«Volevamo giustizia, non vendetta»

«Volevamo giustizia, non vendetta» LA RABBIA DI CAVALESE «Volevamo giustizia, non vendetta» «Quei piloti erano spericolati, ora sono impuniti» CAVALESE (Trento) HAI NOSTRO INVIATO Nemmeno don Bonzo, nella chiusetta in centro a Cavalcso, se la '.ente di parlare di perdo no A parte quella della giustizia americana non c'è assoluzione possibile pur il capitano Richard Ashby, per la corte marziale di Camp l.ejeune, per i inarines e i loro Prowler, i pre datori della strage del Cermis. ■Hanno fatto come Ponzio Pila111, .'• ie- '.uno lavati le mani...», due con la voce bassa don Ben zìi "Si vede che per loro la Innivia die eia li da trenta anni, era troppo alta», aggiunge con un mezzo sorriso mentre guarda alla montagna dove c'è la neh Ina Come quel giorni », ci une 11'i febbraio del capitano Ashby "Da quel giorno io non dormo ■.e non con gli psicofarmaci E atluSSO e (olile se mi avessero detto che non e successo niente. Ma e la giustizia americana 0 quella del Burundi.''», chiede Manno Costa, lino a quel pi) meriggio di febbraio manovra lori- della Cabina I, quella ri inasta appesa nel vuoto pelli ni uà, con lui dentro, ad aspet lare l'arrivo dell'elicottero. «Non ho visto l'aereo, ho solo 'leni ito un boato. I- ho pensato: adesso viene giù tutto E invece sono qua», si tormenta le mani pensando all'altra cabina, quel la rasoiata dalla coda del Prowler, quella con l'altro manovratore, il aio amico Marcello Vanzo e diciannove turisti, italiani, tedeschi, belgi, polacchi. Colpevoli solo di essere 11, sulla traiettoria di un aereo militare che andava a settecento all'ora, por gioco a meno di ceti tii mei l'i da Ierra. «Facevano sempre cosi, migliaia di volte. Dicono che su quell'aereo c'era l'altimetro rollo Ma cosa vuol dire? Se ani mazzo un pilota americano, in vestendolo in auto perche ho il contachilometri rotto, che l'anno? Mi assolvono?», chiede senza ironia, seguendo l'impossibile ragionamento di una giustizia militare che non ha nemmeno bisogno di spiegare perche sia arrivata a quell'assoluzione. «Non voglio dire niente», tira su la lampo della giacca a vento, il macchinista a terra della nuova cabinovia del Cermis. Quella inaugurata il 23 gennaio, con i piloni bassi, a meno di quindici metri dalla novo, duella che fa una curva grande cosi, per passare a un chilometro dalla lapide che ricorda venti morti e un'ingiustizia. «Non voglio dire niente, perche non voglio pensare più a quo! gior no», cerca di rimuovere lutto il manovratore del l'impianto, mentre smista i turisti con gli sei, le facce abbronzate e 1 sorrisi. Le stesse facce e gli slessi sorrisi che dovevano avere quegli altri venti turisti, prima del boato, della lune che si spozza, del salili di cento metri. «Siamo andati avanti un mese a raccogliere pezzi di terrò e di chissà cos'altro. Un mese che non si può dimenticare, anche se adesso dicono che non e colpa di nessuno», racconta Claudio Felioetti, davanti alla consolle con i pulsanti rossi e blu che muovono le cubino, alla stazione intermedia di Doss Larosi. Dove partono lo vecchie funivie gialle, quelle che fanno l'ultimo tratto fino alla cima del Cermis. Dove tornano i ricordi o la paura, (piando c'è un po' di vento come Oggi, la nebbia che non la vedere niente e quel mezzo secondo in cui la cabina saltella, quando passa un pilone. Non no sono passati più di aerei, da quel martedì di febbraio. Nessun top gnu so l'o sentita di violare i nuovi accordi, quelli che obbligano i voli a non scendere sotto i quattromila metri. «Ma tanto vanno in Val di Non, a faro lo loro prodezze. So non qui, por pudore, vanno altrove ad esercitarsi», denuncia il sindaco di Cavaloso Mauro Gilinozzi, il primo a scandalizzarsi por la sentenza di Camp Lejeuno, Ieri ha voluto convocare un consiglio comunale straordinario. C'orano anche i giornalisti americani e tedeschi. Il sindaco ha proposto di cercare una strada por una coito d'appello internazionale, ha chiesto di non lasciare soli i parenti dolio vittimo almeno nello pratiche di risarcimento, ha ottenuto che il consiglio votasse una richiesta di rivedere i trattati con la Na- to. «Ma cosa posso faro, io... Cosa possono faro gli abitanti di Cavillose...», dico con rabbia, con amarezza, con impotenza. Mentre gli altri consiglieri parlano di sconcerto, giustizia mancata. Di stigmatizzare un fatto che divide gli abitanti di un piccolo centro alla fine della provincia di Trento con la prima superpptenza mondiale. «Ho sentito tanto sdegno in Parlamento. Speriamo non siano solo parole», si attacca a quello che può, il sindaco. Al niente di quel colpo di spugna americano, non possono attaccarsi i famigliari di Marcello Vanzo. «Quell'assoluzione è troppo per noi...», non vuole nemmeno parlare lu signora Elena, la vedova del manovratore della cabina precipitata por cento metri. «Chiedevamo giustizia, volevamo risposte. Non ci hanno dato niente», dico con amarezza sua figlia Anna. E ancora una volta ripete che non ora la vendetta, quella elio volevano i famigliari delle vittime. Tocca alla politica e alla diplomazia, a D'Alema davanti a Clinton, trovare una soluzione por il caso Cermis. Ma nelle parole dei famigliari dello vittimo, della gente del Cermis, non ci sono no l'una né l'altra. «Lo sapevo che sarebbe finita così», ripeto Klaus Stampfl, che sulla funivia ha perso la madre Maria. «Quei piloti erano spericolati, adesso sono anche impuniti», teme il peggio Luis Werth di Bressanone, che nella strage ha perso la moglie. Alla vigilia della sentenza era stato l'unico, a parlare di perdono. Ma adesso, spiega meglio: «Non volevo la vendetta contro il capitano Ashby, non volevo che pagasse per tutti. Ma non volevo nemmeno che lo assolvessero, come se fosse successo niente». Fabio Potetti «Siamo andati avanti un mese a raccogliere pezzi di ferro Un mese che non si può dimenticare e cancellare Adesso ci dicono che non è colpa di nessuno» Convocato un Consiglio comunale straordinario «Abbiamo sentito tanto sdegno in Parlamento Speriamo che non siano soltanto parole» Un'immagine della strage del Cermis. Il tre febbraio dello scorso anno morirono venti persone

Luoghi citati: Bressanone, Burundi, Trento