Una guerra a colpi di parcelle d'oro

Una guerra a colpi di parcelle d'oro Dopo il verdetto Consob sull'Opa i due avversari arruolano i migliori consulenti del mondo Una guerra a colpi di parcelle d'oro Milano diventa la Mecca di banche d'affari e avvocati MILANO. La «linea rossa» è rimasta accesa per ore, tra Milano e Roma. I commissari Consob, collegati via videoconferenza tra Milano e Roma hanno affrontato così, dai rispettivi quartieri generali, la decisione più importante nella storia della finanza italiana. Pochi minuti dopo il verdetto della Commissione altri team si sono messi in contatto tra Milano, Londra e New York. Per la squadra dei banchieri che assistono l'operazione Colaninno (Donaldson, Lufkin & Jenriette più Lehman Brothers, Chase Manhattan e Mediobanca), infatti, la posta in palio è più che d'oro: una sessantina di mUioni di dollari (circa 100 miliardi) di sole parcelle, se tutto andrà in porto; oppure un milione di dollari (meno di due miliardi) se l'impresa naufragherà alle prime battute. In mezzo, com'è ovvio, ci sono mille ipotesi, tutte più o meno ricche. Lo stesso vale per il fronte della difesa: J.P. Morgan, Lazard, Crédit Sirisse First Boston e Imi San Paolo. La loro vittoria, ovvero la sconfitta dei predatori, può valere qualche milione di dollari ma, suggeriscono in Borsa, per loro il vero affare è costringere l'Olivetti ad aumentare l'offerta di un 50%. In tal caso, infatti, la parcella sarebbe ben più salata... Potenza dell'Opa. All'improvviso Milano è diventata la Mecca di un'Europa povera di profitti e ricca di desideri. Non c'è banca d'affari che non guardi con interesse alla Borsa di casa nostra. Oltre ai campioni dei due contendenti, infatti, ci sono gli «advisor» del governo italiano (Morgan Stanley, guidata da Galeazzo Pecori Giraldi, e Rothschild, rappresentata da Alessandro Daffina ed Emanuele Marciano) che dovranno curare il collocamento del 3,5% in mano al Tesoro (circa 2 miliardi di dollari o 1,75 miliardi di euro). Oppure, da non dimenticare, ci sono le merchant banks che lavorano per conto di Mannesmann, ovvero Deutsche Bank e Merrill Lynch (un italiano anche qui, Andrea Pellegrini). A prima vista sembra un'invasione in piena regola. Ma la sensazione è sbagliata perché, spesso e volentieri, i «capitani di ventura» sono italiani che hanno fatto strada nel mondo del denaro. Per Colaninno operano, infatti, i veterani di Mediobanca (ma la regia della battaglia tocca a un trentenne o poco più, Matteo Arpe, già direttore centrale) e Francesco Micheli, il veterano delle scalate di Piazza Affari, affiancato da Alberto Gotti e Gianluca Di Nardo (in pratica tutto lo staff della Micheli Gotti & partners). Ma in campo c'è pure l'enfant prodige di Chase Manhattan, Federico Imbert, napoletano, chiamato a raccogliere alla City parte dei quattrini necessari a Colaninno. Eppoi, in Lehman Brothers, dove la scalata è stata pensata e montata pezzo a pezzo, l'italiano è di rigore: Ruggero Magnoni, grande amico di Carlo De Benedetti, è a capo del «corporate finance» per tutta Europa, mentre da Londra Vittorio Pignatti Morano guida il «Merger & Acquisition». Il «team» di Bernabè non è meno «tricolore»: accanto a Gerardo Braggiotti, responsabile italiano di Lazard (affiancato da Arnaldo Borghesi e Guido Roberto Vitale) spie- ca il Walter Gilbert di Merano, 50 anni, numero due al mondo di J.P. Morgan. E sotto Gubert opera Marco Morelli, già advisor, in Ubs, di Bernabè ai tempi della vendita di Nuovo Pignone. In Crédit Suisse First Boston l'interlocutore del numero