Ocalan, ministri contro di Maria Grazia Bruzzone

Ocalan, ministri contro Ocalan, ministri contro Lite Dini-Mattarella sul comunicato ROMA. Tutto era filato liscio, nel consiglio dei ministri di ieri, presieduto da Massimo D'Alema. Nessuna discussione di rilievo, finché non si è cominciato a esaminare il caso Ocalan. Dopo il dibattito parlamentare dei giorni scorsi, seguito alle ultime vicende del leader del Pkk ormai agli arresti in Turchia, il Consiglio doveva elaborare la posizione comune del governo nei confronti di Ankara che si accinge a processare Ocalan e forse anche a condannarlo a morte. A questo punto il ministro degli Esteri Lamberto Dini ha tirato fuori la bozza di documento preparata dal suo gabinetto e l'ha letta. Ma la formulazione non era evidentemente abbastanza netta, se perfino un uomo misurato e prudente come Sergio Mattarella ha avuto da obiettare. «Neanche Bava Beccaris», avrebbe addirittura sibilato - secondo alcune ricostruzioni - il numero due del governo, alludendo al generale che cannoneggiò i manifestanti. Vero o falso, di sicuro Mattarella ha chiesto ima linea meno «filo turca» o, per dirla con le parole usate dal vicepresidente del Consiglio, «più incisiva». E ben più tagliente è, alla fine, il documento allegato che esce dal consesso dei ministri, che bilancia il rispetto della sovranità e integrità della Turchia - paese amico che chiede di far parte dell'Ue - con il rispetto dei diritti umani. Il governo italiano rivolge mi «pressante appello» alle autorità di Ankara affinchè il processo anunciato si svolga «con tutte le garanzie e secondo regole e principi di uno Stato di diritto», ri¬ spettando gli «standard» in materia di diritti fondamentali e di rispetto per la persona del detenuto sanciti dalle Nazioni Unite e dalle convenzioni del Consiglio d'Europa. E chiede che «venga esclusa categoricamente» la comminazione della pena di morte, e che venga permessa la presenza al processo di osservatori internazionali, oltre che l'acceso dei legali di fiducia (proprio ieri in Turchia sei avvocati curdi che avevano offerto a Ocalan di occuparsi della sua difesa sono stati arrestati). Per inciso, anche in risposta alle critiche venute dall'opposizione di destra e di smistra, si ricorda poi che il governo italiano aveva esplorato tutte le possibilità offerte dall'ordinamento internazionale per un giudizio in un paese diverso dalla Turchia e di aver escluso l'extradizione in quel paese proprio perchè prevede la pena capitale. Ma la parte più dura è quella in cui il governo - dopo aver invitato l'Ue «e in particolare la Germania», a richiamare la Turchia a osservare quelle regole e principi di diritto affermati e sempre sostenuti dall'Unione, in mi certo modo avvisa Ankara: facendo notare come «i prossimi giorni costituiranno un'importante occasione perchè la Turchia dimostri di voler appolicare nonne di diritto m grado di giustificarne m prospettiva l'adesione - da noi sempre auspicata, si precisa - all'Unione Europea». Queste nonne mcludono anche «la salvaguardia dell'identità etnica e culturale delle popolazioni curde», si precisa ancora, aggiungendo l'Ue a farle rispettare «anche con iniziative specifiche». Tutto questo fermo restando la condanna del terrorismo come metodo di lotta politica. E il «caso Ocalan» si sposta nei prossùni giorni al centro d'Europa. La vicenda di Apo, col Kossovo e con la spinosa questione della riforma interna Ue di «Agenda 2000», sarà infatti uno dei temi di discussione della riunione dei ministri degli Esteri dei quindici domenica a Braxelles. Temi resi anche più caldi dalle manifestazioni di agricoltori annunciate per lunedì nella capitale belga e dalle dimostrazioni curde che continuano in Europa e in Italia (ieri a Roma e a Torino, con scritte sulle vetrine) in attesa del grande raduno della prossima settùnana. Maria Grazia Bruzzone I curdi mobilitati in tutta Europa convergeranno mercoledì su Roma per un imponente corteo Abdullah Ocalan legato a bordo dell'aereo che lo ha portato in Turchia. A destra, militanti curdi occupano la sede deU'Unesco a Parigi per protestare contro la cattura di «Apo»