WINTERREISE, MALINCONICO SCHUBERT di 1. O.

WINTERREISE, MALINCONICO SCHUBERT WINTERREISE, MALINCONICO SCHUBERT / tormenti di un innamorato deluso nel concerto dell'Ensemble Coro di Torino UNO dei momenti più alti della produzione liederistica è costituito senza dubbio dai due cicli schubertiani «Die schòne Mùllerin» e «Die Winterreise», basati sui testi di Wilhelm Mùller. L'ultimo, costituito da 24 poesie in sequenza, verrà proposto martedì 23, con inizio alle 21,15, nell'Oratorio di San Filippo in via Maria Vittoria 5, a ingresso libero. Il concerto rientra nel cartellone proposto dall'Ensemble Coro di Torino e avrà come interpreti il baritono Felice Marenco e il pianista Alberto Fassone. Marenco vanta anche studi specifici sulla filosofia della musica, mentre Fassone svolge ricerca musicologica con una particolare predilezione verso il teatro musicale del '900 (Strauss, Orff) e la sinfonia tardo-romantica (Bruckner). Il ciclo «Winterreise» fu composto tra il febbraio e l'ottobre del 1827, l'anno della morte del poeta trentatreenne, e a pochi mesi dalla scomparsa del musicista stesso. Esso racchiude i pensieri di un innamorato deluso, che fugge di notte e si trova a vagare per le campagne desolate nel crudo inverno. Tra le fonti d'ispirazione più vicine a questi versi di Mùller ci sono i «Wanderlieder» (Canti del viandante) di Ludwig Uhland, come ha ben documentato Carlo Lo Presti nel suo prezioso libro «Franz Schubert: il viandante e gli Inferi». Il vagabondare, il confondere i propri sentimenti con il paesaggio, il ricercare (spesso invano) la pace dell'anima nella natura sono elementi romantici per eccellenza. La scelta stessa del testo, aveva già annotato Johann Mayrhofer, amico di Schubert, «testimonia quanto il compositore si fosse immalinconito: era stato ammalato e aveva subito delusioni: la vita per lui non aveva più il colore rosa della speranza, ed era anche inverno». Tutto congiura a rendere an¬ cor più penoso il «viaggio» del giovane abbandonato dall'amata: il gelo («Voglio perforare con lacrime calde la crosta di ghiaccio e di neve»), il fiume («Chiaro vigoroso fiume che scorrevi allegramente, come taci ora, senza nemmeno un addio»), la cornacchia («Era uscita con me dalla città, finora non ha smesso di svolazzarmi attorno»). Anche il passaggio in un paese suona ostile («I cani abbaiano, i catenacci stridono») e persino un fuoco fatuo è foriero di tragici pensieri: «Ogni corso d'acqua finirà nel mare e ogni dolore finirà nella tomba». [1. o.]

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