E il Professore trova un Settebello di Fabio Martini
E il Professore trova un Settebello Le Ferrovie lo hanno informato: potrà affittare il glorioso treno-simbolo degli Anni 60 E il Professore trova un Settebello i L grido di dolore del Professore sembrava inconsolabile: «Ah, se potessi girare l'Italia con il "Settebello"! Peccato non ci sia più...». Curioso: il professor Prodi, gran cultore di storia materiale, non sa che il glorioso «Settebello» sferraglia ancora lungo lo Stivale. Certo, è diventato un treno a cachet, ma basta chiedere. E le Ferrovie, con la dovuta discrezione, si sono affrettate ad informare Prodi: «Se il Professore vuole, sarebbe disponibile anche il "Settebello"...». Proprio così: le Ferrovie coltivano un loro speciale listino. Dedicato agli amanti occasionali delle rotaie, ma anche a quelli più romantici e stravaganti. Chiunque sia preso dall'uzzolo di fittarsi un treno, può farlo. Per un giorno. Per una settimana. Per un anno. E può scegliere tra diversi modelli, prezzi, percorsi. Per dire: prendersi un treno per 5 settimane (il tempo necessario a Prodi) costa, lira più lira meno, 300 milioni. Il Prof cosa preferirà? La velocità filante del Pendolino o il fascino del «Settebello»? Le stazioncine con le tettoie liberty o i mega-snodi frequentati dalle masse? Per un personaggio come Prodi, c'è da scommetterlo, sarà difficile resistere al glamour di un treno-simbolo come il «Settebello» che negli Anni Sessanta fa¬ ceva viaggiare a 170 chilometri orari gli italiani già compiaciuti dalla velocità della «Seicento». Il problema, semmai, è un altro: Romano Prodi ha avuto l'idea del treno, ma non sa ancora quando farlo partire. Dalle Ferrovie confermano: dalla «stazione» di Bologna non abbiamo avuto ancora prenotazioni. Ancora troppo intricata la sciarada delle date, con fior di politici impegnati nei tatticisimi più bizantini pur di collocare il referendum nella data più scomoda per il nemico. Ma il «tana libera tutti» è vicino: dopodomani il Consiglio dei ministri fisserà il d-day e a quel punto il Professore potrà abbassare la paletta e fare la prima prenotazione. I «bolognesi» fanno sapere che il treno dovrebbe partire a metà aprile, che gli elettori potranno salire a bordo e che si farà sosta nelle piccole e nelle grandi stazioni. Ma gli amici di Prodi restano sul generico, anche perché stavolta non sarà semplice come l'altra, quando al Professore bastava salire sul pullman, fare ciao ciao dal finestrino e partire. Stavolta ci sono altre «prime donne» che vorranno salire sul vagone, personaggi come Di Pietro, Rutelli, Cacciari, Orlando, gente che vorrà dire la sua su tutto. Suorari, viaggiatori, stazioni. Piccoli problemi davanti all'inconfes¬ sabile enigma: ma funzionerà davvero il treno? Non era meglio restare sul pullman? Nella nuova scelta di Prodi c'è, una volta ancora, il richiamo all'Italia delle cose semplici: dopo l'ulivo, il treno. Certo, una scelta in controtendenza: in una memoria collettiva sempre più teledipendente, i politici in treno appartengono ai ricordi in bianco e nero. Il Fùhrer e il Duce che scendevano dalle loro carrozze letto. Il treno di Gandhi. Il vagone piombato di Lenin e quello di Togliatti. Ma col passare degli anni le evocazioni politico-ferroviarie sono diventate più prosaiche: dalle mazzette per l'alta velocità, alla definizione dell'onorevole Dell'Unto che chiuse la pur onorevole storia della corrente lombardiana del Psi con il famoso epitaffio della «sinistra ferroviaria». Ma per capire se il Professor Prodi e il suo amico Di Pietro ci hanno «azzeccato» con il treno, bisognerà aspettare il 13 giugno. Una data attesa con un filo d'ansia anche dai dirigenti delle Ferrovie: chissà che il messaggio subliminale contenuto nella scelta di Prodi alla fin fine non si trasformi in un poderoso spot. A favore del treno. Fabio Martini
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