Il console sequestrato a Milano di Susanna Marzolla

Il console sequestrato a Milano Il console sequestrato a Milano Per quattro ore nella rappresentanza greca MELANO. Quattro ore di occupazione del consolato greco, dove sono stati tenuti bloccati il console, signora Pristi, e cinque impiegati; una manifestazione per le vie del centro. Ma nessun incidente, nessun gesto estremo: la protesta dei curdi a Milano è stata assai meno drammatica che in altre città europee. Grazie anche al comportamento delle forze di polizia che hanno cercato di evitare incidenti, permettendo a due rappresentanti di Rifondazione comunista di condurre in prima persona la trattativa che ha permesso di sbloccare la situazione. Tutto è cominciato all'una del pomeriggio, in via Turati, in pieno centro Qui, al quinto piano del numero 6, ha sede il consolato greco. C'era una pattuglia di guardia, ieri, ma non è bastata a impedire l'ingresso di 32 curdi che hanno «preso possesso» della sede diplomatica. In particolare delle finestre, da dove si sono affacciati in massa sventolando le bandiere rosse con il simbolo del Pkk, e gridando slogan: «Viva Ocalan», «Apo libero», «Assassini» (rivolto in contemporanea a turchi e greci), «Viva il Kurdistan». Dalla strada un piccolo gruppo di connazionali rispondeva rilanciando gli stessi slogan e applaudendo gli occupanti. Tempo pochi minuti e dalla questura, distante solo alcune centinaia di metri, arrivava il capo della Digos, Lucio Carniccio, seguito poi dal questore e da dirigenti dei carabinieri. L'allarme iniziale - sono una cinquantina e forse armati veniva ridimensionato. Sia nel numero dei curdi presenti dentro il consolato, sia, soprattutto, per le loro intenzioni: nessuno era armato, nessuno aveva intenzione di far violenza a persone o cose; tutti assicuravano di voler soltanto attuare una «protesta pacifica». Un unico momento di tensione, quando si è avvicinata un'autoscala dei vigili del fuoco. Uno dei curdi è salito sul davanzale della finestra, gridando nella sua lingua. «Dice che se non la mandate via si butta», hanno spiegato i curdi presenti in strada. E l'automezzo è stato fatto allontanare, mentre dal consolato un altro degli occupanti gridava (in italiano): «Tutto tranquillo; non portate vigni, non portate nessuno, andiamo tutti d'accordo». La situazione nel consolato resta bloccata, mentre per strada si infoltisce il numero dei manifestanti: arrivano alcuni giovani del Leoncavallo, che issano uno striscione («Terra e libertà per il popolo curdo»); arrivano con le loro bandiere rappresentanti dei Comunisti italiani e di Rifondazione comunista. Di quest'ultimo partito ci sono anche Umberto Gay, consigliere comunale, e Paolo Limonta, funzionario che si occupa di questioni internazionali. Si offrono come mediatori; offerta subito accolta. I curdi nel consolato sono diffidenti, non vogliono aprire a nessuno. Gay fa scivolare sotto la porta un biglietto con i simboli del partito; scoppia un applauso e i curdi ac¬ cettano subito il dialogo. Dopo un'ora si raggiunge il compromesso: gli occupanti lasciano il consolato; vengono identificati dalla polizia ma nessuno è fermato; un loro compagno, l'unico, bloccato e portato in questura al momento dell'irruzione, viene portato davanti alla porta. Spiega un funzionario: «Noi lo avevamo già rilasciato, ma loro non si fidavano; gli abbiamo dovuto far vedere che era libero». Anche se ha addosso i segni di una colluttazione, il compagno libero è la prova della buona fede e i curdi escono. Inneggiando ad Apo, mentre i ragazzi del Leoncavallo fanno scoppiare fuochi d'artificio. E' finita bene ma Kuma, il loro portavoce, fa capire che le manifestazioni per Ocalan sono solo all'inizio: «Siamo pronti a morire - dice -, la nostra è stata una protesta pacifica, ma se i vigili fossero davvero saliti con quell'autoscala eravamo davvero disposti a buttarci di sotto. Ocalan è il nostro capo, il nostro sole. E non è un terrorista: se lui è terrorista anche io lo sono, anche mio figlio lo è». «Libertà per il Kurdistan». Così gridando i curdi e un centinaio di italiani attraversano il centro cittadino fino alla sede delle linee aeree turche. La manifestazione si scioglie pacificamente; ne promettono un'altra per sabato. Intanto in procura si sta discutendo su come procedere. E' evidente che è stata scelta la linea morbida: si parla di una denuncia a piede libero per sequestro di persona o forse per un reato più beve. Molto dipenderà dal fatto se il consolato greco chiederà o meno che si proceda per quanto avvenuto sul suo territorio. Susanna Marzolla Un momento dell'occupazione della rappresentanza diplomatica greca a Milano: per quattro ore il console e 5 impiegati sono rimasti in ostaggio

Persone citate: Kuma, Leoncavallo, Lucio Carniccio, Ocalan, Paolo Limonta, Umberto Gay

Luoghi citati: Apo, Kurdistan, Milano