Frana l'accusa contro il «branco». Il procuratore: è vero, il supertestimone è solo d'intralcio

Frana l'accusa contro il «branco». Il procuratore: è vero, il supertestimone è solo d'intralcio Frana l'accusa contro il «branco». Il procuratore: è vero, il supertestimone è solo d'intralcio La morte di Mauro, si riapre il giallo Scarcerato uno dei nomadi Certo è che il gip invita a lavorare di più e meglio. E non fidarsi troppo di quel supertestimone Erik che è mezzo bruciato. «E' vero. E' di intralcio più che di aiuto alla giustizia», commenta il procuratore Izzo. Erik sicuramente ha partecipato all'omicidio di Mauro: ci sono le sue impronte digitali sui sacchi della spazzatura che coprivano il corpo, c'era sangue su una sua scarpa, è stato visto allontanarsi dal paese con il bambino in sella al motorino. Erik, poi, racconta storie differenti a ruota libera. Con l'ultima, il 17 febbraio, cambia di nuovo la dinamica: i due fratelli Bogdan sarebbero gli ideatori del piano, ma non gli esecutori materiali; i due minorenni facevano parte della «squadriglia» di Fardi, ma lui non li ha visti sulla scena del delitto. Capirete che è radicalmente diversa dalla deposizione di metà novembre, quando raccontò di un branco INTERVISTA IL GIUDICE GALLI CASSINO DAL NOSTRO INVIATO Il giudice per le indagini preliminari Francesco Galli non è un magistrato che parla volentieri. In questi mesi ha evitato sempre i riflettori. Ma la sua decisione di ieri è clamorosa. Riapre un giallo che sembrava, due mesi fa, del tutto chiuso. Galli lo ha scritto chiaramente nella sua ordinanza: per capire chi e perché ha ucciso il piccolo Mauro Iavarone servono altre indagini, una «intensa attività investigativa». Non suona come sconfessione alla procura solo perché l'ufficio della pubblica accusa l'ha capito per primo che quanto trovato finora non bastava e che bisognava andare oltre. Con la conseguenza che il supertestimone Erik non è più visto come una preziosa fonte di notizie, ma anzi come un depistatore che sta cercando di nascondere alla giustizia chissà che cosa. Dice di Erik il procuratore capo Gianfranco Izzo: «Non sono sorpreso dalle valutazioni del giudice per le indagini preliminari. Erik ha ostacolato l'inchiesta. Quando l'abbiamo capito, abbiamo cercato di indagare a prescindere dalle sue dichiarazioni. Perché lo faccia, però, non chiedetemelo. Perché il motivo è misterioso anche per me». Visto insomma che nell'ultimo interrogatorio, messo alle strette dai pm e persino dai suoi avvocati, Erik ha cambiato versione un'ennesima volta, la sua parola vale davvero Catania, aveva organizzato che si avviava verso il boschetto della morte, parte in motorino, parte in macchina, con Mauro che salutava dal finestrino convinto di andare incontro a una piccola avventura e invece era la morte. E non c'entra più neppure il sesso o la droga. Il movente è adesso del tutto misterioso. Ma se i due minori non c'erano e i fratelli Bogdan non sono scesi dalla macchina, chi ha materialmente ammazzato Mauro? «Altre persone mandate da Fardi». Risposta francamente sconcertante. Si capisce dunque perché da due settimane la procura non vuole più utilizzare le dichiarazioni di Erik e perché gli avvocati difensori del peruviano sono imbufaliti. La madre del bimbo ucciso, Rosa Forimi, intanto, vede complicarsi la situazione e si dispera: «Io sono qui che attendo giustizia». Francesco Grignetti •IL PUNTO • • Mauro, 11 anni, scompare mercoledì 18 novembre 1998. Per tre giorni i carabinieri lo cercano senza convinzione. Sono convinti che il bambino sia scappato per cercare il padre, emigrato in Irlanda. Sembra una storia da libro «Cuore». Lo trovano con la testa fracassata in un boschetto a venti chilometri dal paese. • Indirizzati dalle prime ammissioni del suo amico Erik, un peruviano di 18 anni, e dalle contraddizioni degli altri, gli investigatori imboccano la pista del «branco». • Sabato 28 novembre, vengono arrestati lo zingaro Denis Bogdan e il minorenne Claudio T. Viene ricercato un altro minorenne e nell'ombra c'è un quarto uomo. Alla base degli arresti c'è il racconto di Erik. Qualche giorno dopo precisa: il «quarto uomo» è Fardi Bogdan, subito arrestato. Il «branco» avrebbe colpito Mauro per vendicarsi, ma c'è anche uno sfondo sessuale non chiaro. • Tre mesi dopo, 17 febbraio 1999, Erik ha cambiato troppe versioni. I magistrati non gli credono più. AFie A fianco: Mauro Iavarone. In basso: Fardi Bogdan, scarcerato ieri dal giudice PRECEDENTI VIA POMA Sospettati e prosciolti Nell'agosto del '90 l'impiegata Simonetta Cesaroni viene uccisa. Si indaga Pietrino Vanacore, portiere dello stabile, poi la sua posizione viene archiviata. Un'altra pista porta a Federico Valle, parente di un anziano inquilino del palazzo. Dopo lunghe indagini il pm chiede il rinvio a giudizio, ma il gip nega. Il caso è tuttora insoluto. TORTONA Le minacce del pm Nel dicembre '96 muore Maria Letizia Berdini, uccisa da un sasso gettato da un cavalcavia. Dopo una raffica di arresti, il procuratore Aldo Cuva annuncia: «L'inchiesta è chiusa». Ma la supertestimone ritratta, dicendo di essere stata minacciata dal magistrato. Dopo essere stato processato Cuva ha lasciato inchiesta e magistratura. MARTA RUSSO Un processo in salita Il 9 maggio '97 viene uccisa Marta Russo in un vialetto dell'università La Sapienza. Vengono arrestati due assistenti, Scattone e Ferraro, che sarebbero stati presenti nell'aula da cui partì il colpo mortale. Ma una perizia presentata al processo spiega: non c'è certezza che il colpo sia stato sparato da quella finestra. E' invece possibile che sia stato esploso dal pianterreno. I periti quindi escludono la stanza su cui si erano concentrate le indagini. 'AIO DEI

Luoghi citati: Catania, Irlanda