Nella foresta secolare delle immagini si addentra lo sguardo critico di Debray

Nella foresta secolare delle immagini si addentra lo sguardo critico di Debray UN LIBRO AL OIORMO_ Nella foresta secolare delle immagini si addentra lo sguardo critico di Debray UN imperatore cinese domando un giorno al primo pittore della sua corte di cancellare la cascata che questi aveva dipinto a fresco sul muro del palazzo, perché il rumore dell'acqua gli impediva di dormire». Questo aneddoto gustoso e rivelatore della potenza dell'immagine apre un libro per molti versi affascinante, dedicato proprio all'immagine, o meglio alla sua vita e alla sua morte nel mondo occidentale. Come recita il sottotitolo, l'ampia trattazione di Régis Debray vuole essere «una storia dello sguardo in Occidente», e come tale ripercorre la nascita e lo sviluppo di quella che possiamo chiamare la » visione» in tutte le sue (orme e modalità, dall'antichità classica alla società contemporanea dominata dal cinema, dalla televisione, dalla pubblicità e dalle immagini computerizzate e digitali. li' una storia che passa, con grande disinvoltura, ma anche con sottile acume ermeneutico, dai graffiti di Altamira ai sepolcri cristiani, dagli affreschi del Medioevo alla grande pittura rinascimentale, dall'invenzione della prospettiva a quella della fotografia e del cinema, sino alla rivoluzione della televisione che, per Debray, ha dato origine a una nuova sensibilità visiva, anzi a un nuovo modo di vedere il reale e di appropriarsene, cioè a quella che egli chiama la «videosfera». Di qui l'interesse e l'attualità degli ultimi capitoli del libro, che entrano nel vivo della nostra vita quotidiana, della nostra esperienza audiovisiva, con utili e stimolanti osservazioni sul cinema e sulla televisione e sulle loro differenze costitutive. Ma il percorso che ci conduce da Altamira all'immagine digitale non si appiattisce su quest'ulti¬ Régis Vita e mortetrad AndEditore paginLire 3 ma, anzi. E' un percorso che di continuo - per la ricchezza dei confronti e gli stimoli offerti dalle osservazioni e dai commenti - si apre su prospettive a volte nuove, altre volte suggestive e degne di ulteriori approfondimenti. Come se Debray - che si professa mediologo e da anni si occupa di questi problemi - volesse introdurci in un universo iconico di cui ci fornisce una mappa dettagliala. Ed e con questa mappa che il lettore si inoltra in una vera e propria foresta di segni, di icone, di simboli, di forme, che hanno costituito per secoli, e ancora oggi costituiscono il tessuto connettivo delle nostre sensazioni visive, del nostro universo immaginario. Perche gine, che come ci l'autore morte, cessita ebray dell'immagine ea Pmotti Castoro 317 4 000 l'immanasce, ricorda dalla dalla nedell'uomo di combatterla con il ricordo tangibile, visibile, di colui che e morto, si è andata affrancando, nel corso dei secoli, dalla sua funzione religiosa, rituale, per assumerne una autonoma, dando vita all'arte e ai suoi sviluppi. Ma non l'arte e la sua storia ci vuole narrare Debray, quanto lo sguardo, cioè l'atto del vedere, al di fuor, di ogni confine estetico, artistico. Ed e lo sguardo dell'uomo occidentale, dallo stupore dell'uomo primitivo di fronte ai fenomeni naturali all'indifferenza di quello contemporaneo di fronte all'immagine digitale, a dar vita a un percorso di «visualizzazione» del reale che gli oggetti della rappiesentazione, dai graffiti antichi rila fotografia ottocentesca alla televisione del Duemila, hanno contribuito a tracciare. Un percorso che questo libro, pur cai qualche approssimazione e qualche ridondanza eccessiva, ci invita intelligentemente a percorrere. Gianni dondolino Régis Debray Vita e morte dell'immagine trad Andrea Pmotti Editore II Castoro pagine 317 Lire 34 000

Persone citate: Altamira, Debray, Debray Vita