«Non sono io l' assassino di Maria Pia»

«Non sono io l' assassino di Maria Pia» Gravina: il giovane racconta di una storia di droga e chiede di parlare con i pm dell'antimafia, poi tace «Non sono io l' assassino di Maria Pia» L'ex fidanzato ritratta, ma il gip convalida il fermo GRAVINA DAL NOSTRO INVIATO Il nuovo capitolo del giallo sulla morte di Maria Pia Labianca si è aperto alle undici e trenta dietro le sbarre del vecchio carcere di Turi. Con l'ennesimo colpo di scena. «Non l'ho uccisa io, mi hanno incastrato, si tratta di un delitto di mala», ha detto Giovanni Pupillo, fermato sabato dopo un interrogatorio durato quasi ventiquattr'ore, davanti al giudice per le indagini preliminari. Il gip, però, non gir ha creduto. Tanto che, dopo sei ore di camera di consiglio, ha convalidato il fermo ed emesso un ordine di custodia cautelare per omicidio volontario, occultamento e vilipendio di cadavere. Per il giudice gli indizi di colpevolezza contro Giovanni, definito «un elemento dalla rilevantissima capacità criminale», prescindono «dalle ammissioni dell'indagato»; la confessione, inoltre, «appare attendibile e veritiera nel suo nucleo centrale». Il gip ricorda come il racconto peraltro molto particolareggiato di Giovanni abbia trovato numerosi riscontri. «Pupillo ha confessato di aver bruciato nel casolare gli abiti e gli effetti personali di Maria Pia», spiega ancora Vaccaro, e rivela che fra le ceneri è stato effettivamente trovato «un portachiavi con due chiavi risultate appartenenti alla vittima». L'ex fidanzato di Maria Pia dimostra «un cinismo impressionante» nell'andare «a trovare i familiari della vittima e partecipare ai funerali». Ha agito con «freddezza, lucidità e calcolo. Non si è fatto scrupolo di servirsi del fratello minorenne» per nascondere il corpo senza vita della studentessa. Poi c'è il capitolo dedicato ai tabulati telefonici, da cui risulta che Giovanni Pupillo ha chiamato Maria Pia pochi minuti prima dell'ultimo appuntamento. Non basta. Il gip sottolinea anche il carattere collerico e la gelosia di Giovanni Pupillo, che tempo fa fratturò il braccio a un ragazzo solo perchè aveva guardato con insistenza Maria Pia Labianca; «Pupillo - scrive - non aveva mai accettato la fine della relazione sentimentale con la vittima». Ma perchè ora Giovanni ritratta? Non ha forse detto di aver soffocato e poi accoltellato la studentessa che non voleva più saperne di lui, e durante una lite gli aveva dato del pazzo e del fallito? E il fratellino tredicenne? Non è vero che l'ha aiutato a fare sparire il cadavere ritrovato dopo tre giorni in un casolare abbandonato? «E' stata una confessione forzata, dopo tante ore di interrogatorio senza avvocato - spiega Pupillo -. E poi, quella notte nella caserma dei carabinieri, quando ho visto i miei familiari, ho pensato che una mia confessione li avrebbe liberati dalla sofferenza che stavano provando». A queste parole il giudice per le indagini preliminari, Ludovico Vac- caro, ha fissato in silenzio Giovanni che si è rifiutato di rispondere ad altre domande, ed è tornato a Bari. Poi, in serata, la decisione di convalidare il fermo e notificare a Pupillo l'ordine di custodia cautelare. Inutilmente i difensori del giovane, che soffre di gravi disturbi mentali, avevano chiesto gli arresti domiciliari in una clinica per malattie nervose. Ma le sorprese e i colpi di scena in questa storia che l'avvocato dei parenti della vittima definisce «un brutto film» non finiscono qui. La trama prosegue con il protagonista, Pupillo, che chiede nel pomeriggio di incontrare «un altro magistrato» a cui vuole parlare del delitto di Maria Pia e di intrecci inquietanti fra la morte della studentessa, la malavita che infesta i paesi delle Murge e un traffico internazionale di droga. E poco prima delle tre piombano nel carcere di Turi due magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Bari, Giovanni Giorgio e Giovanni Colangelo. Ma anche questa volta il presunto assassino di Maria Pia spiazza i suoi interlocutori. Sentiamo il pm Giorgio: «La legge ci imponeva di verbalizzare le dichiarazioni del detenuto. Quando glielo abbiamo detto, lui si è rifiutato di parlare. A questo punto il discorso per noi si è chiuso». In realtà Pupillo qualcosa l'avrebbe riferita. «La storia della droga l'ho inventata ha spiegato -. Volevo che altri magistrati intervenissero per indagare anche in direzioni diverse». Quali? Davanti alla prospettiva di una deposizione con tutti i crismi della legalità, il detenuto ha fatto una rapida marcia indietro optando per un enigmatico silenzio. Che cosa nascondono le sue sortite? La volontà di coprire la complicità di altri familiari nella fase successiva all'omicidio, quando il corpo è stato portato in un luogo sicuro e poi fatto trovare nel casolare diroccato? Si tratta dell'ennesimo tentativo di depistaggio messo a segno da un assassino che ormai, dopo la confessione, non ha più nulla da perdere? Oppure c'è qualcosa di vero in un possibile coinvolgimento nell'omicidio di Maria Pia di ambienti vicino alla malavita? Da giorni, a Gravina, fra le tante voci incontrollate che si sono diffuso dopo la scoperta del corpo senza vita della studentessa, ce ne tuia, improbabile oltre che infamante, che in qualche modo conferma questa ipotesi. Ed ecco che spimta un albergo, il luogo d'incontro fra la ragazza e un uomo ancora senza nomo, forse il padre del bambino che Maria Pia aspettava: un'amicizia pericolosa, che la ragazza avrebbe pagato con la morte. Ma che c'entra tutto questo con Giovanni Pupillo? L'incertezza di mille domande senza risposte e le tante ombre che ancora oscurano l'indagine sull'omicidio di Maria Pia Labianca, si sovrappongono ai pochi punti fermi raggiunti dagli investigatori. Fulvio Milone «La confessione di sabato è stata forzata dopo ore di interrogatorio senza avvocato. E poi volevo liberare i miei familiari dalla sofferenza che stavano provando» A lato Giovanni Pupillo ai funerali dell'ex fidanzata che aveva confessato di aver ucciso A sinistra Maria Pia Labianca la studentessa trovata morta in un casolare abbandonato due settimane fa

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