Un «election day» anche in Italia. A cosa servono gli alpini di Antonella Rampino

Un «election day» anche in Italia. A cosa servono gli alpini LETTERE AL GIORNALE Un «election day» anche in Italia. A cosa servono gli alpini Ogni anno un giorno dedicato alle votazioni Sono sorpreso dalli; lamentele a proposito del cosiddetto ingorgo elettorale che affliggerebbe il fatidico 1999, Nulla del genere, l'orse, in altri Paesi? Degli Stati Uniti ho esperienza diretta: nel calendario di ciascun anno è fissato un giorno, sempre lo stesso (il primo martedì di novembre, chiamato Election Ikiy) per tutte le elezioni e tutti i referendum da tenersi in quell'anno; in pratica, ogni anno c'è qualche elezione, c'è qualche referendum, a livello nazionale e/o locali;. Cosi la pianificazione delle operazioni elettorali e molto semplificata, la relativa struttura amministrativa è sempre a disposizione, la ricerca dei candidali e le campagne elettorali non provocano affanni. Nel nostro caso: il successore di Scalfari) sarebbe già stato eletto tre mesi fa, pronto a subentrare nella Presidenza alla cessazione del Presidente in carica; analogamente per i successori dei Sindaci a scadenza quest'anno, o cosi pure per lo altre cariche elettive; il referendum Segni-Di Pietro, invece, essendo stato autorizzalo dopo ['Election Day del 1998, dovrebbe esser tenuto mll'Election Day del 1999. Si può obiettare che la compresenza di un Presidente Eletto (o di un Sindaco, ecc.) e del Presidente uscente è imbarazzante e può delegittimare quest'ultimo: non è così! In una Monarchia stabile, come è stabile la nostra Repubblica, il Sovrano Regnante certo non e delegittimato dalla compresenza di un Principe Ereditario (anche se notoriamente di idee poliiche diverse)! Fernando Bertolini Torre Maina, Modena Le penne nere sono fiere di servire il Paese Il 16 febbraio su La Stampa il sig. D.C. (conosco solo le sue iniziali) ha asserito di essere inorridito quando lesse che gli alpini protestarono energicamente contro l'abolizione della leva obbligatoria. Sono un ex artigliere di montagna, classe 1941, fiero di esserne stato e di essere socio dell'Alia dal 1963. (Ionie cittadino ho pagato il mio debito verso la patria. Lei dice, caro sig. 1). C. che l'orse neppure Dio sa a cosa servivano o a cosa siano serviti gli alpini. Ebbene elenco qualche cosa a cui siamo sei-viti. Disastro del Vajont 1963, alluvione Trentino Alto Adige 1966, terremoto del Friuli 1976, alluvione Valtellina 1987, alluvione Val Padana 1994. Noi siamo inorriditi solo davanti a tanto macello (gergo alpino) ma abbiamo reagito donando aiuto e aiuole: «vi chiamò il dovere, trovaste l'orrore vi sostenne l'amore». Questa la nostra riconoscenza nazionale e speriamo di servire in futuro contro ogni gravità Mio figlio è da un mese nel corpo degli alpini anelli; lui fiero di farne parte. Natale Pina, Domodossola Il mondo cattolico non è monolitico Come cristiano vivo con particolare disagio il l'atto che, a riguardo di tematiche politicamente spinosi; e delicate come scuola e bioetica, la grande stampa presenti il mondo cattolico come un blocco monolitico e; uniforme, implacabilmente dominato dalla gerarchia ecclesiastica. Desidero quindi ribadire nella maniera più categorica che l'essenza del Cristianesimo non consiste in alcun modo nell'obbedienza cieca e servile ad un papa o ad un vescovo, ma nello sforzo generoso di vivere in coscienza e responsabilità l'Evangelo, con la consapevolezza dei propri limiti ma anche con la fede nel Dio-uomo affidabile. La questione fondamentale sta dunque in questa relazione particolarissima, che pure - nù rendo conto - è di difficile comprensione per un laico, soprattutto nell'attuale grigiore della chiesa wojtylana, proiettata quasi esclusivamente nel rafforzamento di obsolete strutture di potere temporale viste come unica garanzia di un ordine di cose fissato ab aeterno (ma tale ordine di cose non è deducibile dal Nuovo Testamento ed è il prodotto di una teologia storicamente situa- ta) per poter meglio controllare masse di fedeli ignoranti e ben poco interessata ad ima pastorale che