uno di Telecom è Andrea Morante, ma da Londra operano due altri italiani di prestigio: Bernardo Attolico e Carlo Calabria, figlio di quel Fausto che fu presidente di Mediobanca. Ma il passaporto, per la verità, conta poco per la «multinazionale degli affari», analisti, finanzieri, ma anche avvocati, uomini d'immagine e «comunicatori d'impresa», che sa concentrare le sue attenzioni là dove ((porta il denaro». E tutte le piste, in questa stagione pur triste per deflazione e consumi stagnanti, portano a Milano, terra dell'Opa dove, per dirla con il «Wall Street Journal», «i banchieri atterrano su strade lastricate d'oro...». Merito dell'offerta Olivetti su Telecom, naturalmente. Ma in molti sperano che da quest'affare ne nascano altri. Sono in tanti a voler partecipare alla grande festa italiana. Le agen- zie di rating, Standard and Poors in testa, hanno tagliato il «rating» ai contendenti Telecom e Olivetti. Buona notizia, sussurrano i banchieri d'affari, vorrà dire che i megaprestiti per lo scalatore (ma anche le munizioni per la difesa) verranno offerte a un prezzo più caro... «Un paio d'anni fa - dice un banchiere della City - c'era una forte concorrenza al ribasso, al punto che Paesi emergenti hanno strappato condizioni solo di venti centesimi peggio delle istituzioni prima¬ rie. Oggi, non è più così: voghamo e dobbiamo guadagnare, con i rischi che si corrono. Nel breve periodo, poi, i clienti in Europa non mancano: Olivetti, il più importante, ma anche Vodafone, National Grid o Scottish Power». Ma non è solo questione di quattrini. Un'Opa del genere mobilita avvocati a legioni. Nessuno, a prima vista, sembra disoccupato. La squadra di Bernabè è formidabile: Piergaetano Marchetti (rappresentante del Tesoro in consiglio), Pier Giusto Jaeger e, soprattutto, il presidente Berardino Libonati. Ma Bernabè ha voluto anche giocare l'asso di quadri, il professor Guido Rossi affiancato da una squadra temibile di fiscalisti: Michele Carpinelli, Carlo Chiomenti e Michele Soldati dello studio Chiomenti e associati, che avevano già assistito Telecom nella privatizzazione. Colaninno replica con Carlo D'Urso, fratello dell'ex senatore e pupillo di Pietro Trimarchi, più il professor Piero Schlesinger e l'avvocato Leo Brock, braccio destro del presidente dell'Olivetti Antonio Tesone. Ma la squadra è capitanata senz'altro da Sergio Erede, grande esperto di acquisizioni, legale di Colaninno ma anche di Tanzi, Marzotto, Benetton e di Rupert Murdoch per le sue faccende italiane. A questo pool di cervelli, infine, Colaninno ha voluto aggiungere uno dei più quotati studi della capitale: Grimaldi Clifford Chance, mutile chiedere quanto costeranno armate del genere. I miliardi, facile prevederlo, scorreranno a fiumi... Lo stesso, ma in tono minore, vale per le pubbliche relazioni. Oltre alle squadre aziendali scendono in campo i consulenti per la business community anglosassone. Per Olivetti ci sono Citigate Dewe Rogerson e la Maitland Consultants. Cary Martin, di Citigate, è piombato a metà settimana, assieme alle migliaia di «buyers», pr e modelle che animano la settimana della moda. Per ora, non ha trovato posto in albergo e si è dovuto accontentare di una sistemazione di fortuna da amici. Ma non disperi. La battaglia andrà avanti per un bel po^ Ugo Bertone Sul ricco piatto Telecom si riversano i più grandi esperti della finanza ma a guidare questo esercito ci sono capitani nati in Italia Franco Bernabè amministratore delegato della Telecom ha messo in campo uno schieramento agguerrito di banche e consulenti