Torna la guerra dei jeans di Maria Grazia Bruzzone
Torna la guerra dei jeans Nuova protesta delle deputate del Polo: vogliamo più donne giudici Torna la guerra dei jeans PROMA ORTANO i jeans da 15 giorni e non hanno alcuna intenzione di toglierseli finché nella terza sezione penale della Cassazione che giudica i reati di violenza sessuale non ci saranno più giudici donne, per creare quel «bilanciamento di sensibilità» indispensabile per emettere con equilibrio sentenze così delicate. Nel giorno in cui l'aula di Montecitorio vota la fecondazione assistita per le coppie di fatto, le protagoniste sono di nuovo loro, le «donne in jeans» del Polo, le post-femministe del centro destra che sfidano i propri partiti in nome del diritto a non appiattirsi su linee e idee «date per scontate». Insofferenti alla «gabbia» della politica. Battagliere più che mai. In testa la nipote del Duce Alessandra Mussolini. Ma anche la giovanissima Stefania Prestigiacomo, non è più la «fatina» di Forza Italia del suo esordio. Con Sandra Fei e Cristina Matranga sono tornate alla ribalta inguauiate nei pantaloni-simbolo che indossarono per protestare contro la sentenza dello scandalo per annunciare la «fase due» della loro lotta, galvanizzate dall'improvvisa visibilità e dalla valanga di messaggi di solidarietà. «Abbiamo chiesto di incontrare il giudice Rizzo, autore della sentenza, e il presidente di sezione Tridico, ma hanno rifiutato il dialogo. Così abbiamo scritto al presidente della Corte Galli Fonseca perché valuti con urgenza l'assegnazione di più donne», spiegano nella conferenza stampa che precede il voto. Cartellino «15° giorno» ben appuntato sulla giacca. E hanno preparato una mozione per impegnare il governo a combattare più efficacemente gli stupri. Rivalutando il tetto massimo dei fondi per il patrocinio gratuito alle donne che denunciano, istituendo finalmente l'Osservatorio sui reati di violenza sessuale, promuovendo una campagna di informazione. «Mi auguro che su questa mozione che punta a riportare in aula il dibattito sulla violenza sessuale si possa trovare l'unità fra tutte le donne del Parlamento», dice Prestigiacomo. Da Torino arriva la solidarietà del Telefono Rosa, che rivendica la presenza paritetica delle donne in tutte le istituzioni, giudiziarie o meno. Ma allo «sciopero della gonna» continuano a non aderire le colleghe del centrosinistra, convinte che «la violenza contro le donne sparirà solo quando si diffonderà nel Paese una nuova cultura, un'altra idea del rapporto uomo-donna», si legge in una nota firmata fra le altre da Anna Finocchiaro e Alberta De Simone. La ds Gloria Buffo sdrammatizza. «Comune è lo scandalo sulla sentenza, comune l'esigenza di equilibrare la Cassazione. Semplicemente non abbiamo bisogno di sentirci tutte unite da uno stesso oggetto-simbolo», sostiene. Poi maliziosa, riferendosi al voto sulla fecondazione, aggiunge: «Apprezzo il gesto, ma le donne del Polo sarebbero più autorevoli se riuscissero a spostare le posizioni nel loro partito». Maria Grazia Bruzzone
Luoghi citati: Torino
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