Confini

Confini Confini ARRIVATI a Superga c'è quello spiazzo in piano che da sempre allarga anche la percezione dei luoghi a chi ci giunge salendo in macchina o a piedi nell'ultimo tratto dopo la stazione di arrivo della dentiera. Anche se da fanciulli il piazzale appariva sterminato, e ora invece le sue dimensioni si riducono alla realtà, la sensazione di apertura rimane, sostanzialmente intatta. Così come, se non veramente il mistero, almeno il ricordo di un lontano mistero: il senso segreto di quella costruzione laggiù, con quei trabiccoli per i rimbalzi delle onde radio (forse), con quelle finestre chiuse (o socchiuse), quell'intonaco uniforme (bianco, forse). E immaginavamo allora suore nascoste e silenziose spostarsi nella penombra umida delle stanze, fresca di collina, odorosa di stantìo, suore doppiamente nascoste anche sotto gli abiti, senza fisionomia, senza volto e senza mani, e forse solamente un paio di cani al guinzaglio oltre il cancello, nel cortile di cemento che potevamo solo indovinare, sbattevano catene e molto sommessamente guaivano. Niente, in realtà, segnalava presenze monacali. Niente. Puro frutto della fantasia (forse). Più in basso, al bivio, un ac¬ cenno di paese, o borgo. Un accenno che non si sviluppa in nessuna direzione. Quando diamo una mano di smalto su una superficie piana e poi, dopo qualche ora, incautamente saggiamo con la punta del dito se la vernice sia asciugata, allora capita che solo la pellicina più superficiale sia asciutta e sotto rimanga il fluido: la pellicina allora scorre e si raggrinza intorno al dito, corrugandosi e rimanendo poi così rinsecchita nella posa definitiva. Così appare questa piega di collina che si alza verso Superga da un lato, scende verso Baldissero dall'altro - e qui sconfiniamo - e con uno scatto delle reni riprende anche di nuovo a salire e a rimanere di qua, verso la città, nella compassata bellezza della strada panoramica, che si colora di blu pervinca in certe ore, di verde smeraldo in certe altre, di argento persino sull'asfalto, in certi giorni. Per la tragedia bisognerebbe sempre riuscire a trovare le parole, ma proprio per questo ogni volta le parole tentano di fuggire, non vogliono dir niente (si rifiutano e tacciono, pro- Erio loro: le parole). Resta la asilica, chiusa in suo tempo intoccabile. C'è quella vista sulla città, e un silenzio senza quiete. Dietro la collina si apre la pianura infinita.

Luoghi citati: Baldissero