Il primo trapiantato «Aiuto, perdo la mano» di Franco Pantarelli

Il primo trapiantato «Aiuto, perdo la mano» Intervista alla rete tv Cbs, che l'ha rintracciato Il primo trapiantato «Aiuto, perdo la mano» NEW YORK NOSTRO SERVIZIO A settembre, quando un team di chirurghi francesi gli trapiantò la mano destra prelevata da un cadavere, Clint Hallam era raggiante: perché gli era stata restituita l'estremità perduta e perché quell'intervento chirurgico aveva «fatto storia». Ora, a cinque mesi di distanza, Hallam sembra demoralizzato. Rintracciato dalla rete televisiva Cbs (era scomparso dalla circolazione dopo che si era saputo che il suo Paese, la Nuova Zelanda, aveva spiccato nei suoi confronti un mandato di cattura per truffa) è apparso molto meno eccitato di un tempo e perfino in preda alla paura di perdere di nuovo l'uso della sua mano. «Ho perso probabilmente il 40 per cento del movimento che avevo in Francia», ha detto nell'intervista con il network americano, che l'ha mandata in onda ieri sera. Il trapianto della mano è estremamente delicato. Per funzionare, il paziente deve sottoporsi a un lungo periodo di terapia fisica e di sonnninistrazione di farmaci anti-rigetto sotto stretto controllo medico. Se nonostante ciò non si raggiunge la completa «assimilazione», c'è il rischio che la mano trapiantata debba essere amputata. Lo sta correndo, Hallam, queste rischio? Secondo Marco Lanzetta - il chirurgo itahano che ha fatto parte del team francese autore del trapianto e che è stato intervistato all'ospedale San Gerardo di Monza dove lavora non c'è ragione di preoccuparsi. «Le sue parole - dice - vanno interpretate alla luce del fatto che dopo qualche mese l'opera di recupero si rallenta. Ma il processo sta andando avanti, la sensi- bilità della mano è arrivata all'80 per cento e anche il pericolo del rigetto, pure sempre presente, sembra decisamente sotto controllo». Semmai il problema è che Hallam ha interrotto la fisioterapia e a questo proposito il dottor Lanzetta lo esorta a «riprenderla a ritmi più intensi». Insomma le scoraggiate risposte date da Clint Hallam alla Cbs sembrano dovute più a un suo momento psicologicamente difficile che a un vero problema medico, tanto che il dottor Lanzetta prevede per questa nuova frontiera della chirurgia un grande futuro. Le richieste di informazioni sull'operazione piovono da tutte le parti e già ora Clint Hallam non è più l'unico a vivere con una mano trapiantata. Il 25 gennaio, a Lomsville nel Kentucky, la stessa operazione è stata compiuta su Matthew Scott, un insegnante di 37 anni. Quando le bende gli sono state tolte una settimana dopo - ha raccontato Scott - il suo primo pensiero è stato: «Accidenti, 13 anni sono stati cancellati». RisaUva infatti a 13 anni prima il momento in cui - in seguito all'esplosione di un petardo - gli era stata amputata la mano sinistra. L'orrore di risvegliarsi e trovarsi monco non lo aveva mai abbandonato. Ma ora «guardavo queUa mano nuova, pensavo a quanto la buona sorte mi aveva favorito e ridevo, ridevo, ridevo...». Clint HaUam, a quanto pare, sta invece sperimentando il momento della depressione,, quando il tempo passato daU'operazione è troppo per ricordare in pieno la gioia deUa mano recuperata ma troppo poco per poterla ancora usare a tutti gU effetti, e quando i progressi si fanno tanto lenti da risultare quasi impercettibili. A questo, probabilmente, i medici non avevano pensato. Franco Pantarelli L'uomo, inseguito da un mandato di cattura per truffa è scomparso e ha sospeso le cure antirigetto «Ormai mi manca il 40% del movimento» Clint Hallam, il primo uomo cui è stata trapiantata una mano

Luoghi citati: Francia, Kentucky, Monza, New York, Nuova Zelanda