favorisca la diffusione della Scrittura e rispetti l'autonomia della coscienza del credente. Mi chiedo allora se però non sia più saggio che i media provino a giudicare le prese di posizione della gerarchia ecclesiastica e dei deputati che si dicono cattolici - e che per ora non brillano per autonomia mtellettuale e cultura teologica - sulla base delle pretese del Nuovo Testamento. Si tratterebbe di un notevole guadagno culturale, in primis per Te attuali gerarchie ecclesiastiche. Alessandro Giordanetto Borgo S. Dalmazzo (Cn) Il bombardamento di Zara Vorrei aggiungere qualche considerazione a quelle del signor Luxardo sulla Stampa del 28 febbraio circa la città di Zara. E' vero che la distruzione della città italiana della costa dalmata ove era concentrata una altissima percentuale di Dal¬ mati italiani autoctoni fu voluta da Tito allora capo partigiano comunista. Quello che pochi sanno è che non potendo Tito comumeare direttamente con gli Alleati si servì della radio degli italiani della «Garibaldi», formazione costituita dopo l'8 settembre da militari del Regio Esercito che avevano scelto di collaborare con i partigiani slavi. Lo stesso loro comandante, generale Ravnich, ha ammesso pubblicamente tale circostanza, precisando però che il «fonogramma partì con una aggiunta in codice che annullava la richiesta di bombardamento» [Storia n. 274, 1980). Resta da valutare a questo punto se l'autorità del Ravnich in quel tempo presso gli Alleati fosse tale da bloccare le richieste di Tito. Sta di fatto che, aggiunta o non aggiunta, le fortezze volanti americane si presentarono puntuali sul cielo di Zara e con 54 successive incursioni ridussero la perla italiana dell'altra sponda dell'Adriatico in una piccola Dresda in cui trovarono morte migliaia e migliaia di cittadini italiani. Ciò detto è ora che alla città martire di Zara sia concessa la medaglia d'oro al valor militare Antonio Raucci, Ivrea Cosa dice il Corano sull'amore per gli ebrei Nell'intervista di André Nathan Chouraqui di Fiamma Nirenstein pubblicata il 16 febbraio con il titolo: «Gerusalemme capitale comune. Gli arabi sono pronti da tempo per la pace» è commovente l'amore che trabocca dalle parole dell'intellettuale ebreo ottantaduenne, premiato dalla Fondazione Agnelli. Ma quando ho letto la frase «Il Corano, per esempio, è pieno di parole di amore e di ammirazione per gli ebrei...», ho pensato: «ecco un altro manipolatore del Corano!». Non sono un esperto, ma il Corano l'ho letto, come ho letto qualcosa su Maometto e sull'Islam. «L'atteggiamento iniziale del Profeta dell'Islam verso gli Ebrei era frutto delle ingenue credenze che egli aveva sviluppato nel paesetto na¬ tale, ove non esistevano organizzate comunità di Ebrei e di Cristiani...». Sono parole di Sergio Noia tratte dal libro Maometto profeta dell'Islam. Gli Ebrei di Medina non accettarono Maometto come profeta, anzi lo tormentarono con discussioni, beffe e sarcasmi. Alla fine due tribù di Ebrei furono cacciate da Medina. La terza, quella dei Banu Quraiza, fu combattuta e vinta. Tutti gli uomini validi, seicento, furono passati per le armi senza pietà, le donne ed i bambini furono venduti come schiavi. Contro gli Ebrei sul Corano (Parola di Aliali) si può leggere: Sura II, versetti 111 - 113 e 137; III, 70 77 e 187; V, 51 e 64 e 82 «Troverai che i nemici più feroci dei credenti saranno i giudei e i miscredenti»; LXII, 5 - 8 ed altri. Tutti versetti che hanno abrogato quantomeno «l'amore» che poteva emanare da versetti precedenti. Certo dal Cora, no si può estrapolare solo quello che serve per dimostrare proprie tesi, però penso che non si riuscirà mai a convincere tutti i musulmani, non dico ad amare, ma anche solo a non odiare gli Ebrei, non esistendo un'unica persona od un unico «Ente» che possa assumere impegni per tutto l'Islam. Giuseppe Pavese, Torino Una dichiarazione dell'on. Izzo Per una svista, la dichiarazione dell'onorevole Francesca Izzo, portavoce delle donne del partito dei Democratici di sinistra, è stata attribuita all'onorevole Anna Serafini. Me ne scuso con le interessate e con i lettori. Antonella Rampino