Impazzire per un furgone di Gabriele Romagnoli
Impazzire per un furgone A MERICANI Impazzire per un furgone L* AMERICANO della settimana sarà J. D. Drew. A suo modo, un eroe. E un filosofo, alla fine, Tutti, negli States, lo scopriranno andando a vedere un acclamato film-documentario dal titolo «Hands on a hard body» (Le mani su qualcosa di solido). Racconta una gara all'apparenza semplice, in realtà epica. Un concessionario della piccola città di Longview. Texas, mette in palio un furgone. I partecipanti che lo vogliono vincere debbono fare una cosa da poco: metterci le mani sopra. E non staccarle più. Vince l'ultimo che rimane lì, aggrappato alla lamiera. Concorrono in 24: J. D. è il più vecchio, con i suoi capelli grigi e la pelle un po' flaccida. Contro di lui, ragazzi, ex soldati, donne giovani, altre ispirate dal Signore. E' una maratona micidiale nella sua apparente assenza di sforzi: una sosta di cinque minuti ogni oca per andare ai servizi e/o alimentarsi e poi, di nuovo, le mani su qualche cosa di solido, il furgone, che per chi abita a Longview, Texas, rappresenta una svolta nella vita, oltreché uno status symbol, blu, lucente e cromato. Uno dopo l'altro, i concorrenti cedono. Crollano tutti quelli che credono. Crolla il marine che credeva nella forza e nella patria (se ne va che sembra un reduce dal Vietnam). Crolla ii ragazzo che credeva in se stesso (via, barcollando). Crolla, per ultima, la donna che credeva nell'aiuto di Dio, ascoltava inni religiosi in cuffia e si agitava felice (la frega l'istinto di applaudire un gospel, levando le mani dal furgone). Resta, dopo 79 ore, solo J. D. Drew, corteccia d'uomo, campione degli agnostici e signore della semplicità. Non ha dogmi, utopie né alcuna presunzione sul proprio valore. Dice, semplicemente: «Se vuoi una cosa, devi metterci le mani sopra e tenerla stretta». Poi va via sul furgone. Gabriele Romagnoli
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