INFIBULAZIONE, UNA BARBARIE ANCHE ITALIANA
INFIBULAZIONE, UNA BARBARIE ANCHE ITALIANA INFIBULAZIONE, UNA BARBARIE ANCHE ITALIANA Martedì 23 febbraio, dalle 9,30 alle 14, al Circolo della Stampa in corso Stati Uniti 27, si terrà il convegno dal titolo «Figlie d'Africa mutilate, anche in Italia», promosso dalla Commissione Pari Opportunità della Stampa Subalpina, dall'Unione Cattolica Stampa Italiana e dalla Rete Europea Giornaliste Italiane. TU sei una bambina. Tu giochi felice da qualche parte in Africa, in un villaggio nella savana, in campagna o in una città. Tu hai paura, quando la tua mamma e le tue zie, con le nonne e le prozie, parlano tra di loro, e ti guardano. Tu hai paura, ogni volta che una donna grande della tua famiglia ti prende per mano e ti dice «Andiamo». Tu sai che prima o poi ti aspetta quella signora che, tutti lo sanno, taglia la carne delle bambine. Si calcola che tra cento e centotrenta milioni di donne attualmente viventi abbiano subito una forma di mutilazione genitale, e che due milioni di bambine tra i quattro e i dodici anni si aggiungano alla lista ogni nuovo anno. Vivono quasi tutte in Africa: ma ora il fenomeno è arrivato anche in Europa, anche in Italia, seguendo i flussi migratori. E ponendo seri problemi giuridici e morali all'Occidente, diviso fra il rispetto delle identità culturali - delle «diversità» - dei «riuovi cittadini», e la tutela dei diritti fondamentali dell'individuo. In Francia, la questione è già arrivata all'esame dei tribunau. La tradizione di molte tribù prescrive che le donne non debbano provare piacere nel sesso, in base a un complicato concetto di purezza, e quindi, nella migliore delle ipotesi, viene loro asportato il clitoride, nella peggiore, vengono tagliate anche le piccole labbra della vagina, e le grandi labbra sono cucite insieme, lasciando solo uno spesso inefficiente pertugio artificiale per le urine e il sangue mestruale. Il tutto senza anestesia, né disinfezione, a lama fredda. Soltanto dopo il matrimonio il marito potrà aprire lo scrigno custodito dalla novella sposa, per ricavarne il dubbio piacere di accoppiarsi con una femmina il cui interesse alla cosa è meno di niente, anzi le fa piuttosto male. Per non parlare del parto. Questa cosa si chiama infibulazione, e un frequente errore occidentale è di considerarla un'usanza islamica. Non è vero. Gli arabi, inventori dell'Islam, non la praticano. E' diffusa in Africa, certo tra popoli islamizzati, ma anche cristianizzati o animisti. E' che gli insistenti concetti di purezza e di purificazione presenti nell'Islam devono avere cortocircuitato con i concetti tradizionali dell'Africa nera, dove il clima rende le donne calde ma dove la famiglia patriarcale impone la certezza di paternità, quindi la donna pura non deve pensare a godere, né ovviamente farlo, quindi è meglio tagliare il problema direttamente alla radice. La pratica è difficile da sradicare perché sono le donne stesse che la perpetuano: «Se io l'ho subita, e mia madre pure, anche le mie figlie devono subire». Questo sul piano psicologico vendicativo. Ma quel concetto di purezza e la tradizione pesano, tanto che molte si fanno infibulare da adulte se mamma le ha risparmiate. Certo, bisogna cambiare la testa delle donne, ma anche gli uomini: per la miseria, quale piacere posso trarre, io maschio, da una moglie che chiaramente schifa il mio contatto? Paolo dalla Zotica un vilgna o in la tua le proano. Tu a granr e a e orie e li eei eno a e i, male. Per Questa un frequenderarla unGli arabi, ticano. E' islamanimLperpermavoncolcetsanbulspaCdelpertra
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