IL BEVITORE E' SEMPRE SANTO
IL BEVITORE E' SEMPRE SANTO IL BEVITORE E' SEMPRE SANTO «Stigmate», romanzo a filmetti ECONDO l'owiamente autorevole Le Monde, è un «chef-d'oeuvre», un capolavoro, un'opera in bilico fra sogno e incubo. Ancora una volta la scuola italiana è profeta in Francia. A sollecitare l'applauso è un romanzo a fumetti, Stigmate, parole di Claudio Piersanti, premio Viareggio con Luisa e il silenzio (Feltrinelli), immagini di Lorenzo Mattotti (un classico il suo Pinocchio, di un legno pregiatissimo). Stigmate è la parabola crudele di un gigante nella nostra stagione metropolitana, desertica, così scardinate, arrugginite, tarlate sono le tradizioni, le lingue, le liane che consentivano di raggiungere questo o quel rifugio, questa o quella idea di salvezza. Di tavola in tavola, a dipanarsi è la conversione di «un ubriacone, un poco di buono, senza una vera educazione». E subito il cone, un poco di buono, senza upensiero corre al Santo bevito- re di Joseph Roth, alla fiaba cristologica che è. Entrambi i clochard toccati dalla grazia. Per Andreas sono i duecento franchi che lo condurranno nella sagrestia di Santa Maria di Batignolles, per l'omone di Piersanti e Mattotti sono le «stigmate», improvviso, misterico segno. Un'eccezione (?) al rodato canovaccio, «secondo cui - non sfugge allo scrittore il miracolo, l'evento soprannaturale avrebbe come destinatario di rigore, unico, il professionista della fede, il frate di Pietralcina per esempio». E' un'opera involontariamente religiosa, Stigmate. «Naturalmente» spirituale. Un viaggio cosparso di rade, all'apparenza "dimesse parole, tante stazioni ."versò là Paròla balsàmica, 'nel suono, nell'aura. P. (l'omone) guarisce leggendo un libro di preghiere donatogli da una suora: «Non bevevo più. Leggevo ogni notte fino a tardi. E lentamente guarivo. Mi sentivo rinascere. Percepivo di nuovo il cambiamento delle stagioni, il canto degli uccelli». Ascendere recitando, recitando suturare le piaghe: «Coloro che volgeranno lo sguardo verso lui saranno illuminati», «La luce si è alzata nelle tenebre per coloro che hanno cuore retto», «Nel tuo sdegno non punirmi, nel tuo furore non mi castigare». «Un sollievo che il non credente come me prova leggendo i mistici», spiega Piersanti. I vocaboli, di una concretezza serafica. E il tratto di Lorenzo Mattotti: «Questa storia - avverte - è disegnata a unghiate, rovi aguzzi e scarabocchi, perché la vita di P. non è stata che una foresta di filo spinato arida e confusa». Figure ellittiche, ottovolanti che ospitano anime perse e salve, montagne russe ora scagliate verso i bassifondi, ora protese verso la possibile pace, verso la sconosciuta estasi. Un girotondo in bianco e nero, una selva oscura intensa e asfittica come le ragnatele, via via interrotta da un bagliore, da un bozzolo di verità, di carità, di stupore: «Perdo sangue da anni ma mi sento sempre bene, non è strano? Non sono un santo... Lo sapete perché dicono che io faccio del bene? E' perché sentono che si può rinascere come sono rinato io, perché niente in realtà va perduto». Stigmate è un notturno infine stellato. Nocturne come la serie di serigrafie (di Mattotti) che fecero incontrare, a Parigi, l'artista e Piersanti. Due visionari avvolti da ombre e nebbie; due acròbati all'inferno, «nel èaòs brulicante di cupidigie e di disperazioni - è uno spleen baudeleriano, parigino -,. nel delirio ufficiale di una grande città, fatto apposta per sconvolgere il cervello al solitario più forte». E invece l'impavida coppia avanza non smarrendo il senno, giungendo a proclamare che «non c'è niente di più santo del sangue», ovvero della ferita che «rivela», della sofferenza che, conducendo a comprendere, non è vana: «Noi soffriamo e speriamo di guarire... Ma non è dal male fisico che dobbiamo guarire, ma dalla durezza di cuore, dall'incredulità». Stigmate e un monito antico e mai stanco, una goccia di Graal versata nelle grondaie ammaccate, nelle strade arse, nella giungla d'asfalto, una scommessa che, di sottrazione in sottrazione, traghetta verso l'estremo quadro, candido, bianco, intonso. Perché - come sapeva qualcuno - «non è ancora morte lo spazio bianco che segue». Bruno Quaranta Una fiaba crudele di Piersanti, illustrala da Mattotti: così si converte un «poco di buono, un ubriacone, senza vera educazione» Una tavola di «Stigmate», realizzata da Lorenzo Mattotti, fra i nostri maggiori artisti (qui accanto) STIGMATE Lorenzo Mattotti Claudio Piersanti Einaudi Stile Libero pp. 200 L 16.000 A giorni in libreria
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