saranno più, proprio a causa del nuovo online di carcerazione, ma il problema resta: da qualunque lato la si voglia leggere sia che Dell'Utri sia uno degli ispiratori delle calunnie ordite dai pentiti, come sostiene l'accusa, sia che inveci! ne sia rimasto vittima mentre svolgeva sue legittime indagini, come dice la difesa - la richiesta d'arresto per il deputato di Forza Italia ripropone la questione dei «collaboratori di giustizia» che della giustizia si prendono gioco, ordendo falsi! dichiarazioni e addirittura mercanteggiando le loro deposizioni. Sempre più spesso ci si imbatte in pentiti che occupano le cronache giudiziarie non per le loro testimonianze rese nelle aule di tribunale ina per la scoperta di malefatte commesse fuori, durante il «tempo libero». I numeri, però, dicono che la situazione non e più grave che altrove. Tra i collaboratori e i loro familiari sono attualmente sottoposto al programma di protezione circa 6500 persone; pentiti o testimoni occasionali di delitti suini 1100, per il resto si tratta di parenti che vanno protetti perche vivono insieme a loro o por evitare vendette trasversali. In questo piccolo esercito, ad aver commesso reati dopo la firma del «contratto» con lo Stato e il 4,5 per cento, all'incirca 300 persone. Quasi sempre si tratta di piccoli reati, quelli eclatanti non vanno oltre gli episodi già noti; si va dai furti al supermercato alla guida di macchine rubate, o al piccolo spaccio di droga. Negli Stati Uniti, dovi! gli ordini di grandezza sono abbastanza simili, i collaboratori sorpresi con le mani nel sacco sono molti di più, tra il IH e il 20 per cento. Ma di fronti! a pentiti che si mettono d'accordo per calunniarne altri, e che in ogni caso hanno l'obiettivo (! la possibilità di far combaciare ad arte le loro dichiarazioni, non ci si può consolare coi numeri. Chiofalo e Cirfeta avrebbero ordito la loro trama in carcere, e paradossalmente Oggi sembra essere proprio la galera il luogo di incon Irò più agevole tra pentiti, compresi quelli chi; vogliono costruire accuso false a tavolino. I collabo rat ori detenuti sono circa 240, praticamente un quarto di quell'esercito che se solo si va guardare chi c'è dentro - assomiglia più a una giungla. 11 problema di come custodire questa particolare categoria di carcerali e all'ordine del giorno, per evitare che si tomi a situazioni confusi! come quelle vissute, per esempio, a l'aliano ai tempi del terrorismo. Il ministro della Giustizia Diliborto lo sa, e quando ha crealo l'Ugap (una sorta di servizio segreto intemo ai penitenziari, che ha scatenato non poche polemiche col Guardasigilli e tra gli operatori carcerari) ha pensato anche a questa questione. Nel decreto istitutivo è scritto che tra i compiti dell'Officio c'è quello di collaborare con il Servizio centrale di protezione dei pentiti, e Diliberto ha spiegato: «La nuova struttura sarà in grado di prevenire o risol- vere anche i problemi dei collaboratori che possono concordare le dichiarazioni tra loro». A dirigere la struttura, tra l'altro, dovrebbe andare il generale Enrico Ragosa che in passato ha lavorato a lungo nella «gestione» dei pentiti. Degli altri collaboratori di giustizia, circa 230 sono agli arresti domiciliari, controllati una volta al giorno (o al massimo ogni due) da uomini del Servizio di protezio¬ ne; i rimanenti sono liberi. Nei loro «contratti» c'è scritto che non devono incontrarsi con pregiudicati, ma verificarne le mosse quotidiane è praticamente impossibile. Anche perché il Servizio deve occuparsi di tante altre cose, come l'organizzazione di 17.000 «impegni giudiziari» di queste persone ogni anno. Al Senato giace ormai da due anni (bloccato dal febbraio 1997) un disegno di legge dell'adora ministro della Giustizia Flick per razionalizzare il pentitismo italiano, cresciuto a dismisura rispetto al 1991-92, quando fu varata la legge attuale. Dentro ci sono contromisure per selezionare meglio i collaboratori e tarare le misure di protezione rispetto alle singole e reali esigenze. «I pentiti rimangono uno strumento indispensabile per fronteg¬ giare il fenomeno mafioso - spiega U pm palermitano Antonio Ingroia, uno di quelli che ha firmato la richiesta d'arresto per Dell'Utri -, ma il problema è come padroneggiare il fenomeno. La legge del '91 serviva ad incrementare il pentitismo, oggi c'è bisogno di una riforma per disciplinare il sistema. Io non dubito che pentiti come Chiofalo e Cirfeta quando entrarono nel programma aveva¬ no dato un elevato contributo alle indagini di certe procure, ma i collaboratori sono soggetti che vanno controllati anche dopo. C'è un problema di strutture, e la riforma Flick andava nella direzione giusta». Ma nei palazzi della politica la discussione su quel disegno di legge non va né avanti, né indietro. Da ventiquattro mesi. Giovanni Bianconi

Luoghi citati: Roma, Stati Uniti