«Portate i bambini, sfileremo in pace» di Giovanni Bianconi

«Portate i bambini, sfileremo in pace» «Portate i bambini, sfileremo in pace» JjWromessaAegli autonomi per il corteo di oggi a Roma UN GIORNO DI PAURA e» VROMA ENITE tutti, e portate i bambini». Ma come, i bambini nella città blindata? «Sì, perché non succederà niente, a meno di schegge impazzite e provocazioni che saranno subito bloccate ed emarginate. Sarà una grande manifestazione pacifica e di massa, forte ma tranquilla». Così dicono al Centro Sociale Occupato Autogestito del Forte Prenestino, una delle roccaforti dell'«antagonismo» romano, periferia est della città. E la violenza di sabato, gli scudi modello polizia, le spranghe e le bombe carta contro la sede delle linee aeree turche? «Quella è un'altra storia. Se vuoi ne parliamo, ma sia chiaro che il problema non è una saracinesca sfondata; il problema è lo sterminio in atto contro il popolo curdo». Una storia che può essere utile ascoltare, nel giorno in cui la Digos ha sollecitato l'arresto di una decina di persone per il corteo di sabato e alla vigilia della manifestazione di oggi «per la libertà del popolo curdo e l'asilo politico ad Abdullah Ocalan». La destra ha chiesto di vietarla e la perquisizione a tappeto di centri sociali e sedi dell'Autonomia, il Viminale ha risposto decidendo uno spiegamento di forze eccezionale per evitare altri incidenti. «L'unica condizione è che non fai nomi, nemmeno quelli di battesimo». Perché, qualcuno di voi ha partecipato all'assalto di sabato? Risponde il compagno numero uno: «Questo non è importante, noi comunque rivendichiamo il significato politico di quell'azione. Andava fatta perché nella vita c'è un tempo per tutto le cose, e quello era il tempo della rabbia. Noi l'abbiamo espressa con un'azione decisa, forte, mirata, contro le cose e non cóntro le persone. Dopo le immagini di Apo in mano ai turchi, che hanno fatto inorridire anche il più timido "democratico", bisognava ribellaci a un livello di barbarie ormai inaccettabile». La parola passa al compagno numero due: «La nostra rabbia è sfociata contro oggetti e immobili rappresentativi della Turchia, uno Stato ormai fuorilegge agli occhi di chiunque, ma l'obiettivo non era solo quello. Siamo contro l'ipocrisia dei "democratici" italiani, governo compreso, che si riempiono la bocca di parole ma poi non muovono un dito per bloccare la vendita delle armi al regime turco. Gli ehcotteri che andranno a bombardare i villaggi curdi sono di fabbricazione italiana, venduti da ditte itabane con il benestare del signor D'Alema e del signor Dini. E allora de che starno a parla?». Le stanze e i cortili del Centro, dove non c'è un centimetro quadrato di muro libero da graffiti e slogan dipinti con molta cura, ribollono di attività. Con un sottofondo di musica reggae c'è chi lavora al nuovo pub in costruzione e chi gioca a calcio balilla, chi prepara la proiezione del film in programma per la serata {Sliding doors, con la diva del momento Gwyneth Paltrow) e chi raccoglie bottigbe vuote. A proposito, a leggere certi resoconti pare che sabato - oltre a sassi, bastoni e scudi siano ricomparse le famigerate molotov. «Bugie - accusa il compagno numero uno - Non c'erano molotov e non c'erano pistole, a parte queUe delle guardie». E la sede della compagnia turca come ha fatto a incendiarsi? «Ma quella era una bombetta carta, come i trictrac di Capodanno! E' stata un'azione determinata e organizzata quanto ti pare, ma dimostrativa. E nonostante le mistificazioni di giornali e televisioni la gente l'ha capito. Domani invece (oggi, ndr) non accadrà nulla, anche per rispetto alle migliaia di curdi che scenderanno in piazza». Il compagno numero due c'era pure nel '77, quando pistole e molotov nei cortei comparivano eccome, e adesso dice: «Ogni paragone con i Settanta e gli anni di piombo è ridicolo e assurdo. Allora c'era lo scontro diretto con il potere, sembrava il momento dell'assalto finale; oggi tutto questo non esiste, i conflitti sono molto più frammentati, come vedi si parla di diritti umani, di sfruttamento del primo mondo sul terzo, di manipolazione genetica. Certo, siamo ancora disoccupati e antagonisti, oggi come allora, ma riproporre gli schemi di vent'anni fa è impensabile, non ci sono le condizioni». Le condizioni ci sono, invece, per sfilare a favore dei curdi e per la libertà di «Apo», il presidente Abdullah Ocalan. Ancora il compagno numero uno: «Volevamo andare sotto il Palazzo di Giustizia, perché oggi comincia la causa per l'asso politico, ma ce l'hanno impedì». Non fa niente. Andremo da piazza Vittorio a piazza Celimontana, ribattezzata piazza Kurdistan, e lì sarà festa per tutto il giorno. Una festa e una protesta, per chiedere, oltre al blocco del traffico d'armi, l'intervento dell'Orni in Kurdistan e l'avvio di una conferenza internazionale di pace. Perché Apo non rappresenta solo il Pkk ma venti milioni di curdi costretti a subire la repressione del regime turco». Dalla redazione di Radio Onda Rossa - emittente nata giusto vent'anni fa, una delle voci dell'Autonomia romana -, parla la compagna numero tre: «Tutto questo allarmismo alimentato dalla destra e dalle forze dell'ordine è strumentale e pericoloso. Abbiamo detto e ripetuto che quella di mercoledì sarà una manifestazione tranquilla». Se previsioni e proclami di pace saranno rispettati lo si saprà stasera. Giovanni Bianconi L'assalto di sabato alla Turkish Airlines? «Andava fatto perché nella vita c'è un tempo per tutto, e quello era il tempo della rabbia»

Persone citate: Abdullah Ocalan, D'alema, Dini, Gwyneth Paltrow, Onda Rossa

Luoghi citati: Kurdistan, Roma, Turchia